Codice P66, Codice Sinaitico, Codice Vaticano, Codice Alessandrino, Codice Efremi, Codice Beza-Cantabrigensis, Codice Sinopensis


E' possibile raggruppare in tre grandi gruppi testuali, i codici e i frammenti di codici (papiracei e pergamenacei) anteriori al IV° sec. d.C. Tali gruppi testuali fanno capo al cosidetto "testo primitivo", cioè al testo greco del NT anteriore alle grandi canalizzazioni (Aland dice "recensioni") posteriori al IV° sec. d.C.
I tre gruppi testuali che costituiscono il "testo primitivo" sono costituiti da codici in papiro (indicati dalla sigla P seguita da un numero):
1) testo stabile, (testimoniato da: PI, P23, P27, P35, P39, P64, P67, P65, P70) riproduce fedelmente il modello originario;
2) testo normale, (testimoniato da: P4, P5, P12, P16, P18, P20, P28, P47, P52, P87) riproduce con una relativa fedeltà il testo originario, le varianti sono quelle tipiche della tradizione manoscritta (errori scribali, desiderio di rendere più piano il brano ect.);
3) testo libero, (testimoniato da: P9, P13, P37, P40, P45, P46, P66, P78) accoglie le varianti più disparate, la sua peculiarità è quella di raccogliere più varianti rispeto al testo normale. Questa estrema libertà degli scribi rispetto al testo sacro che copiavano, lascia intendere che essi avevano un concetto di "ispirazione della Parola" diverso dal nostro. Intorno al IV° sec. d.C. a causa del periodo relativamente tranquillo che la chiesa attraversò, vennero messe a punto "recensioni" del testo greco del NT, cioè si prepararono edizioni "standard" del NT. Girolamo vissuto intomo al V° sec. d.C., nella sua prefazione ai Vangeli parla di due recensioni del NT greco: quella di Luciano (Koinè) e di Esichio (Alessandrina).
Probabilmente queste recensioni non furono molto "radicali", infatti P75 (contenente i Vangeli di Luca e Giovanni) datato all'inizio del III° sec. propone un testo non difforme dal codice Vaticano (prima metà del IV° sec., recensione alessandrina).
Gli altri testimoni documentari più importanti del testo greco del NT, oltre ai già citati papiri del testo primitivo e ai codici del IV-VI° sec., sono:
1) I frammenti di Qumran, tutti anteriori al 68 d.C.: 7Q6[1] (Marco 4:28), 7Q6[2] (Atti 27:38), 7Q7 (Marco 12:17), 7Q8 (Giacomo 1:23-24), 7Q10 (2Pietro 1:15), 7Q15 (Marco 6:48), 7Q9 (Romani 5:11-12), 7Q5 (Marco 6:52-53), 7Q4 (ITimoteo 3:16; 4:3); solo per questi ultimi tre frammenti, l'identificazione sembra certa.

Codice P66

Il codice in papiro identificato dalla sigla P66, è una delle acquisizioni fatte dal bibliofilo e umanista ginevrino Martin Bodmer, fondatore della "Biblioteca Bodmer della letteratura Mondiale" presso Cologny, un sobborgo di Ginevra. Il P66, conosciuto anche come Bodmer II, è un codice papiraceo in maiuscola (onciale biblico), contenente ilVangelo di Giovanni, comunemente datato al II° sec. d.C. Misura 15,2 x 14 cm e consta di sei fascicoli, di cui restano 104 pagine. Nel 1958 furono rinvenute altre 46 pagine dello stesso codice. Il papiro utilizzato per questo codice (Greco: papyros o Byblos, in seguito Biblos, charths ) era il materiale scrittorio più diffuso sino al IV°-V° sec. d.C., e veniva ricavato dallo stelo della pianta del papiro egiziano (Latin: Cyperus papyrus). Lo stelo era tagliato in strisce, che venivano incollate in due strati (orizzontale e verticale). Plinio il Vecchio (Storia Naturale 12.2.2), offre una descrizione particolareggiata di tale produzione. A partire dal IV° sec. d.C., la pergamena cominciò a soppiantare il papiro. Gli arabi, che nel VII° sec avevano conquistato l'Egitto, tentarono per interessi commerciali, di impedire che il papiro venisse soppiantato dalla pergamena.

Il codice P66, contiene segni di interpunzione (un punto divide il testo in unità di senso) e "nomina sacra" (il nome Dio).
I "nomina sacra", sono un sistema di abbreviazioni riguardante alcuni nomi ritenuti "sacri" dagli scribi, essi sono: Dio, Gesù, Signore e Cristo (la prima e l'ultima lettera del nome, sormontate da un trattino), Spirito, Davide, croce, madre (le prime due lettere e l'ultima, sempre sormontate da un trattino), Padre, Israele e Salvatore (la prima lettera e le ultime due, tutte sormontate da un tratto), (Figlio dell') uomo, Gerusalemme, Cielo (la prima e l'ultima sillaba, più il tratto in cima).
Il manoscritto presenta 440 correzioni introdotte nelle interlinee, su rasure e nei margini. Tali correzioni sembrano per la maggior parte rettifiche apportate dal copista ai propri errori grossolani, altre invece sembrano essere state fatte sulla base di un testo differente. In tale codice sono anche presenti lezioni uniche come ad esempio Gv. 13:5 (il catino usato da Gesù è definito "catino per i piedi"), e Gv. 7:52 (Cerca e vedrai che il profeta non sorgerà dalla Galilea).
Aland lo classifica come "testo libero" e lo assegna alla categoria I.

L'inchiostro (melan) usato per scrivere sui papiri e sulle pergamene era composto da nerofumo, acqua e gomma. Tale mistura non funzionando bene con le pergamene, fu sostituita da un miscuglio formato da galle di quercia, polverizzate e mescolate con acqua e solfato di ferro.
Gli altri strumenti che gli scribi utilizzavano per il proprio lavoro erano il "kalamos" o "donakos", bastoncini appuntiti, che dopo essere stati intinti nell'inchiostro (melan) erano usati per scrivere;
il
"kanon", una riga usata per segnare le linee dei righi e dei margini;
il
"grafis", uno stilo usato per tracciare le linee e i margini, non molto appuntito al fine di lasciare un tratteggio, piuttosto che una linea continua;
lo
"spongos", una spugna usata per togliere l'eccesso di inchiostro dalla punta della penna o dalla superfice della pergamena;
la "e
ris", pietra pomice, usata per fare lisciare la punta del pennino della penna o anche per eliminare le asperità dalla superfice del papiro o della pergamena;
il
"glufanos", sorta di temperino usato per appuntire il pennino.

Codice Sinaitico (Codice Aleph)
Questo manoscritto, catalogato con la prima lettera dell'alfabeto ebraico, (aleph), viene assegnato al IV° sec. a.C.
Esso fu scoperto nel 1844 nel monastero greco-ortodosso di Santa Caterina sul Monte Sinai, dal ricercatore Costantino von Tischendorf (1815-1874).

Costui stava visitando il monastero alla ricerca di antichi manoscritti per conto del Kaiser Federico Augusto di Sassonia, quando per puro caso, nella libreria del monastero si imbattè in un un canestro di vimini, contenente 43 fogli di pergamena di un antico manoscritto destinato ad essere bruciato.
Tischendorf comprese che i fogli ritrovati erano porzioni della Settanta (l'AT in greco), contenenti brani di 1Cronache, Geremia, Nehemia ed Ester. Con orrore apprese che due cesti pieni di fogli del medesimo manoscritto, erano già stati buttati nel fuoco.
Il ricercatore espresse un tale entusiasmo per il ritrovamento, al punto che sebbene i monaci confessassero di essere a conoscenza dell'esistenza di altre parti del codice ritrovato (il libro di Isaia, e 1 e 4 Maccabei), intimoriti si rifiutarono di fargliele esaminare. Ottenuti in dono i fogli ritrovati nel cesto, egli li pubblicò due anni più tardi con il nome di Codice Federico-Augusto.

Durante una seconda spedizione al medesimo convento nel 1853, Tischendorf rinvenne due brevi frammenti del libro della Genesi, appartenenti al medesimo manoscritto.
I monaci si mostrarono ancora una volta ostili, rifiutandosi di mostrargli quelle che ritenevano essere le parti più cospicue del codice.

Nel 1859, grazie ai fondi e all'autorità dello Zar Alessandro II, dal quale dipendevano tutti i monasteri greco-ortodossi, Tischendorf potè effettuare una terza spedizione al convento.

Poco prima di congedarsi, quando sembrava che la spedizione si fosse rivelata infruttuosa, un monaco portò Tischendorf nella propria cella e gli mostrò un manoscritto avvolto in uno straccio. Il monaco lo aveva rinvenuto accatastato con piatti e bicchieri su un ripiano al di sopra della porta della propria cella.
Era un'ulteriore porzione del codice ricercato, contenente gran parte dell'AT e l'intero NT, oltre l'Epistola di Barnaba e il Pastore d'Erma (di cui a quel tempo esistevano solo due copie non in greco).
Tischendorf trascorse la notte a ricopiare l'epistola di Barnaba, dopo aver inutilmente tentato di convincere i monaci a lasciargli prendere il manoscritto.

Spostatosi al Cairo, in un altro monastero greco-ortodosso, riuscì a farsi inviare il manoscritto per seguitare a ricopiarlo. Infine riuscì a convincere i monaci a regalare il manoscritto allo Zar, in quanto protettore dei loro monasteri.

Nel 1869 lo Zar, ricompensò i monasteri di Santa Caterina e del Cairo con 7000 e 2000 rubli rispettivamente.

Tischendorf pubblicò una porzione del manoscritto nel 1860 sotto gli auspici dello zar. L'intero manoscritto in fac-simile venne pubblicato nel 1862, con il nome di Codice Sinaitico. Nel 1867 vennero pubblicati ulteriori frammenti appartenenti a Genesi e Numeri. Essi erano stati rinvenuti dall'Archimandrita Porfirio, ed erano stati usati per riparare altri manoscritti custoditi nella biblioteca del monastero di Santa Caterina . A questo rinvenimento, ne seguirono altri quattro.

Tischendorf nei suoi viaggi in Oriente (sovvenzionati dallo zar Nicola I), ritrovò molti altri manoscritti (circa 21) anche se di mole minore e meno importanti.

Nel 1933 il governo sovietico vendette il codice Sinaitico all'Inghilterra per 100.000 sterline.

Si ha notizia di un recente ritovamento di 9 fogli, con parte della Genesi, sempre nel monastero di Santa Caterina.

Il Codice Sinaitico consta di 346 e 1/2 fogli di pergamena. Ciascun foglio misura 43x38 cm. Calcolando che la pelle conciata di una pecora può fornire solo due fogli di tale formato, debbono essere state necessarie non meno di 170-180 pecore per approntare il solo materiale scrittorio. Evidentemente il committente del manoscritto doveva essere molto facoltoso.

Il codice presenta quattro colonne di testo per facciata, eccetto nei libri poetici il cui testo in versi è disposto in due colonne di notevole larghezza. Ciascuna colonna presenta 48 linee di testo, tranne le colonne delle epistole cattoliche, in cui le linee sono 47. Non sembra degna di fede l'opinione secondo la quale le quattro colonne per pagina, indicherebbero che il manoscritto fu copiato da un rotolo di papiro. Infatti i papiri presentavano solitamente, un'unica colonna per pagina. Le quattro colonne forse dipendono dalla notevole grandezza dei fogli usati, dalla necessità di rendere più leggibile il testo in "scripto continua", spezzandolo più frequentemente.

Il manoscritto è in lettere unciali (maiuscolo), la scrittura è continua (cioè senza interruzioni tra le parole "scriptio continua"), senza accenti e spiriti, o segni di interpunzione, eccetto a volte l'apostrofo e il punto alla fine di un periodo.

Le lettere sono tutte uguali, mancano ornamenti, il copista (o i copisti) non segue la divisione del testo proposta dallo studioso Eusebio.
Tutti questi elementi, insieme alla presenza dell'Epistola di Barnaba e del Pastore d'Erma, fanno propendere per la datazione al IV° sec.

Tischendorf pensava che quattro scribi si fossero avvicendati alla copiatura del manoscritto, mentre ben sette alla sua correzione (almeno uno di essi dovette essere contemporaneo ai copisti). Un contemporaneo dei copisti, aggiunse ai margini del codice, i Canoni di Eusebio e le Sezioni di Ammonio.

Il manoscritto ha subito varie mutilazioni, specialmente nei libri storici da Genesi ad Esdra.

Ciò che rimane (198 fogli) è costituito da frammenti di Genesi 23 e 24, Numeri 5; 6; 7: 1Cronache 9:27-19:17; Esdra 9:9-10:44; Lamentazioni 1:1-2:20. Integri sono invece i libri di: Nehamia, Ester, Gioele, Abdia, Giona, Nahum, Habacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia, Isaia, Geremia. Il manoscritto contiene anche gli apocrifi di Tobia, Giuditta, 1Maccabei e 4Maccabei (mentre il codice non ha mai contenuto 2 e 3 Maccabei).

Il NT (148 fogli) contiene tutti i libri considerati canonici, l'epistola di Barnaba (a Barnaba seguivano 6 fogli andati perduti, di cui non si conosce il contenuto), il Pastore d'Erma (incompleto). Le epistole di Paolo precedono gli Atti, e l'epistola agli Ebrei segue 2 Tessalonicesi.

Il testo del Codice Sinaitico in generale assomiglia molto a quello del Codice Vaticano, anche se il testo di quest'ultimo è più vicino agli originali dei Vangeli. Nell'AT il testo del Sinaitico è ancora più simile a quello del Codice Alessandrino.

Codice Vaticano (Codice B)

Con il tempo il papiro venne soppiantato dalla pergamena (Greco: diphera, derma; Latino: membrana o charta Pergamena ). La pergamena era ricavata dalle pelli di animali (pecora, capra, asino, vitello). Le pelli erano poste in una vasca contenente acqua e calce, che le liberava dai peli e favoriva il distacco della carne residua. Erano poi tese e inchiodate su di un telaio e poste ad asciugare. In seguito i bordi erano pareggiati e trattate con gesso (per sbiancarle) e pietra pomice (per eliminare ogni asperità).

Il codice Vaticano, è un codice in pergamena ed è così chiamato in quanto fin dal 1475 appare nel catalogo della Biblioteca Vaticana. E' ritenuto essere la più antica copia della Bibbia. Lo scopritore di manoscritti, Tischendorf riteneva che 3 copisti ricevettero l'incarico di approntarlo. Egli identificò il primo copista con quello che aveva copiato l'AT del codice Vaticano, e parte dell'AT e alcuni fogli del NT delcodice Sinaitico. I copisti non inserirono accenti, anche se a volte fecero uso di segni di interpunzione.
L'intero codice Vaticano sarebbe stato corretto da un contemporaneo dei copisti, utilizzando un ulteriore manoscritto. Sei secoli più tardi uno scrivano, avrebbe ritracciato le lettere sbiadite, con la sola omissione di quelle lettere e parole che considerava errate (secondo altri tale "ritracciatura" sarebbe stata effettuata nel XV° sec. dal monaco Clemente). Nel XV° sec. si provvide ad aggiungere al codice i fogli con le parti di Scrittura andate perdute, forse per acquisirlo alla Biblioteca Vaticana. Napoleone I lo prelevò dalla Biblioteca e lo portò a Parigi, esso venne in seguito restituito al Vaticano. Il Tischendorf non potè studiarlo con cura, poichè fu ostacolato dal cardinale Angelo Mai che stava preparando una propria edizione (pubblicata nel 1857 e corretta nel 1859). Il Codice Vaticano è in pergamena, scritto in unciale. Comprende attualmente un totale di 759 fogli (617 fogli il solo AT). Ciascun foglio misura cm 27x27. Il testo su ciascuna pagina è organizzato in tre colonne di 40 righe ciascuna, con 16-18 lettere per rigo. Nella tabella che segue, desideriamo documentare quelle che potrebbero essere state le abitudini degli scribi, per quanto concerne il numero di colonne di testo per ogni pagina manoscritta.

Secolo

Numero di Colonne

1

2

3

4

rotolo

I°/II°

P46 P66

 

 

 

 

III°

P45 P47 P72 P75 0212 0220 0232

 

 

 

P13

IV°

0162 0169 0176 0181 0189 0206 0228

057 058 0171 0185 0207 0214 0221 0230 0231

B

Alef

 

C I W 059 061 069 0163 0172 0173 0174 0175 0182 0217 0244

A Q T 062 068 0160 0165 0166 0201 0216 0218 0219 0226 0227 0236 0239 0242

048

 

 

VI°

13 (24%)

42 (76%)

 

 

 

VII°

7 (28%)

18 (72%)

 

 

 

VIII°

9 (39%)

13 (61%)

 

 

 

IX°

unciale

17 (38%)

27 (60%)

[053] (2%)

 

 

minisc.

9 (75%)

3 (25%)

 

 

 

unciale

8 (53%)

7 (47%)

 

 

 

minusc.

89 (85%)

16 (15%)

 

 

 

XI°

unciale

1

 

 

 

 

minusc.

283 (81%)

68 (19%)

 

 

 

XII°

461 (87%)

69 (13%)

 

 

 

XIII°

458 (89%)

59 (11%)

[460]

 

 

XIV°

454 (91%)

45 (9%)

 

 

 

XV°

193 (90%)

21 (10%)

[1957]

 

 

dopo il XV°sec.

145 (88%)

19 (12%)

 

 

 

Nei libri poetici il testo è diviso in versi, su due colonne. Tutte le lettere sono di uguale grandezza, e in "scriptio continua", ma a volte la prima lettera di una sezione si allunga verso il margine del foglio. Il codice appare mutilo e con fogli di rimpiazzo presi da altri manoscritti; la situazione appare essere la seguente: i primi 20 fogli (Genesi 1-46:28) sono andati perduti, allo stesso modo una parte del foglio 178 (2Re 2:5-7, 10-13) e 10 fogli dopo il 348 (Salmi 105:27-137:6), oltre ad un imprecisabile numero di fogli dopo l'ultimo libro del codice. Gli scritti dei profeti minori precedono quelli dei profeti maggiori. Sono presenti gli apocrifi: Sapienza, Ecclesiastico, Epistola di Geremia (il codice non contiene i libri dei Maccabei).
Del NT (142 fogli) sono andate perdute: una porzione delle epistole paoline, Ebrei 9:14-13:25, le epistole pastorali e l'Apocalisse. Le epistole cattoliche sono poste dopo gli Atti e prima del corpus paolino. Gli Atti presentano una divisione in 36 capitoli.
Il corpus paolino è trattato come se fosse un unico libro. Dalla numerazione peculiare al codice si evince che è riprodotto un testo nel quale, l'epistola agli Ebrei era posta tra l'epistola ai Galati e l'epistola agli Efesini (nel Vaticano l'epistola agli Ebrei è l'ultima del corpus). Il codice Vaticano non contiene le
Sezioni di Ammonio, nè i Canoni di Eusebio, tuttavia presenta una divisione che si ritrova anche nel Codice Zacinto (Z) dell'VIII° secolo contenente il solo vangelo di Luca. Come il Sinaitico non contiene la chiusa lunga alla fine di Marco, ma un notevole spazio lasciato vuoto farebbe pensare che lo scriba fosse conscio della lacuna nel manoscritto da cui stava copiando. Va ricordato che i formati di tali codici erano tanto grandi onde permetterne la consultazione a più di un lettore alla volta.

Codice Alessandrino (Codice A)

Questo manoscritto è assegnato alla metà o all'inizio del V° sec. d.C. Una nota afferma che fu ricopiato dalla martire Tecla; il Patriarca Cirillo Lucaris aggiunge una nota nella quale spiega che Tecla era una nobile egiziana che lavorò alla stesura del manoscritto poco dopo il Concilio di Nicea del 325 d.C.
In effetti nulla di preciso si sa di questa martire, e tale tradizione appare dubbia a causa della presenza dei Canoni di Eusebio (che risalgono a non prima del 340 d.C). Nel codice vi è anche un sommario di Eusebio ai Salmi, a prova del fatto che il salmo 151 e altri brani dell'AT venivano adoperati per uso liturgico.
La presenza di una lettera di Atanasio a Marcellino (come prefazione ai Salmi) risalente al 373 d.C, e l'assenza delle Divisioni di Eutalio , farebbero assegnare il codice a prima del 450 d.C.

Il Codice Alessandrino è chiamato così poichè ne è documentata l'esistenza nella Biblioteca del Patriarca di Alessandria fin dall'XI° sec. Esso fu donato a Giacomo I per intercessione del Patriarca Lukaris Cirillo di Costantinopoli.
Giacomo I morì prima di poterlo ricevere, pertanto fu accettato nel 1627, dal figlio Carlo I. E' catalogato con la lettera A, a causa della sua brevità ed è conservato al British Museum (Walton).

Il Codice Alessandrino è attualmente formato da 773 fogli di pergamenta di cm32x26 (originalmente i fogli debbono essere stati 822).

La scrittura usata è l'unciale in "scripto continua". Contiene i testi canonici dell'AT (622 fogli) a cui mancano Genesi 14:14-17; 15:1-5, 16-19; 16:6-9; 1Re 12:20-14:9; Salmi 5:20-80:11. Sono presenti anche tutti i libri apocrifi inclusi III e IV Maccabei.

Il NT (144 fogli) contiene i testi canonici meno Matteo 1:1-25:6 (25 fogli); Giovanni 6:50-8:52 (due fogli); 1Corinzi 4:13-12:6 (3 fogli). Il NT contiene anche le due epistole di Clemente (manca un foglio della 1Clemente, e 2 fogli finali della 2Clemente). Una lista aggiunta al codice mostra che anche i Salmi di Salomone erano inclusi nel codice, ma lo spazio che separa questo libro dagli altri del NT, lascia intendere che esso non era considerato canonico.
L'ordine dei testi del NT è il seguente: Vangeli, Atti Epistole Cattoliche, Epistole Paoline (con l'epistola agli Ebrei posta prima delle epistole Pastorali), Apocalisse.

Originalmente il codice era in un solo volume, attualmente è rilegato in quattro volumi le cui copertine recano impresse le insegne di Carlo I. Tre volumi contengono l'AT e uno il NT. Il testo è scritto su due colonne per pagina di circa 49-51 righe per colonna.

Il codice è il primo a contenere la divisione in capitoli con titoli, le Sezioni di Ammonio e i Canoni di Eusebio.

Ciascun nuovo paragrafo è indicato da una grossa lettera iniziale e frequentemente da uno spazio. Non sempre la lettera evidenziata, coincide con l'inizio di un paragarafo o di una parola.

  Codice Efremi (Codice C)

Questo manoscritto è un palinsesto. I palinsesti sono manoscritti in cui il testo originale è stato lavato o raschiato via, per far posto ad un altro testo.
Il testo della Bibbia del codice Efremi risale al V° sec. d.C. Intorno al XII° sec. i fogli di pergamena furono lavati per cancellarne il testo della Scrittura e copiare i 38 trattati di Efrem in lingua greca.

Dopo la caduta di Costantinopoli il codice fu portato a Firenze, poi passò a Parigi al seguito di Caterina dei Medici. Ora esso appartiene alla Biblioteca Nazionale di Parigi.

Il testo sottostante del NT fu decifrato nel 1834 dal Fleck e nel 1843 dal Tischendorf con l'aiuto di reagenti chimici. Nel 1845, Tischendorf pubblicò l'AT.
I reagenti chimici utilizzati, purtroppo presentavano l'inconveniente di annerire con il tempo la pergamena, rendendo in tal modo il testo illeggibile. Oggi è possibile leggere il testo facendo uso dei raggi ultravioletti.

Il codice è in pergamena, conta 209 fogli che misurano circa 33x27cm ciascuno.

Il testo è su una sola colonna per pagina. Il primo scriba (prima mano) non inserì nè spiriti, nè accenti ma solo qualche apostrofo. Ciascun periodo è concluso da un punto. Sono frequenti lettere evidenziate, come per il codice Alessandrino.

Il Codice contiene le sole Sezioni di Ammonio.

Tischendorf distingueva due copisti (contemporanei), uno per l'AT e l'altro per il NT.

I correttori sarebbero stati due, uno del VI° sec., l'altro del IX° sec.

Forse il luogo di origine fu l'Egitto.

Nel codice originariamente era contenuta l'intera Bibbia, oggi si conservano 64 fogli dell'AT contenenti: quasi tutto l'Ecclesiaste, frammenti di Cantico dei Cantici e dei Proverbi, parti degli apocrifi: Ecclesiastico e Sapienza.

Del NT (145 fogli in tutto) rimangono porzioni di tutti i libri eccetto di 2Tessalonicesi e 2Gio
vanni.

Codice di Beza-Cantabrigese (Codice D)
Questo codice deve il suo nome al fatto di essere appartenuto al riformatore del XVI° sec. Teodoro di Beza.
Costui ne fece dono nel 1851, all'università inglese di Cambridge. Beza scrisse nella lettera di accompagnamento al codice, che esso fu sottratto dagli ugonotti, al monastero di Sant'Ireneo in Lione, durante la guerra del 1562.

Beza riteneva inoltre, che il manoscritto fosse rimasto nel monastero a coprirsi di polvere per lungo tempo. Sembra al contrario che il codice fosse usato nel 1546 al Concilio di Trento, a causa di una lezione latina di Giovanni 21 avallata solo dal testo greco del codice.

In breve il codice era in Italia intorno alla metà del XVI° sec.

Si ritiene che il codice sia stato prodotto nel sud della Francia intorno all'inizio del VI° sec., a causa della fondazione e della liturgia greche delle chiese di Lione e del sud della Francia. Ireneo di Lione cita lezioni peculiari a questo codice.

Altri studiosi affermano che le annotazioni liturgiche riguardano il solo testo greco del codice, ed esse risalgono al XI° sec., il periodo dell'utilizzo del rito greco nel sud Italia.
Secondo Kurt e Barbara Aland il codice sarebbe stato copiato in Egitto o nell'Africa del Nord da un copista la cui lingua materna era il latino.

Le correzioni, che interessano più il testo greco che quello latino, riguardano principalmente Luca ed Atti e sembrano essere il frutto del lavoro di un esperto teologo.

Attualmente il codice è tendenzialmente datato al V° sec.

Il testo è bilingue, Greco e Latino: il testo greco è sul "lato d'onore", quello sinistro. Il testo latino dipende da quello greco, e si discosta da tutti gli altri testi della tradizione testuale latina del NT.

Il manoscritto è in pergamena, e conta 415 fogli di 26x21,5cm.
Il testo è su una colonna per pagina, con righe di diversa lunghezza corrispondenti ad unità di senso, onde rendere agevole la lettura durante il servizio cultuale.

Il Codice contiene solo i quattro Vangeli, nel seguente ordine: Matteo, Giovanni, Luca, Marco e pochi versi in latino della 3Giovanni (vv. 11-15).

Sono perdute le seguenti sezioni in latino: Matteo 1:1-20; [3:7-16]; 6:20-9:2; 27:2-12; Giovanni 1:16-3:26; [28:14-20:13]; [Marco 26:15-20]; Atti 8:29-10:14; 21:2-10, 16-18; 22:10-20; 22:29-28:31.

Anche il testo greco presenta lacune: Matteo 1:1-11; [2:21-3:7]; 6:8-8:27; 26:65-27:1; Giovanni 1:1-3:16; [28:2-20:1]; [Marco 26:6-20]; Atti 8:20-10:4; 20:31-21:2, 7-10; 22:2-10; 23:20-28:31.

I brani tra parentesi sono stati aggiunti da un correttore del X° sec.

Solo il vangelo di Luca è preservato integro. Ai vangeli facevano seguito le epistole cattoliche. L'epistola di Giuda non precedeva gli Atti (omessa? posta altrove?).

Codice Sinopensis (VI° sec. d.C.)

Manoscritto membranaceo (30 cm x 25 cm), assegnato alla seconda metà del IV° sec. d.C. Fa parte della famiglia dei codici in pergamena tinta di porpora, che tanto indignavano Girolamo, che ne condannava la magnificenza.
I 43 fogli superstiti conservano brani del vangelo di Matteo, probabilmente in origine il codice comprendeva anche gli altri vangeli.

Il nome di questo manoscritto deriva dall'antico nome della città turca nella quale nel 1899 un'ufficiale francese (Jean de La talle) lo acquistò, rivendendolo in seguito alla Biblioteca Nazionale di Parigi.
Si sa dell'esistenza di un 44° foglio, ma non se ne conosce l'ubicazione. Il testo del manoscritto è su due colonne di 16 linee, i fogli miniati sono 15. La scrittura è una maiuscola biblica in inchiostro aureo su pergamena purpurea. Non vi sono spiriti e accenti, ma saltuariamente segni diacritici per agevolare la lettura (trema su iota, punto su epsilon, eta upsilon per l'inizio parola, diaresi nel corpo di parola). La maiuscola di questo documento ricorda quella della "Genesi di Vienna", del Beratinus e del Rossanensis: lettere monumentali e dal disegno pesante e artificioso, ispessimenti o triangolazioni alle estremità dei tratti obliqui e verticali. Il margine inferiore di 5 fogli è illustrato con scene del vangelo. A sinistra e a destra di ogni scena sono raffigurati due profeti o personaggi dell'AT e con le braccia rivolte verso l'episodio raffigurato. Il foglio in esposizione, mostra sulla sinistra Davide che regge un catiglio con il Salmo 139:5 , e sulla destra il profeta Isaia, che regge un cartiglio con Isaia 35:5. Il miracolo raffigurato è quello della guarigione dei due ciechi. La rappresentazione dei profeti in veste di testimoni era assai diffusa intorno al VI° sec. ed indica per questo manoscritto una provenienza palestinese. Nel Sinopensis la miniatura non invade mai il testo, la cui lettura e meditazione probabilmente non doveva essere distratta o posta in subordine alle immagini.
Al miniatore interessava mettere in evidenza le reazioni psicologiche di quanti avevano assistito alle azioni miracolose del Cristo. La magnificenza delle illustrazioni, la monumentalità della scrittura, l'adozione della pergamena purpurea, l'uso dell'oro, fanno presupporre una funzione alternativa a quella dello studio e della liturgia, probabilmente il codice era usato in funzione devozionale (processioni? esposizione simbolica?).

 


Sezioni di Ammonio

Ammonio di Alessandria, vissuto attorno al II° sec. d.C., mise a punto una "armonia" dei Vangeli, prendendo per base il vangelo di Matteo e integrando le sezioni mancanti con brani presi dagli altri vangeli.
Ne risultava un testo che veniva diviso in 355 sezioni e numerato. Qualche studioso ritiene che il lavoro di Ammonio non preceda cronologicamente i Canoni di Eusebio. Il Codice più antico contenente divisione (l'Alessandrino), contiene tanto i Canoni di Eusebio, quanto le Sezioni di Ammonio.

Canoni di Eusebio

Intorno al III° sec. d.C., Eusebio di Cesarea, l'autore della Storia Ecclesiastica, modificò le Sezioni di Ammonio, allo scopo di facilitare la ricerca di referenze. A ciascuna sezione di Ammonio Eusebio abbinò il numero di una delle sue tavole. In tal modo il lettore era rimandato alle tavole e dalle tavole alle referenze parallele. Eusebio consigliava ai copisti, di segnare in rosso le sue note.

Non sempre i paralleli sono di qualche utilità, ad esempio la genealogia di Gesù in Matteo è propriamente messa in parallelo con quella presente in Luca, ma anche con il prologo Giovanneo sull'incarnazione della Parola.

Divisioni di Eutalio

Eutalio sembra essere vissuto attorno al IV° sec d.C.
Egli preparò un'edizione degli Atti e delle Epistole Paoline divisa in linee di senso. Partendo da un tentativo pre-esistente (Mill congettura che esso fosse stato operato da Gregorio di Mopsuestia, considerato un eretico) Eutalio divise in sezioni e titoli le epistole paoline.

In seguito estese la divisione agli Atti e alle epistole cattoliche. Eutalio numerò e catalogò anche le numerose citazioni dall'AT fatte da Paolo nelle proprie epistole. Forse Eutalio è anche l'autore delle prefazioni e postfazioni alle epistole paoline, presenti in molti manoscritti. 

(autore: Domenico Iannone)