La confusione tra Creatore e creatura nel pensiero di
Tommaso d'Aquino
Secondo il teologo Tommaso d'Aquino, l'uomo riceve il proprio fine da
Dio, tale fine è costituito dalla ricerca della felicità (beatitudine). La
felicità è intesa da nel senso di "contemplazione" del sommo
intelligibile, è questo è identificato con Dio. Tommaso è convinto, sulla base
di un preconcetto di tipo socratico, che se all'uomo fosse concessa la visione
beatifica di Dio, cioè la visione del Sommo Bene, egli non potrebbe non
volerla, purtroppo tale visione diretta non è possibile durante la vita
terrena. Il Sommo Bene per Tommaso è una "persona", un essere capace di
pensare e di volere, più specificamente Dio pensa la verità e vuole il bene. L'uomo
essendo stato creato libero è nella posizione di auto-determinarsi, e per tale
motivo può anche errare nel compito di dirigersi al proprio fine. L'uomo in
quanto essere razionale possiede conoscenze sufficienti per comprendere cosa
sia buono e conforme alla volontà di Dio, ma proprio perchè libero può decidere
di agire altrimenti rispetto a tale conoscenza. La legge "in
generale" è stabilita da Dio proprio per aiutare l'uomo a conseguire il
suo fine proprio (Tommaso reinterpreta in senso cristiano la convinzione
aristotelica secondo la quale ogni essere ricerca il proprio fine immanente).
Tommaso distingue nel concetto di legge, una legge eterna, una legge naturale,
una legge umana. La lex aeterna è da intendersi come il
complesso delle regole razionali attraverso cui Dio governa l'universo intero e
conduce ogni cosa al proprio fine. I particolari di tale "progetto"
risultano però noti soltanto a Dio, ai beati e in parte agli uomini per il
tramite della loro natura razionale, ciò che l'uomo è in grado di afferrare
della legge eterna di Dio con le proprie capacità razionali va sotto il nome di
legge naturale. La lex naturalis è riassunta dal
precetto "bisogna fare il bene e fuggire il male", i suoi precetti
particolari che permettono di specificare cosa sia bene per l'uomo, sono
ricavati da un'analisi condotta su ciò che appare essere "l'inclinazione
naturale umana": la conservazione, seguire gli insegnamenti della natura,
l'unione del maschio con la femmina, conoscere la verità, vivere in società,
ect. La lex humana (legge umana) risulta essere una esplicitazione
particolare della lex naturalis, essa è meglio conosciuta come "diritto
positivo", ossia "leggi stabilite dagli uomini". Tali leggi
hanno come fine quelle di esprimere il contenuto generale della legge naturale,
nel contempo dissuadendo il singolo dal commettere il male, e promuovendo il
bene della collettività. Per tale motivo le leggi e lo Stato che le promulga
non sono come per Agostino una necessità storica causata dal peccato originale
e dalla corruzione della natura umana, ma al contrario sono da considerarsi una
necessità naturale. E' possibile come individui essere sottomessi ai
dettati della legge umana solo nel caso in cui questa è espressione della legge
naturale. Ogni legge umana deve essere "giusta", Tommaso si richiama
alla massima di diritto romano: "giustizia è la volontà perpetua e
costante di attribuire a ciascuno il suo diritto", ma modificata in
"giustizia è la disposizione dell'animo con la quale con costante e
perpetua volontà si attribuisce il suo diritto a ciascuno" (Lutero si
confronterà proprio con tale accezione del termine giustizia, ritenendo
erroneamente che la "giustizia di Dio" cioè la giustizia di Dio
rivelata in Cristo, fosse appunto tale giustizia retributiva).
La teologia razionale.
Secondo Tommaso la ragione umana, più precisamente la
ragione filosofica, inizierà a prendere in considerazione il discorso attorno a
Dio (teologia) soltanto dopo avere terminato i discorsi che le sono propri,
cioè quelli che hanno a che fare con la verità che è possibile investigare
partendo dalle cose del mondo sensibili, al contrario il teologo prenderà le
mosse dalla rivelazione della verità presentata dalle Sacre Scritture.
Nonostante tale distinzione di ambiti nello studioso possono essere compresenti
tanto l'esigenza conoscitiva del filosofo quanto quella del teologo, Tommaso
prende in considerazione proprio questa eventualità e dunque la sua
speculazione intorno a Dio può essere definita: teologia razionale; essa è
impegnata a rispondere alle domande: Esiste Dio? E se esiste cosa si può
conoscere della sua natura? La prima domanda ritenuta assurda ed eccentrica dai
contemporanei di Tommaso, che nulla sapevano di una cosa come l'ateismo
moderno, è tesa a dimostrare come la questione dell'esistenza di Dio abbia a
che fare con la possibilità di giungere a Dio negando che la fede sia l'unica
strada percorribile. In tale contesto si inseriscono le dimostrazione che
consentono di affermare tale esistenza come un risultato necessario della sola
investigazione razionale. Le dimostrazioni che Tommaso presenta sono da lui
chiamate "vie", tale termine è scelto probabilmente per
sottolineare come l'argomentare filosofico a proposito di Dio possa condurre a
conclusioni stringenti soltanto se l'ipotetico interlocutore è disponibile ad
un confronto che lo ponga "in cammino" verso la verità, per
Tommaso non esistono questioni oziose, quando è in gioco la verità è necessario
sentirsi esistenzialmente impegnati nei confronti di essa, al punto da mettere
in questione tutte le proprie opinioni preconcette.
La prima via considera il mutare delle cose mondane, è stabilisce come
principio inquestionabile che ciò che è in movimento necessita di qualcosa o
qualcuno che gli imprima tale moto, non potendo in tale ricerca arretrare
all'infinito, si giunge ad un primo donatore di movimento (motore) che è
identificato con Dio. La seconda via, simile alla prima,
riflette sul concetto di causa: ciò che è causato ha bisogno di una causa,
anche in questo caso risalendo di causa in causa si giunge ad una causa che non
possiede a sua volta una causa, tale causa prima è Dio.
La terza via riflette sul nascere e perire di tutte le cose
sensibili, esse richiedono l'esistenza di qualcosa che sia sotratto al processo
di corruzione che le abbia create, questo è Dio. La quarta via si fonda sulla
gradazione di valori esistenti in natura, infatti troviamo cose più o meno
giuste, più o meno belle o più o meno buone e così via, ma tali giudizi sono
passibili di formulazione soltanto se abbiamo un riferimento assoluto a ciò che
è giustizia, bellezza, bontà ect. tale riferimento assoluto è Dio. La quinta via riflette sulle leggi
che le cose non dotate di coscienza manifestano, tale ordine rimanda ad un
ordinatore è costui è Dio. Con queste cinque "dimostrazioni" Tommaso
ha risposta alla domanda a proposito dell'esistenza di Dio, la qual cosa gli
permette di passare alla seconda questione della teologia razionale a proposito
di cosa è possibile conoscere della natura di Dio. Tommaso fa ancora ricorso al
termine "vie", sono infatti tre le vie che ci permettono di
approssimarci a ciò che Dio è: la "via della rimozione" attraverso la quale si
elimina dal concetto di Dio tutto ciò che è indegno di Lui: la mutabilità,
l'ignoranza, la finitezza ect., la "via della causalità" che nomina di Dio tutto
ciò che è degno di lui: l'intelligenza, la bontà, la misericordia ect., e in
ultimo la "via dell'eminenza" detta anche "via
analogica" essa parte da ciò che è positivo nell'uomo per predicarlo al massimo
grado anche di Dio. Tommaso è consapevole del fatto che attraverso queste
"evidenze", giungiamo a conoscere molto poco di Dio, ciononostante
anche questo poco manifesta una perspicacia che è superiore a quella
raggiungibile in qualsiasi altro ambito.
Tommaso d'Aquino adattò alla teologia cristiana,
utilizzandolo in modo diffuso, il concetto aristotelico di analogia. L'intento
di Tommaso era quello di spiegare come usiamo il linguaggio in generale ed in
particolare come lo usiamo in riferimento a Dio. Egli fonda la sua idea
sull'uso del linguaggio sulla sua nozione di essere. Per Tommaso vi è come una
categoria dell'essere in generale che può essere ulteriormente distinta
(sub-categorizzata) in essere divino ed essere creato. Ciò è possibile perché
tanto l'uomo quanto Dio posseggono l'essere, anche se con modalità differenti:
Dio è puro essere, mentre l'uomo è un composto di anima (essere) e corpo (non
essere, materia).
Sulla base di questo presupposto Tommaso affronta il problema del linguaggio in
relazione a Dio, mettendo capo alla dottrina della "analogia entis".
Tommaso prende le mosse da una riflessione sul linguaggio che si presenta
utilizzabile in tre modi: 1) Univocamente, 2) Equivocamente, 3) Analogicamente.
Per Aristotele il significato del termine "essere" non era dissimile
da quello del termine "salutare", in breve egli dice che quando
chiamiamo un medicamento "salutare", la lettura di un libro
"salutare", la cura di un dottore "salutare", una corsa
mattutina "salutare" ect. il termine "salutare" in ciascuno
dei diversi contesti non possiede il medesimo significato e tuttavia vi è
qualcosa di "simile" in ciascun caso. Il termine infatti non è
equivoco come quando noi chiamiamo Argo il cane di Ulisse e "cane" la
costellazione di Sirio; d'altra parte il termine non è strettamente univoco, esso
è cioè analogico. Tommaso afferma che il ragionare non deve essere nè
completamente univoco nè completamente equivoco; esso deve essere analogico. Il
linguaggio può essere usato in differenti modi, quando affermiamo che Tizio è
"padre" e che Dio è "Padre", stiamo usando il termine
"padre" in due diversi sensi. Tanto Tizio quanto Dio sono chiamati
"padre", ciò che non risulta evidente è se il termine significa la
medesima cosa nei due casi. Tommaso ricava che il termine "padre" ha
un certo significato in relazione a Tizio ed un altro in relazione a Dio. Dove
l'uso di un linguaggio univoco indicherebbe che Tizio e Dio sono
"padre" allo stesso titolo, e l'uso di un linguaggio equivoco che
Tizio e Dio sono "padre" in un modo del tutto differente, con il
linguaggio analogico Tommaso afferma che il termine "padre" individua
in Tizio e Dio delle similarità, ossia delle analogie. Per comprendere tale
conclusione dobbiamo premettere che Tommaso ha costruito il proprio sistema su
tre assunti: 1) la ragione umana è semi-autonoma, pertanto è in grado di
pervenire a certe verità a proposito di Dio senza l'aiuto della rivelazione. A
causa di questa dicotomia natura/grazia le facoltà razionali dell'uomo possono
sviluppare un sistema di verità basato su evidenze empiriche e in seguito
aggiungere ad esso la rivelazione divina come suo completamento. 2) Tommaso è
convinto che tutta l'esperienza umana si origini dai sensi. La mente non opera
nel vuoto, "non vi è nulla nell'intelletto che non sia stato
precedentemente nei sensi." 3) Per Tommaso l'essere si dispone secondo una
scala che vede alla sua sommità Dio e ai suoi piedi la materia bruta. Per C.Van
Til il discorso di Tommaso è errato. Van Til prende le mosse dall'esistenza di
Dio che ha rivelato se medesimo nelle Scritture. Ciò che la Scrittura pone come
dato fondamentale è la distinzione tra Creatore e creatura, pertanto esistono
non uno, ma ben due livelli di essere. Mentre Tommaso riteneva che vi fosse un
solo livello di essere variamente graduato, la concezione biblica ritiene che i
livelli siano due e pone quello creaturale in sottomissione al livello divino.
Detto altrimenti solo Dio è auto-sufficiente, nella divinità esiste una
bilanciata e perfetta comunione tra le persone della trinità. Al di sotto e
differente dal livello divino vi è il livello d'essere della creatura
concepibile solo come etero-sufficiente. Scopo di questo livello è esprimersi
in conformità al livello divino. Spostando il discorso dal livello metafisico a
quello epistemologico possiamo dire che i ragionamenti dell'uomo sono
certamente analogici, ma il loro contesto è quello della distinzione tra
creatore e creatura.
La conoscenza dell'uomo è analogica poichè essa è:
1) creata e
differente dalla conoscenza che Dio possiede;
2) soggetta al controllo e all'autorità di Dio.
La conoscenza di Dio è una "replica finita" della conoscenza di Dio.
La Bibbia insegna che vi sono due livelli di pensiero, l'assoluto e il
derivato, e due livelli di interpreti, Dio che interpreta in modo assoluto e
l'uomo che deve essere il ri-interprete della interpretazione di Dio. Possiamo
cogliere meglio la differenza tra la visione di Tommaso e quella cristiana
utilizzando i concetti di dissimilarità, similarità e dipendenza. In quanto
creature siamo distinti da Dio in relazione al nostro essere; il nostro essere
è simile all'essere di Dio in quanto ne è il riflesso e dipendiamo da Dio per
quanto concerne tutta la nostra conoscenza. Più che un analogia entis questa
potrebbe essere chiamata autentica forma di analogia fidei. L'uomo non è
semi-autonomo, dipende attualmente da Dio e deve conformarsi alla Sua
rivelazione. In contrasto alla nozione di analogia entis di Tommaso, dobbiamo
dire che la Bibbia sottolinea la distinzione Creatore/creatura. Vi è una
differenza tra Dio e l'uomo, e nel contempo una connessione tra Dio e uomo
(spesso ritenuta dai teologi espressione della imago dei) che si esprime come
dipendenza dalla conoscenza che Dio possiede. Questa dipendenza implica la
necessità per la conoscenza umana di conformarsi a quell divina quanto più
possible tenendo conto degli effetti sull'intelletto derivanti dal peccato. Da
quanto detto, risulta che è possibile usare la stessa terminologia di Tommaso
d'Aquino investendola con un nuovo significato è il caso di Van Til):
1) l'uomo
non è semi-autonomo, ma completamente dipendente da Dio. Se Dio non aiutasse la
ragione dell'uomo (credente e non credente) essa non potrebbe conseguire nessun
obiettivo.
2) la conoscenza umana non si confronta con "fatti bruti", poiché
questi ultimi non esistono. L'uomo è strutturato per reinterpretare i dati
sensori che Dio ha già pre-interpretato per lui. La rivelazione viene a noi
attraverso i nostri sensi, ma essa non è soggetta ai nostri sensi o alla nostra
ragione, piuttosto sensi e ragioni sono sottomessi alla rivelazione di Dio.
3) non vi è a causa della distinzione Creatore/creatura alcuna categoria di
essere in comune tra Dio e l'uomo. Dio è la sorgente, l'uomo è un derivato.
(autore:
Domenico Iannone)