Secondo Comandamento: "Non ti fare alcuna scultura nè immagine"

Il secondo comandamento pone dei limiti non alle immagini e alle sculture in quanto tali, ma all'utilizzo illegittimo delle medesime. La struttura del secondo comandamento è senz'altro interessante, essa va attentamente studiata per non cadere in fraintendimenti. I versi 4 e 5 sembrano apparentemente introdurre due proibizioni: 1) non farsi scultura e immagine alcuna, 2) non prostrarsi davanti ad esse. La Scrittura infatti non contiene nessuna contestazione dell'arte e dei suoi prodotti. L'Antico Testamento non connetteva l'esercizio delle attività artistiche alla sola sfera del sacro. Per il Tabernacolo (Tenda di Convegno) venne fatto un uso massiccio di oggetti artistici (Esodo 26:1,31 ect. tali arredi sono espressamente voluti da Dio). Nel tempio fatto costruire da Salomone, comparivano diverse sculture non espressamente ordinate da Dio, e che in seguito non furono mai oggetto di condanna, nè direttamente da parte di Dio, nè da parte di alcun profeta (pensiamo ai melograni di bronzo che circondavano i due capitelli a forma di giglio posti all'ingresso del tempio, alla conca di rame circondata da due fila di cetrioli di rame, e poggiante sopra dodici buoi sempre di rame, ai porta-bacinelle ricoperti di leoni , palme, buoi e cherubini di 1Re 7. Salomone utilizzò sculture per arredare il proprio palazzo reale (ad esempio, il trono d'avorio ricoperto d'oro e ornato da 14 sculture rappresentanti leoni). Da quanto sin qui detto risulta chiaro che l'attenzione di Dio con il secondo comandamento non è tanto posta alle sculture e alle immagini in quanto tali, ma ad un particolare tipo di rappresentazioni ed ad un relativo atteggiamento nei loro confronti. Riteniamo che la traduzione più appropriata di Es.20:4-5 possa essere la seguente: "Non ti fare scultura alcuna né immagine alcuna per poi prostrarti dinanzi a tali cose e servire loro" L'utilizzo di immagini per fini cultuali è il problema sul quale il comandamento concentra la propria attenzione, in quest'ottica l'utilizzo di immagini per adorare dèi falsi è riprovata, quanto quello dell'utilizzo di immagini per adorare il vero Dio. Il cattolicesimo trova oltremodo utile proporre all'attenzione dei fedeli immagini per favorire il contatto con il divino, sovente in campo protestante si assiste a deviazione dal comandamento tramite un uso non critico del "crocefisso".Non esiste alcun uso legittimo dell'immagine di Dio, anche il crocefisso sottolineando solo verità parziali come la sofferenza di Cristo sulla croce e la sua morte vicaria, trascura verità altrettanto importanti come la Sua vittoria sulla morte, la Sua intercessione per i santi, la Sua Signoria attuale. La storia del cristianesimo ci insegna come le varie devozioni del crocefisso abbiano ispirato pensieri malinconici sulle sofferenze del Cristo. I popoli antichi non credevano affatto che le immagini della divinità coincidessero con la medesima; I'immagine sacra esprime il bisogno dell'uomo di relazione con la divinità, e inoltre: l) il luogo dove trovarla, 2) la certezza della sua presenza, 3) la distinzione tra divinità. L'immagine risulta utile all'adoratore, dunque per quale motivo Dio è tanto intransigente nei confronti del suo utilizzo? Possiamo rispondere dicendo che nessuna immagine riesce a cogliere pienamente l'essenza spirituale di Dio. Le immagini colgono solo un aspetto parziale di Dio. Israele nel deserto volle rappresentarsi l'Eterno come un forte vitello, l'intento in sé poteva anche non apparire errato (era pur sempre l'Eterno quello che veniva parzialmente raffigurato), ma le conseguenze etiche non tardarono a manifestarsi. Il popolo sentì quel Dio tanto poco onorabile da abbandonarsi a pratiche licenziose al suo cospetto (Esodo 32). Nel brano di Genesi 1: è scritto: "Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza", è qui espressa la natura del tipo di relazione che sussiste tra uomo e Dio, l'uomo è creato, Dio è colui che lo crea, nel momento in cui l'uomo crea un'immagine di Dio, il rapporto suddetto si inverte scandalosamente: l'uomo crea Dio, o piuttosto una sua caricatura. L'immagine presuppone sempre un costruttore e dunque un padrone. Dio si sottrae a qualsiasi tentativo di essere "posseduto" da parte dell'uomo. Ogni rappresentazione che ci facciamo di Dio si pone sotto il segno del peccato dell'uomo. Tramite l'immagine entriamo solo in rapporto con noi stessi, anche per questo motivo le immagini sono rassicuranti , esse infatti ci sono "familiari", sono espansioni della nostra umanità. Sul Sinai Dio apparve al popolo, che tremante guardava da lontano (Esodo 19:19), il popolo sapeva di avere a che fare con un Dio del tutto diverso dagli dèi muti e immobili che aveva conosciuto in Egitto. In Deuteronomio 4, Mosè ricorda agli Israeliti che essi ai piedi del Sinai avevano udito la voce di Dio ma non lo avevano visto. Quando il popolo si rappresentò questo Dio, subito lo avvertì come troppo familiare. Non la vista ma l'udito è chiamato in causa nella relazione con Dio, infatti è tramite la Parola rivelata che ci è fornita conoscenza a proposito di chi Dio è. La Scrittura esclude anche l'utilizzo di immagini mentali , altrettanto dannose quanto quelle fisiche, pensiamo a quanti immaginano Dio come un guerriero, un architetto, un artista ect. Solo in Cristo l'uomo ha potuta "vedere" la manifestazione di Dio (Gv.I2:4-3; 2Cor.4:4; Col. 5; Fil. 2:8; Gv.14:9). Abbiamo un solo modo per conoscere Dio e adorarlo, attraverso la Parola scritta e la Parola incarnata.