Lo Yom Kippur (Giorno dell'espiazione) o come è detto nell’AT, Yom haKippurim (Giorno degli espianti), era una importante e solenne ricorrenza religiosa ebraica, in occasione della quale si celebrava un rito di espiazione. Il tema centrale era l'espiazione dei peccati ossia l’allontanamento dei peccati del popolo dalla presenza di Dio e la propiziazione di Dio ossia la riconciliazione con Dio adirato a causa del peccato. Le dottrine bibliche dell’espiazione e della propiziazione poggiano su 2 principi fondamentali: “senza spargimento di sangue non vi è remissione” (Ebr. 9:22) e “Iddio non terrà il colpevole per innocente” (Es. 34:7). Nel calendario ebraico Yom Kippur incominciava al crepuscolo del decimo giorno del mese ebraico di Tishri (che cade tra Settembre e Ottobre del calendario gregoriano), e continuava fino al crepuscolo del giorno successivo. Il rito dello Yom Kippur viene descritto in Esodo 30:10; Levitico 16; 23:27-31; 25:9, Numeri 29:7-11. In occasione dello Yom Kippur, annunciato dal suono della tromba (Lev. 25:9), il sommo sacerdote offriva sacrifici espiatori per il santuario, per i sacerdoti e per la nazione (Lev. 16; 23:26-32; Num.29:7-11). Il decimo giorno del settimo mese, ci si asteneva dal lavoro quotidiano, si prendeva parte ad una santa adunanza e si digiunava, lo scopo era quello di umiliare la propria anima (Lev. 23:27,29). In questo giorno si praticava il solo digiuno ordinato esplicitamente dalla legge (lo stesso digiuno al quale si accenna in Atti 27:9; Ant. 14,4,3). Questo giorno era l’unico dell’anno in cui era possibile accedere, per il solo Sommo Sacerdote, nel Luogo Santissimo, quella parte dell’edificio sacro che stava a rappresentare la presenza stessa di Dio. Il Sommo Sacerdote si toglieva i paramenti sacri e dopo essersi lavato, indossava una semplice tunica (efod), pantaloni, cintura e turbante di lino. Sacrificava un toro, come sacrificio per il peccato, per se stesso e per i sacerdoti ordinari. Con un turibolo riempito di braci ardenti prese dall'altare di bronzo, posto nel cortile, entrava nel Luogo Santissimo e bruciava dell'incenso affinché una nuvola di profumo lo avvolgesse completamente e così non morisse (Lv. 16:13). Quindi andava a prendere il sangue del toro sgozzato e lo spruzzava con un dito sul “propiziatorio”, ossia sul coperchio dell’Arca dell’Alleanza e sette volte dinanzi ad esso, completando in tal modo l'espiazione per se stesso e per la propria casa. In seguito, prendeva due capri forniti dal popolo e tirava a sorte; ne sgozzava uno come sacrificio per il peccato del popolo, e ne portava il sangue al di là del velo che separava il Luogo Santo dal Luogo Santissimo (Santuario) e ripeteva quanto già fatto precedentemente con il sangue del toro. L'espiazione veniva completata ponendo il sangue del torello e del capro sui quattro corni dell'altare degli olocausti posto nel cortile. Poi poste le mani sulla testa del secondo capro, confessava su di lui i peccati del popolo, che erano deposti simbolicamente sulla testa del capro, che divenuto portatore dei peccati della nazione, veniva cacciato nel deserto e mandato ad “Azazel” (Levitico 16:8-10). “Azazel” è una parola oscura che non si trova in nessuna altra parte della Bibbia ebraica. Sono stati fatti molti tentativi per interpretare il suo significato. Alcuni ritengono che Azazel fosse il nome di un precipizio da dove il capro sacrificale veniva precipitato, ma non vi è testimonianza di un luogo con tale nome. Altri lo ritengono il nome di uno spirito maligno, poiché uno spirito con tale nome è menzionato nell’apocrifo di Enoch, e più tardi nella letteratura ebraica. Seguendo questa interpretazione, l'idea della cerimonia sembrerebbe quella di rimandare i peccati agli spiriti maligni che li possedevano in origine. E' stato anche notato che simili riti di espiazione erano presenti fra le nazioni pagane, pertanto si è propensi a credere che l'invio del capro ad Azazel sia un adattamento di una cerimonia pre-esistente. In realtà il termine Azazel potrebbe essere un composto di aze, che significa capro, e azel, che significa partenza,, per tale motivo gli studiosi biblici ritengono che nel brano in questione si intenda dire che il "capro espiatorio” era semplicemente "lasciato andare".
Fatto questo, il Sommo Sacerdote riprendeva i paramenti ufficiali, offriva il proprio olocausto, e quello del popolo (due montoni Lev. 16:3,5) e faceva bruciare sull'altare il grasso della vittima espiatoria (Lev. 16:24). La carne del toro e quella del capro venivano portate fuori del campo e bruciate. Secondo l'epistola agli Ebrei, il Sommo Sacerdote che entrava con del sangue nel Luogo Santissimo una volta l'anno prefigurava Gesù, nostro Sommo Sacerdote che è entrato nel cielo una volta per sempre, dopo averci acquistato mediante la sua morte una salvezza eterna (Ebr. 9:1-12,24,28). In Numeri 29:8-9 è detto che venivano offerti in sacrificio per il peccato anche sette agnelli ai quali si mescolava fior di farina e olio. Un ulteriore particolare da notare, è che il rito del giorno dell’espiazione era espresso dal Sommo Sacerdote nella totale solitudine, in quanto l’ordine di Dio era che non vi fosse alcun altro sacerdote all’interno della tenda di Convegno.
di Domenico Iannone