MATRIMONIO E DIVORZIO

Chiesa Evangelica:anelliQualsiasi unione sessuale tra uomo e donna vissuta al di fuori del vincolo coniugale è considerata dalle Sacre Scritture "adulterio".
Levitico 20:10 e Deuteronomio 22:22 ci permettono di stimare quanto fosse severa la pena per coloro che disprezzavano l'istituto del matrimonio commettendo adulterio.
Gesù Cristo si è preoccupato di attirare l'attenzione dei propri connazionali sul fatto che il matrimonio fosse da considerare una istituzione "creazionale", voluta da Dio e non dagli uomini (Matteo 19:5-6; Genesi 22:23-24).
La poligamia e la bigamia sono pertanto da considerarsi come deviazioni rispetto al proposito originario di Dio anche se l'Antico Tastamento non sembra prendere esplicitamente posizione per il matrimonio monogamo ( i brani di Proverbi 2:17 e Malachia 2:14-15 non sono probanti in senso contrario).
Tale mancanza di chiarezza potrebbe avere determinato tanto un'estrema libertà sessuale con la conseguente possibilità di contrarre più matrimoni (Deuteronomio 24:1), quanto prescrizioni "temporanee" come quella di Deuteronomio 17:17.
Diversamente da quanto comunemente si ritiene, il matrimonio non è una questione di interesse "privato".L'adulterio lede lo stesso "diritto divino" (Esodo 20:15), e mette in questione i fondamenti della vita associata (Deuteronomio 22:22).
L'essenza del matrimonio ha a che fare con: 1) la necessità di avere un altro essere somigliante con il quale avere comunione (Genesi 2:18), 2)
l'emancipazione dalla propria famiglia di origine per formare un nuovo nucleo familiare (Genesi 2:24a), 3) l'unione fisica e spirituale al fine di rendere possibile una nuova entità socio-spirituale (Genesi 2:24b), 4) la partecipazione della coppia all'opera creatrice di Dio, tramite la procreazione (Genesi 1:28).
L'adulterio è un peccato che compromette l'unità degli elementi sopra elencati.
Il settimo comandamento (Esodo 20:) nel suo aspetto "positivo" è teso a preservare il matrimonio da qualsivoglia "superficializzazione".
La Bibbia pone alcune restrizioni al matrimonio: non è possibile sposare chiunque o vivere un rapporto coniugale senza regole.
La Bibbia proibisce matrimoni incestuosi ( con sorella, madre, padre, fratello, zia materna o paterna) e con affini (matrigna, nuora, sorellastra, cognata, zia acquisita) come si ricava da brani quali Levitico 18 e 20, Deuteronomio 27:20-23.
Affinchè non si pensi che tali prescrizioni siano "superate", il Nuovo Testamento le riafferma; valga come esempio il brano di 1Corinzi 5:1-15, dove è condannata l'unione tra matrigna e figliastro.
"Il cuore dell'uomo è insanabilmente malvagio" (Geremia 17:9), tale malvagità si dirige anche contro la santità dei comandamenti di Dio, che provvede ad arginare tali disordini.
Pur essendo caratteristica fondamentale del matrimonio la indissolubilità (Marco 10:2-12; Luca 16:18; Romani 7:1-3; 1Corinzi 7:10-11), il "divorzio" è uno dei rimedi scelti da Dio a fronte dell'opera di coloro che attentano alla sacralità del matrimonio.
Il termine "divorzio" traduce tanto il termine apostasion quanto afihmi dando ad entrambi il senso di "mandare via, lasciare".
In Matteo 19:1-9 i Farisei tentano di far incorrere Gesù in contraddizione con la Legge mosaica, proponendogli un quesito circa il significato da attribuire al brano di Deuteronomio 24.
I Farisei erano convinti che questo brano permettesse di mandare via la propria moglie "per qualsiasi motivo" dopo averle consegnato un documento (atto di ripudio), attestante la motivazione del ripudio.
Gesù si preoccupa preliminarmente, di riaffermare l'origine "creazionale" del matrimonio (vv. 4-6), prosegue illustrando il motivo della prescrizione mosaica (v.8), e conclude introducendo una sola eccezione alla indissolubilità del matrimonio:la fornicazione (pornhia).
Secondo alcuni, il brano in questione permetterebbe di "mandare via" la propria moglie in caso di fornicazione, ma non consentirebbe il secondo matrimonio. L'eccezione viene, così, applicata solo alla prima parte della sentenza finale di Gesù, facendosi assumere al brano il significato seguente: Chiunque manda via sua moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio, però un uomo può mandare via sua moglie a causa di fornicazione.).
Tale obiezione, oltre a mettere il brano in contraddizione con 1Corinzi 7:10, dove è esclusa la stessa possibilità di "mandare via" il coniuge, non tiene conto del modo scritturale di esprimere le eccezioni (Matteo 12:4; Romani 14:14; Galati 1:19); infatti non è raro trovare formulata prima una tesi nella sua totalità e, di seguito, l'eccezione referita ad un solo membro della frase.
Un' ulteriore corrente di dottrina afferma che, ad orecchie giudaiche, la conclusione di Gesù in merito alla dissoluzione del matrimonio per fornicazione, avrebbe il seguente significato: "Solo la fornicazione di uno dei coniugi, annulla il matrimonio, ma la fornicazione è punita con la morte, per cui in realtà affermo che solo la morte di uno dei coniugi annulla il vincolo coniugale". Coloro che seguono tale interpretazione, convengono sul fatto che Gesù nel brano in questione, permetta al coniuge "superstite" di potersi risposare.
Vi sono infine alcuni che ritengono che Gesù, nel brano di Matteo 19, stia trattando il caso di quei "matrimoni che sono delle fornicazioni", cioè il caso dei matrimoni tra affini e consanguinei, concludendo che solo tali matrimoni sarebbero dissolubili.
Non si comprenderebbe però in che modo tale conclusione si inserisce nell'argomentazione di Deuteronomio 24, dove si parla di mogli e mariti non consanguinei o affini.
L'eccezione di Matteo 19:19 (mh epi pornhia), non deve essere tradotta come se esprimesse una "causa isolata" ("...quando non sia per causa di fornicazione"), ma deve piuttosto esprimere uno "stato continuato o durativo" ("...quando non sia per una situazione continuata di fornicazione").
La differenza che corre tra le due traduzioni è quella che passa tra un peccato occasionale ed una ferma volontà di peccare, che nel caso dell'adulterio mette certamente in discussione la sostanza del vincolo coniugale.
Infatti, la proposizione greca epi dell'espressione epi pornhia (a motivo o a causa di fornicazione), modifica la portata del termine "fornicazione" facendogli assumere il suddetto senso "durativo".
Alla luce di tali considerazioni il termine "fornicazione" può avere solo il senso di "adulterio continuato".

Nella Bibbia c'è matrimonio (vincolo coniugale) quando due persone, un uomo e una donna, decidono "liberamente" di unirsi, formando in tal modo una nuova famiglia caratterizzata dalla comunione tanto fisica (economico e sessuale), quanto spirituale.
L'adulterio è uno dei motivi che incrina la coesione di tali elementi.
Un'ulteriore eccezione all'indissolubilità del matrimonio è presentata in 1Corinzi 7:15.
Nel caso in cui un non credente (apistos), desideri separarsi dal coniuge credente, quest'ultimo può considerarsi non più "vincolato" (dedoulwtai).
L'essere non più vincolati ci sembra una concessione a potersi risposare; ed infatti, il termine ci sembra affine a quello utilizzato per la vedova di 1Corinzi 7:39 che è reputata "non vincolata" (ou dedetai) e dunque libera di potersi risposare.
Coloro che obiettano a tale interpretazione ritengono che il coniuge credente "abbandonato", in nessun caso possa ritenersi libero di potersi risposare, in quanto il "vincolo coniugale" avendo "Dio" per custode, continua a sussistere anche nell'eventualità della "diserzione"di uno dei coniugi.
A noi sembra che il vincolo coniugale sia una realtà di fatto, quando esso non esiste più non può essere asserito che esiste ancora!
L'apostolo Paolo ricorda in 1Corinzi 7:10 a coloro che aspirano alla separazione o che l'hanno già ottenuta, che il Signore si è espresso contro di essa ("dico non io, ma il Signore"), facendo implicitamente riferimento a quei brani dei vangeli nei quali è trattata la natura del vincolo coniugale.
Tuttavia, l'eccezione del brano di 1Corinzi 7:15 è formulata in un contesto totalmente differente rispetto a quello in cui Gesù si esprime a proposito del "ripudio per qualsiasi ragione". Paolo, infatti, prende in considerazione l'ipotesi differente di abbandono volontario subito da un fratello da parte del coniuge non-credente.


(autore: Domenico Iannone)