Chiesa Evangelica Riformata di Salerno

Questo documento fu concepito e approvato dal Parlamento inglese nel 1571, senza tener conto delle ben note riserve della regina a tale tipo di legislazione. Poco venne fatto dal Parlamento per aiutare i Puritani oppressi.

L'Atto in questione stabiliva che soltanto i vescovi dovevano stabilire chi fosse adatto alla predicazione, concedendo o revocando licenze in tal senso; coloro che erano ritenuti adatti avebbero poi dovuto sottoscrivere i 39 Articoli e una dichiarazione di rifiuto di tutti quegli elementi estranei alla religione anglicana e caratterizzanti in modo particolare il puritanesimo. Tali decisioni pur non essendo state sanzionate dall'autorità regale, vennero applicate dai vescovi con estremo rigore. Numerosi chierici puritani furono immediatamente privati della loro licenza di predicatori, poichè rifiutarono di sottoscrivere i canoni.

Nell'Atto vengono riconosciute valide le ordinazioni effettuate dai presbiteri, senza il concorso dei vescovi.

I 39 Articoli furono approvati nel 1563 e riveduti nel 1571 (anche se questo punto è controverso in quanto la revisione riguarderebbe solo il 20° articolo con il quale si concederebbe alla chiesa di Inghilterra di legiferare in merito a riti e cerimonie), divenendo la confessione di fede della chiesa anglicana. Erano stati ricavati dai 42 Articoli messi a punto da Cranmer (che erano calvinisti nella sostanza, e approvati nel 1553, poco prima della morte di Eduardo IV).

Furono intesi come una "via media" tra il cattolicesimo e l'anabattismo (non tra cattolicesimo e calvinismo), nettamente luterani in relazione alla predestinazione e agli adiafora, calvinisti per quanto concerne i sacramenti

L'Atto contro i Puritani del 1593, costituì il culmine delle misure adottate dalla regina Elisabetta al fine di reprimere il puritanesimo. La sua legislazione era cominciata con la pubblicazione il 15 gennaio 1559 del "Supremacy Act" con il quale dismetteva il titolo di Capo Supremo della Chiesa di Inghilterra (adottato dal padre Enrico VIII) e adottava quello di "Governatore Supremo"; aveva poi promulgato, il 27 aprile del 1559, l'Uniformity Act, con il quale veniva rimesso in vigore il Prayer Book del 1552 (a cui avevano lavorato Bucero e Vermigli), apportandovi qualche mutamento (abolendo in particolare la prescrizione di ricevere la cena in piedi anzichè in ginocchio e la litania "Dalla tirannide del vescovo di Roma e da tutte le sue atrocità, liberaci, o Signore").

Il Toleration Act, approvato dal Parlamento inglese il 24 maggio del 1689, può essere considerato l'abrogazione dell'Atto contro i Puritani. Con quest'Atto si riconosceva a tutti i dissidenti trinitari di praticari il proprio culto liberamente a condizione che lo facessero pubblicamente, in edifici registrati dal vescovo, dall'arcidiacono o dal giudice di pace. Untariani e cattolici erano esclusi dai benefici e solo agli anglicani era consentito l'accesso alle cariche pubbliche.

I lavori del Sinodo di Dordrecht ebbero inizio il 13 novembre del 1618 e terminarono il 9 maggio dell'anno seguente, dopo ben 145 sedute.

Ci si proponeva di condannare l'arminianesimo, che si riconosceva nel testo delle "Rimostranze Arminiane", e di destituire i ministri di culto che lo professavano.

I canoni non intendevano essere soltanto una norma teologica, e neppure una mera confessione di fede, quanto piuttosto una esplicita condanna dell'arminianesimo. Le opinioni dei teologi convenuti al sinodo divergevano su diversi punti importanti: Cristo era soltanto l'autore o soltanto l'esecutore del decreto di elezione? Il decreto di elezione e riprovazione divino era precedente alla caduta (sopralapsarismo), come sembrava essere stato sostenuto da Calvino, o era intervenuto soltanto in seguito alla caduta (infralapsarismo)? Va detto che ad opera dei delegati stranieri, specialmente inglesi, prevalse l'orientamento infralapsariano.

Quando Elisabetta I morì nel 1603, le succedette al trono Giacomo I, figlio di Maria Stuart (fatta decapitare da Elisabetta) e già re di Scozia con il nome di Giacomo IV. Durante il suo regno vi fu un deciso ritorno verso un governo della chiesa di tipo episcopale. Mentre nel periodo elisabettiano il governo della chiesa da parte dei vescovi era ritenuto tollerabile, sotto il regno di Giacomo I, molti iniziarono a sostenere che l'episcopato fosse l'unica forma di governo ecclesiastico legittima, perché ordinata da Dio, mettendosi in tal modo in rotta di collisione con le convinzioni della Chiesa Scozzese, che credeva in un governo ecclesiastico di tipo presbiteriano. Ma mentre durante il regno di Elisabetta I sia i vescovi sia i puritani avevano in comune una teologia di tipo calvinista, molti dei nuovi vescovi la rinnegavano in direzione di forme di semi-pelagianesimo o arminianesimo. I vescovi desideravano anche aumentare il numero dei riti e la fastosità della liturgia della chiesa, considerando la partecipazione regolare ai sacramenti come ”conditio sine qua non“ per conseguire la salvezza, ripercorrendo in tal modo la strada che era stata del cattolicesimo. Mentre nel XVI secolo i puritani avevano contestato l’anglicanesimo su questioni di governo ecclesiastico e di cerimonie, nel XVII secolo la divisione divenne di carattere teologico. Alla morte di Giacomo I, gli successe il figlio Carlo I nel 1625. Carlo era fortemente ad un governo della chiesa di tipo episcopale e promosse molti suoi esponenti a posizioni di responsabilità. William Laud, nominato arcivescovo di Canterbury nel 1633, cercò d'imporre l’episcopalismo con metodi coerciti, coloro che vi si opponevano erano puniti severamente. Ma nel 1637, Carlo I e Laud cercarono d'imporre a alla Scozia presbiteriana il Libro della preghiera comune (Prayer Book). Ciò provocò una reazione tale che si concluse con la guerra civile fra Carlo e il Parlamento scozzese ed inglese. La vittoria arrise al Parlamento, e Laud e Carlo I, furono giustiziati. I puritani a questo punto decisero di sopprimere l’esecrato governo episcopale. Gli scozzesi desideravano che la Chiesa d'Inghilterra avesse i medesimi usi della Chiesa di Scozia. A tale scopo, il Parlamento inglese convocò l'Assemblea di Westminster, che si radunò più di un migliaio di volte fra il 1643 e il 1649. I membri erano in maggioranza presbiteriani poiché molti dei non presbiteriani, non sentendo accolte le proprie richieste, abbandonarono l'Assemblea. L'obiettivo era quello di formulare un complesso di leggi che favorissero una comune istituzione religiosa di tipo presbiteriano. L'assemblea produsse una Guida per il culto pubblico di Dio (che rimpiazzò il Prayer Book), un Catechismo Breve e un Catechismo Ampliato e la Confessione di Westminster.

La Confessione di Westminster, rispetto ai XXXIX Articoli che aveva lo scopo di rimpiazzare, è un documento notevolmente più lungo, in cui il Calvinismo moderato degli Articoli lascia il posto a un Calvinismo più radicale. La Confessione riflette un orientamento di tipo scolastico-calvinista, ed è influenzata della ”Teologia dei Patti“ puritana e dagli Articoli Irlandesi del 1615 (che furono anche adottati per un breve periodo dalla chiesa episcopale di Irlanda). I punti più controversi della confessione sono quelli relativi alla doppia predestinazione, al patto delle opere stipulato con Adamo, alla dottrina puritana della certezza della salvezza (Questo insegnamento concorda con quello simile del Sinodo di Dordrecht. Sia per Lutero che per Calvino la fede salvifica comprendeva la certezza della salvezza, ma il calvinismo britannico del XVII secolo considerava la certezza personale come qualcosa di possibile per tutti i credenti, ma anche di distinto dalla fede salvifica. Tale posizione della Confessione condusse alcune chiese calviniste a ritenere che la certezza della salvezza fosse cosa diversa dalla salvezza). Tra i suoi estensori ricordiamo i congregazionalisti (o Indipendenti) John Owen e Thomas Goodwin, La Confessione di Westminster non fu adottata dalla Chiesa d'Inghilterra, ma fu largamente accettata dalle chiese riformate di lingua inglese. e con apportuni cambiamenti dai Congregazionalisti (Confessione di Savoy) e dalle chiese Battiste in Inghilterra e in America (Confessione di Londra). La Chiesa di Scozia l'adottò nel 1647. al posto della precedente Confessione di fede scozzese stilata da John Knox.

La Confessione Battista del 1689, conosciuta anche come Confessione di Londra o di Filadelfia (quest'ultima in realtà è una forma ampliata con due capitoli, sul canto dei salmi e l'imposizione delle mani sui credenti battezzati), è una forma modificata della Confessione di Fede di Westminster del 1647 e della Dichiarazione congregazionalista di Savoy del 1658.

E' la più diffusa delle confessioni battiste a base calvinista. Tale confessione nasce nel 1677 (ma venne definitivamente approvata solo dopo la promulgazione del Atto di Tolleranza del 24 maggio del 1689), sotto il regno di Carlo II, durante il quale gli episcopaliani poterono prendere il controllo della Chiesa d'Inghilterra.

Tra il 1661 e il 1665 il Parlamento approvò una serie di provvedimenti tesi a limitare la libertà di culto dei presbiteriani (Clarendon Code). L'Atto di Uniformità del 24 agosto 1662 fu il primo della serie, e fu seguito dall'abbandono delle loro parrocchie da parte di 1760 ministri di culto ricusanti. Un ulteriore provvedimento fu l'Atto contro le Conventicole, con il quale si proibiva il culto privato in presenza di più di 5 persone, ivi comprese i componenti della famiglia.

In realtà Carlo II desiderava una restaurazione del cattolicesimo, pertanto nel 1672 promulgò una Dichiarazione d'Indulgenza che sospendeva i provvedimenti penali contro i non conformisti (nelle sue intenzioni i cattolici), ma l'anno seguente il Parlamento comprese le intenzioni del re, lo annullò approvando il Test Act.

La persecuzione fece in modo che i Battisti Particolari (cioè quei battisti che a differenza dei Battisti Generali, seguivano le dottrine calviniste e credevano nell'espiazione particolare) di Londra e dintorni, sentissero il bisogno di esprimere in una confessione di fede, ciò che li accomunava ai presbiteriani e ai congregazionalisti. William Collins mise a punto tale confessione, rivedendo fondamentalmente la Confessione di Westminster.

Rispetto alla Confessione di Westminster vi è un'attenuazione della predestinazione dei reprobi, la chiesa è composta solo da coloro che professano fede in Cristo, si riconoscono solo due uffici quello del vescovo o anziano e quello del diacono, la predicazione non è responsabilità esclusiva del vescovo, si prendono le distanza da una chiesa nazionale di tipo territoriale come quella anglicana, le autorità civili non possono ingerirsi delle cose spirituali, i sacramenti possono essere ministrati da tutti i credenti, il battesimo in acqua per immersione e destinato ai soli adulti.

La Confessione di New Hampshire del 1833 è una forma "mitigata" della confessione del 1689.

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