Immagini usate nella Scrittura, per descrivere la morte del Cristo

Nel brano di Ebrei 6 : 1-2 è affermato "non questionate ancora il fondamento dei battesimi, del ravvedimento, della fede, della imposizione delle mani, della risurrezione, del giudizio eterno"; taluni interpretano questa esortazione come rivolta a quanti mettevano in discussione il contenuto delle dottrine elencate, con ciò non si pone molta attenzione alla portata del termine "fondamento" (qemelion); il "fondamento" del brano in questione non è da identificarsi con le dottrine fondamentali della fede cristiana, quanto piuttosto con ciò che rende possibile al credente l'esercizio della fede , del ravvedimento, dei battesimi ect.
Ma cosa è precisamente il "fondamento"?
Esso è il sacrificio stesso di Cristo che nell'epistola agli Ebrei è presentato per il tramite di una "immagine", quella del rituale del giorno dell'Espiazione (celebrato, secondo il calendario ebraico, ogni autunno il 10 del mese di Tishri, Lev.16), sol in tale giorno era permesso al Sommo Sacerdote di entrare nel "luogo santissimo" (Ebrei da 7:1 a 10:18).
Cristo è descritto sotto la duplice immagine di:
1) Offerta, cioè vittima espiatrice, che morendo assicura il perdono e la piena comunione con Dio;
2) Offerente, cioè Sommo Sacerdote, eterno e senza peccato (Salmo 110) che avendo espiato il peccato una volta per tutte (
efapax, Ebr. 10:10) rimane perpetuamente alla presenza di Dio, da dove intercede compassionevolmente per il proprio popolo.
In sintesi l'intento dell'autore dell'epistola agli Ebrei, è di mostrare come il "venerdì santo" dei Vangeli sia null'altro che la realizzazione di quanto anticipato nell'AT con il "giorno dell'Espiazione", i cui sacrifici ripetuti anno dopo anno erano soltanto tipi e figure del perfetto sacrificio di Cristo.
La Scrittura usa anche altre "immagini" per descrivere il "fondamento" cristiano della morte espiatrice del Cristo, ad esempio in 1Pietro 3:19 è presentata l'immagine della discesa e predicazione di Gesù nell'Ades.
Alcuni interpreti ritengono che Pietro con "la discesa di Cristo nell'Ades" intendesse fare riferimento ad un passaggio del libro apocrifo di Enoch (37 A.C.), nel quale è narrato che Enoch (Gen. 5:23-24) fu mandato da Dio agli angeli ribelli (Gen. 6:2) confinati in antri tenebrosi, onde comunicare loro che "non troveranno nè pace nè perdono", terrorizzati da tale minacciosa ambasciata, gli angeli rimandano Enoch a Dio con una richiesta di clemenza, la risposta di Dio è "Voi non avrete più pace".
Nel libro di Enoch era dichiarata l'impossibilità del perdono per "gli spiriti ribelli", il messaggio dell'evangelo per "analogia di contrasto" annuncia il perdono per gli uomini ribelli.
Pertanto come l'epistola agli Ebrei usando esempi tratti dal culto giudaico affermerebbe che Gesù "è asceso" al cielo per offrire il proprio sangue a Dio, allo stesso modo l'epistola di Pietro usando immagini mitiche (tratte da testi apocrifi) affermerebbe che Gesù "è disceso" sulla terra (profondità dell'Ades) per predicare redenzione agli uomini peccatori (spiriti ribelli).
Dobbiamo però chiederci, la Scrittura contempla il caso di una conoscenza di un testo non scritturale, onde potere essere compresa, più precisamente è possibile ipotizzare che per comprendere 1Pietro 3:16, il credente debba conoscere prima il contenuto del libro di Enoch?
Gli studiosi hanno proposto un'ampia gamma di interpretazioni al brano di 1Pietro 3:16:
1) Dopo la propria morte Cristo sarebbe sceso nel soggiorno dei morti, per evangelizzare gli uomini trapassati prima della Sua morte espiatoria, offrendo loro una seconda possibilità di salvezza.
2) Dopo la propria morte Cristo sarebbe andato a predicare alle persone che si trovavano nell'Ades, proclamando che aveva trionfato sul peccato e che la loro condanna era definitiva.
3) Dopo la propria morte, Cristo sarebbe andato a proclamare la liberazione a coloro che si erano pentiti poco prima di morire nel diluvio e li avrebbe portati in paradiso, traendoli pertanto fuori dal Purgatorio (carcere).
6) Dopo la propria morte o dopo essere risorto (prima di ascendere al cielo), Cristo si recò nell'Ades per proclamare il proprio trionfo sugli angeli caduti che avevano peccato sposando le donne umane prima del diluvio.
5) Quando Noè stava costruendo l'arca, Cristo "in spirito" era in Noè (non diversamente da come è presente in ogni credente) predicando il pentimento e la giustizia agli uomini peccatori di quel tempo, e che ora sono "spiriti in carcere".

E' preliminare rispondere ai seguenti quesiti: 1) chi sono gli spiriti in carcere? 2) che cosa predicò Cristo ad essi? 3) quando predicò?

Cominciamo cercando di comprendere a chi Pietro si riferisca con l'espressione "spiriti carcerati".
II termine "spirito" nella Scrittura può significare tanto "spirito umano", "spirito diabolico","spirito angelico", quanto "Spirito di Dio".
Nel caso il termine non sia seguito da un genitivo di specificazione, è il contesto che viene in aiuto alla mancanza di una esplicita specificazione.
Tale precisazione esclude che si possa decidere sulla base della parola "spiriti in carcere" se questi spiriti siano spiriti di uomini o di demoni ; inoltre non risulta neppure chiaro quando la predicazione fu fatta a tali "spiriti", infatti supponendo che essi siano spiriti di uomini, la frase potrebbe significare "Cristo predicò a coloro che ora sono spiriti nell'Ades ma che al tempo della sua predicazione erano esseri umani viventi sulla terra".

Nel brano in questione è affermato che tali "spiriti" disobbedirono, al tempo di Noè, mentre si preparava l'arca.
La letteratura ebraica non connetteva una supposta ribellione di spiriti angelici (Gn. 6:2-4) con il diluvio, anzi molti interpreti (Filone, Simmaco, il Targum Babilonese) interpretavano Gn.6:2-4 come la descrizione di una ribellione di uomini. Infatti nel brano di Gn. 6 sembra chiara l'intenzione di Dio di punire non angeli ma uomini.
Nessun testo della tradizione giudaica tratta di angeli che disubbidirono "durante la costruzione dell'arca".
Lo schiacciante peso della tradizione extra-biblica, come la testimonianza biblica stessa, propongono gli uomini, non gli angeli, come i più probabili referenti dell'espressione di Pietro.
In Gn. 6:3 Dio stabilisce un periodo di 120 anni prima di scatenare il Diluvio, tale "pazienza" da parte del Signore è certamente da porre in connessione con l'espressione di 1Pt.3:20 "quando la pazienza di Dio aspettava".
E' notevole che in 2Pietro 2:5 Noè venga definito "predicatore (
khrux) di giustizia", non diversamente da Cristo in 1Pietro 3:19.
E' rilevante l'uso della famiglia del termine khrux nel NT, usata principalmente per riferirsi alla predicazione dell'evangelo del Cristo, o all'appello al pentimento e alla fede.
Se Pietro avesse voluto affermare qualcosa come "Cristo proclamò la condanna finale a chi si trovava all'inferno" avrebbe dovuto dire "proclamò la condanna" (
katakrima) o "proclamò il giudizio" (krisin).
Sembra anche certo che Cristo non proclamò "scendendo nell'Ades", il completamento della redenzione a beneficio dei credenti dell'AT, infatti i termini "carcere", "disobbedienza" e "pazienza di Dio", indicano una predicazione diretta a peccatori necessitanti di pentimento , non ai santi giusti in attesa di udire un grido di vittoria (se Pietro avesse voluto dire che la predicazione del Cristo annunciava vittoria avrebbe dovuto specificare l'evento utilizzando
nikos o qualche altro termine simile).
L'espressione "messo a morte nella carne , ma reso vivente nello spirito, nel quale andò a predicare agli spiriti in prigione (...) è andato nel cielo e sta alla destra di Dio"(vv. 18,19,22), è particolamente significativa, infatti essa segna il passaggio da un'argomentazione ad un'altra; l'espressione "messo a morte nella carne, ma reso vivente nello spirito",
vuole ovviamente riferirsi alla morte e alla risurrezione del Cristo, il termine "spirito" è utilizzato per passare ad un'altra serie di argomentazioni, le espressioni "in esso" o "nel quale" fanno riferimento allo "spirito" e non piuttosto all'essere "vivificato nello spirito" (risurrezione); Pietro fa sovente uso di un pronome relativo (chi o che) talvolta con la preposizione, talvolta senza, come trampolino di lancio per passare da un argomento ad un altro (vedi : 1:6; 1:8; 1:10; 2:4; 2:22; 3;21).
Tale precisazione sintattica , fa il paio con un'altra di tipo grammaticale, vi sono forti ragioni per ritenere che l'espressione tradotta "che precedentemente disubbidirono"(v.20) vada piuttosto tradotta "quando precedentemente disubbidirono". Infatti vi sono forti ragioni grammaticali per ritenere che il participio "
apeiqhsasin" non debba essere interpretato come riferito agli "spiriti prigionieri" (valore aggettivale), ma vada piuttosto messo in relazione al verbo "predicare" (valore avverbiale).
Infatti il participio per avere valore aggettivale dovrebbe o essere in posizione attributiva (tra l'articolo e il sostantivo), oppure avere il proprio articolo.
Il brano nel complesso , prescinde dalla morte e risurrezione del Cristo, e starebbe affermando che: "Cristo , in spirito presente in Noè, ha predicato a uomini peccatori (ora) prigionieri, quando furono ribelli prima del diluvio.

E'anche possibile una variante di tale ipotesi, supponendo che gli spiriti siano carcerati a causa del peccato, Pietro starebbe allora affermando "in spirito Cristo predicò la salvezza agli schiavi del peccato, agli uomini ribelli, quando la pazienza di Dio aspettava al tempo di Noè".

Anche Paolo l'apostolo tratta sovente il tema centrale della morte espiatrice del Cristo.
In Gal. 3:13 è detto che "Cristo è divenuto maledizione per noi" (Ebr. 12:2; 1Cor.I5:2) brano fondato su Deut. 21:23: "un uomo impiccato (appeso) è maledetto da Dio", tale scandalo si è verificato "per me", per la "mia" salvezza (Gal. 2:20).
Paolo utilizza molti altri temi per chiarire la portata del "per me" e del "per noi" della crocifissione del Cristo, fra questi quattro possono essere identificate con facilità:
1) Tema cultuale: 1Cor. 5:7, Rom. 3:25; 8:3, Ef. 5:2;
2) Tema della legge penale, i brani in questione fanno riferimento più o meno esplicitamente ad Isaia 53; ad esempio Rom. 4:25; Col. 2:14 (Cristo scrisse sul proprio titulus i nostri peccati);
3)Tema della schiavitù o del riscatto: 1Cor. 6:20; 7:23 (acquistare), Gal. 3:13;4:5 (riscattare), 1Cor. 6:20; 7:23 (a caro prezzo);
4) Tema della sostituzione: Rom. 5:18 (l'obbedienza di Cristo si è sostituita alla trasgressione di Adamo), Gal. 4:4 (Cristo adempie la Legge al nostro posto).


(autore: Domenico Iannone)