La questione dell’obbedienza e della sottomissione alle autorità della chiesa, è più che mai una questione spinosa per la chiesa evangelica. Storicamente esistono tre tipi di ecclesiologie o concezioni del governo della chiesa: episcopale, presbiteriano e congregazionale.
E'
il sistema di governo seguito dal cattolicesimo, dalla chiesa anglicana (che
però rifiuta la supremazia papale romana), da alcune chiese luterane, e in un
periodo più recente dal metodismo e da qualche sparuto gruppo di evangelici.
In questo sistema di governo di tipo rigidamente gerarchico, al vertice troviamo
il papa (cattolicesimo) o l’arcivescovo (anglicanesimo), immediatamente al di
sotto di questi operano i presbiteri/sacerdoti (anglicanesimo) o i vescovi (cattolicesimo)
e in una posizione ancora subordinata, i diaconi. Alla luce di quanto detto
abbiamo pertanto 3 varianti confessionali di tale sistema: 1) anglicano, 2)
evangelico, 3) cattolico:
Nel
sistema anglicano i vescovi fanno riferimento ad arcivescovi, e tra costoro
primeggia come “primis interparis” l’arcivescovo di Canterbury. Nel sistema
evangelico gli anziani dell’assemblea locale o di più assemblee locali fanno
riferimento ad un vescovo o apostolo. Nel sistema cattolico i vescovi delle
città fanno riferimento all’autorità del papa.
Va preliminarmente ricordato che nel NT, non si fa differenza tra la persona del vescovo e quella del presbitero (Atti 20:17 con 20:28). Gli apologeti del sistema episcopale ritengono che gli episcopi assolvano la stessa funzione che fu degli apostoli citando quali loro peculiarità la possibilità di eleggere ed ordinare i presbiteri (Atti 6:6; 1 Tim. 4:14; Atti 14:23, vedremo tra breve come tali brani contestualmente possiedano tutt’altro significato). Fu solo nel periodo post-apostolica, che il ruolo di un singolo vescovo a capo della comunità si sviluppò a scapito della guida da parte di un gruppo di presbiteri (1 Tim. 4:14). Ciò fu determinato dall'esigenza di avere una guida forte nei periodi di persecuzione e nella polemica con gli eretici o forse anche dal desiderio di avere una liturgia uniforme non sottostante alle visioni personali dei vari presbiteri. L'organizzazione della chiesa successiva al tempo neotestamentario, come risulta dai testi extra-biblici, sembrerebbe sostenere tale sistema. Ignazio nei suoi scritti testimonia di questa tripartizione nelle chiese della Asia. Alla fine del II° sec. Ireneo e Tertulliano testimoniano della sua presenza in Gallia ed Africa. I testi extra-biblici in nostro possesso non testimoniano di una polemica nei confronti di tale sistema di governo. Ciononostante va ricordato che voci contrarie erano presenti (ad esempio la Didachè propone un ordinamento di tipo congregazionale).
Questo
sistema sottolinea la funzione degli anziani o presbiteri. I suoi assertori
in genere non sostengono che questo fosse l'unico tipo di governo presente nel
NT, anche se durante la riforma, le guide del movimento ritennero che con il
governo presbiteriano si stesse restaurando l'originaria forma di governo della
chiesa. È oggi asserito che lo Spirito Santo ha indotto uno “sviluppo” nel corso
della storia rispetto alle forme primitive di governo.
La
forma scritturale del “sistema presbiterano” è contenuta nell'Istituzione della
Religione Cristiana di Calvino. Il Signore Gesù è stato esaltato come Signore
sopra ogni cosa, esso è il solo capo e re della chiesa, il solo mediatore tra
Dio e gli uomini. Lui governa sulla propria chiesa direttamente per il tramite
della propria Parola e del Proprio Spirito, ma lui ha ordinato anche governatori
all'interno della chiesa. Tutti gli uffici all'interno della chiesa esistono
per sua decisione sovrana, solo Dio chiama ed equipaggia per il servizio. Nello
scegliere i propri ministri la chiesa non “sceglie” in assoluto, ma semplicemente
“riconosce” la chiamata di Cristo negli uomini che solo Lui può in realtà scegliere
(Istit. IV, 3, 10, 11 e 15). Calvino pensa che tale forma di elezione “congregazionale”
possa anche ridursi ad una scelta effettuata dai pastori e dai Magistarti in
modo congiunto. La forma scritturale di governo è necessaria per il suo benessere,
ma non essenziale per la sua esistenza. I ministri così eletti non posseggono
alcun potere civile, ma soltanto morale e spirituale, pertanto non possono infliggere
pene civili nè cercare l'aiuto del potere civile per esercitare la propria funzione.
Calvino si diede grande pena per individuare una classificazione logica delle
varie funzioni ecclesiastiche fondandole sui diversi doni dello Spirito. Intanto
riconobbe che alcune funzioni erano state accantonate (apostolo, profeta, evangelista).
Nelle Ordinanze del 1541 lui distingue quattro ministeri: pastore, insegnante
o dottore, diacono, presbitero o anziano, ma dall'edizione delle Istituzioni
del 1543 in poi egli fa menzione di solo 3 ministeri. Calvino pone una differenza
tra doni di insegnamento e doni di governo (1 Tim. 5:17; Rom. 12:8; 1 Cor. 12:28).
Il compito degli anziani è vegliare sull'applicazione delle regole di disciplina
all'interno della chiesa (talvolta gli anziani sono nelle stesso tempo pastori
ed anziani, evidentemente ciò dipende dalle loro capacità). I diaconi sono incaricati
della cura dei poveri, e basandosi su 1 Timoteo 5:9-10 Calvino individua due
tipi di diaconi, i primi servono la chiesa distribuendo le offerte ai poveri,
il secondo tipo si prende cura dei malati (Istit. IV, 3, 9).Tale sistema si
affermò in Svizzera, Germania, Francia, Paesi Bassi.
Nella
presbiteriana Confessione di fede di Westminster del 1646 all’articolo 31 è
affermato: “1) Per il migliore governo, ed ulteriore edificazione della chiesa,
vi dovrebbero essere delle assemblee, generalmente chiamate sinodi o concili
. 2) Poiché le autorità civili possono convocare legittimamente
un sinodo di ministri e di altre persone adatte con cui consultarsi e consigliarsi
riguardo a questioni di religione, così, allo stesso modo, se le autorità dovessero
essere nemiche dichiarate della Chiesa, i ministri di Cristo, in virtù del loro
ufficio, possono riunirsi in tali assemblee da soli oppure insieme a persone
adatte delegate dalle chiese. 3) I sinodi ed i concili hanno il compito ministeriale
di risolvere controversie di fede e casi di coscienza, di stabilire regole e
direttive per ordinare meglio il culto pubblico di Dio ed il governo della sua
chiesa, di ricevere proteste in casi di cattiva amministrazione e con autorità
risolverle. Questi decreti e delibere, se conformi alla Parola di Dio, devono
essere ricevuti con riverenza e sottomissione, non solo per il loro accordo
con la Parola, ma anche per l'autorità con cui vengono fatti, il che è un'ordinanza
di Dio, stabilita nella sua Parola. 4) Tutti i sinodi o concili fin dai tempi
apostolici, sia generali o circoscritti, possono errare ed molti hanno errato.
Perciò non devono essere considerati come la regola di fede o di condotta, ma
devono essere usati come un aiuto per entrambe. 5) I sinodi ed i concili non
devono trattare, né fare delibere su questioni che non siano ecclesiastiche;
né devono intromettersi negli affari civili che sono di competenza dello stato,
se non nei casi di un'umile petizione in casi eccezionali, o di consigli per
soddisfazione di coscienza se ciò viene richiesto dal autorità civile”.
Le chiese Presbiteriane accettano lo standard presbiteriano della Confessione Belgica, del Catechismo di Heidelberg, della Confessione di Westminister. La congregazione locale elegge una “sessione”, alla quale è delegato il “governo” dei propri affari. Tale sessione è presieduta da un anziano. Più sessioni formano un concistoro. Assemblee regionali prendono il nome prendono il nome di “presbitèri” e “classi”, più larghe assemblee il nome di “sinodi” e “assemblee generali”.
La diffusione di tale sistema avvenne in seguito all'arrivo nel XVI° sec. a Ginevra degli esiliati inglesi rifugiatisi colà per sfuggire alle persecuzioni di Maria la sanguinaria. John Knox e Christopher Goodman dopo l'accessione al trono di Elisabetta Tudor, tornarono in Scozia e diffusero il sistema presbiteriano, facendolo giungere sino all'Irlanda del Nord. L'Inghilterra non accettò il presbiterianismo quanto la Scozia. Dalla Scozia tale sistema emigrò in America, da dove i missionari l’esportarono in varie parti del mondo.
Come
il nome indica tale sistema di governo ritiene che l'assemblea locale dei credenti
è direttamente responsabile della guida della stessa assemblea, sono pertanto
rifiutati sinodi o concili aventi autorità superiore all’assemblea locale. I
brani sui quali questa concezione si fonda sono quelli in cui Cristo è considerato
come l'unico Capo della propria chiesa (Col. ) e quelli in cui la chiesa è considerata
composta da sacerdoti (1 Pietro )
Il congregazionalismo è un sistema affermatosi dopo la riforma. Alcuni riformatori rifiutavano decisivamente l'idea di un governo della chiesa esercitato dalla chiesa nel suo complesso. In Inghilterra sotto il regno di Elisabetta I (1558-1603), gli sforzi erano protesi all'affermazione di un'uniformita in senso episcopale, ma c'erano coloro che inclinavano ad una chiesa nazionale riorganizzata secondo principi presbiteriani. Altri rifiutarono ogni ipotesi di chiesa di stato e favorirono una chiesa composta da solo credenti, costoro vennero conosciuti come “Indipendenti”. Un inglese, Robert Browne (1553-1633), pubblicò in Olanda nel 1582 un trattato dal titolo “Reformation without Tarrying for Anie”, nel quale venivano esposti i principi della chiesa organizzata congregazionalmente: libertà di riunione, indipendenza da vescovi e magistrati, ordinazione degli anziani da parte di tutti i credenti. Molti in Inghilterra cercarono di mettere in pratica tali insegnamenti e constatata la difficoltà a causa delle autorità costituite, preferirono emigrare in Olanda. Furono i credenti della chiesa congregazionalista di Leida di John Robinson (1575-1625) a partire per l'America con la Mayflower nel 1620. Nel 1658 il punto di vista congregazionalista venne fissato nella Dichiarazione di Savoy, così come qualche anno prima il punto di vista presbiteriano era stato fissato nella Confessione di Westminster.
Il
sistema congregazionalista considera “responsabile” l’assemblea locale formata
da tutti i credenti in tutto ciò che concerne il proprio progresso spirituale
e la propria organizzazione . Il congregazionalismo riconosce che Dio è sovrano
sulla chiesa, ma per quanto concerne il suo governo è possibile solo l'esercizio
di una democrazia sottomessa alla Parola di Dio. Molti brani nella Scrittura
indicano il tipo di governo in uso nella chiesa delle origini; in Atti 14:23
e 2Cor. 8:19 (confronta quest’ultimo brano con 2 Cor. 8:23) è detto che la chiesa
elegge “per alzata di mano” (xeirotonein) anziani e diaconi; disciplina (epitimia)
a maggioranza i disordinati (1 Cor. 2:6); giudica in merito a questioni dottrinali
(Atti 15:4 con 15:6, 12, 22); invia missionari (Atti 13: 2-3).
Anziani e Diaconi
La
figura dell’anziano nel NT è chiaramente modellata su quella dell’AT; solitamente
le chiese evangeliche attribuiscono agli anziani il compito di predicare (1Tim.
3:2; Tito 1:9) e governare la comunità locale (il brano di 1Timoteo 3:4-5
mette in stretta relazione la cura e il governo della chiesa, come ufficio principale
dell’anziano: “che governi (proistamenon) bene la
propria famiglia e tenga i figliuoli in sottomissione e in tutta riverenza (che
se uno non sa governare (prosthnei) la propria famiglia,
come potrà aver cura (epimelhsetai) della chiesa di Dio?)”.
L’ufficio
dell’anziano è dunque connesso all’avere cura della chiesa (il termine “avere
cura” (epimelhsetai) ricorre ancora nel NT soltanto
nella parabola del “Buon Samaritano”), e al “governare” (proistamenon
e
prosthnai derivano dal greco proisthmi che significa “stare avanti” o “presiedere” vedi
anche Rom. 12:8; 1Tim. 5:17).
Ai
diaconi si attribuiscono solitamente funzioni di tipo pratico-amministrativo,
ciò però non offre sufficiente conto delle peculiarità della funzione del diacono.
Il termine diakonos possiede nel NT un’accezione tecnica ed una non
tecnica. Nell’accezione tecnica indica quei credenti o quelle credenti (Febe
diaconessa della chiesa di Concrea ne è un esempio, Rom 16:1-2) in cui la chiesa
riconosce doni e carattere appropriati per la continuazione del servizio cristiano
(1Tim. 3:8, 12).
In
un senso non tecnico con i termini diacono e diaconessa (servitore e servitrice) vengono indicati ciascun credente del corpo
di Cristo nell’esercizio della propria vocazione. Mat. 20:26 (chi vuol essere
grande deve essere diacono di tutti i credenti), Giov. 12:26 (chi segue Gesù
è un suo diacono). Cristo è diacono dei circoncisi (Rom. 15:8), Paolo chiede
ai propri interlocutori se essi considerino Cristo diacono di peccato (Gal.
2:17 trad. ministro). Paolo e Apollo con i rispettivi doni sono diaconi per
mezzo dei quali i corinzi hanno creduto (1Cor. 3:5, trad. ministri), allo stesso
modo è un diacono Tichico (Ef. 6:21; Col. 4:7 trad. ministro). Paolo si considera
diacono di un nuovo patto (2Cor. 3:6; Ef. 3:7, Col. 1:23, 25), diacono di Dio
(2Cor. 6:4 trad. ministro), Paolo e Timoteo si indirizzano ai filippesi in qualità
di diaconi (Fil. 1:1 trad. servitori, 1Tim. 4:6 trad. ministro, una variante
di 1Tess. 3:2 afferma che Timoteo è un diacono, mentre il “testo critico” lo
definisce collaboratore sunergon). Il compagno di servizio di Paolo, Epafra è un
fedele diacono di Cristo (Col. 1:7). Nel
NT vengono definiti diaconi anche le autorità civili (Rom. 13:4-6, Luzzi traduce
il termine con “ministri”), e i falsi maestri (2Cor. 11:15, 23 trad. ministri).
In
un senso “tecnico”, diaconi sono coloro che sono stati riconosciuti ufficialmente
come “servitori” dall’assemblea dei credenti. Va osservato che i criteri per
la selezione dei diaconi appaiono molto severi: in Atti 6:3 uomini dotati di
“buona testimonianza, pieni di spirito e di sapienza”; allo stesso modo in 1Tim. 3:8-13 è detto: “Parimente i diaconi debbono esser dignitosi,
non doppi in parole, non proclivi a troppo vino, non avidi di illeciti guadagni;
uomini che ritengano il mistero della fede in pura coscienza. E anche questi
siano prima provati; poi assumano l'ufficio di diaconi se sono irreprensibili.
Parimente siano le donne dignitose, non maldicenti, sobrie, fedeli in ogni cosa.
I diaconi siano mariti di una sola moglie, e governino bene i loro figliuoli
e le loro famiglie. Perché quelli che hanno ben fatto l'ufficio di diaconi, si
acquistano un buon grado e una gran franchezza nella fede che è in Cristo Gesù”.
Rispetto ai criteri forniti per
la scelta degli anziani in relazione all’individuazione dei diaconi non è fatta
menzione né alla capacità di insegnare, né al governo della chiesa (anche se
i diaconi non diversamente degli anziani debbono essere capaci di governare
la propria famiglia). Ciò risulta anche in linea con alcune intuizioni di Calvino
che distingueva tra pastorato e dottorato sulla base della convinzione che al
pastore (coadiuvato da anziani laici che affiancano il pastore per assisterlo
nell’esercizio della disciplina Istit. IV, 3, 9) spettasse il compito di governare
l’assemblea dei credenti: “il pastore istruisce il popolo nella dottrina cristiana,
amministra i sacramenti, corregge gli errori con sagge ammonizioni usando la
disciplina paterna usata da Gesù” (Ist. IV, 3, 6). Ciò che appare interessante
nelle sue argomentazioni è che l’esercizio della predicazione non è necessariamente
connesso al “governo” della chiesa.
La distinzione tra anziani e diaconi sembrerebbe essere la seguente: mentre i primi hanno come peculiarità del proprio servizio l’insegnare e il governare la chiesa, i secondi possono essere riconosciuti quando in possesso di doni quali quelli musicali, evangelistici, amministrativi, manuali, di assistenza ai poveri, agli anziani, ai bambini, di insegnamento, di esortazione, ect. Non dovrebbe sorprendere la possibilità di avere “diaconi insegnanti”, poiché l’esercizio del governo non è necessariamente connesso alla predicazione, né “diaconi evangelisti” in quanto l’evangelizzare non necessariamente individua un anziano, neppure quando questi doni sono espressi in un contesto di carattere sottomesso alla volontà di Dio. Inoltre mentre una donna anche in possesso di doni di predicazione non può diventare anziano (essendo questo ufficio attribuibile solo a maschi) può certamente essere riconosciuta come diaconessa.
Elezione di Anziani e Diaconi
Nel brano di Atti 6:1-3 è detto che gli apostoli affidarono alla chiesa il compito di cercare degli uomini che si occupassero dell’assistenza (diakonia) quotidiana alle vedove. E’ questo il brano che sovente è utilizzato per definire le mansioni specifiche dei diaconi : “cercate di trovare (episkeposasqe) fra voi sette uomini, dei quali si abbia buona testimonianza, pieni di Spirito e di sapienza, e che noi incaricheremo (katasthsomen) di quest'opera.” In questo brano sono molto importanti i due verbi segnati in rosso (quella tra parentesi e la trascrizione in caratteri greci dei verbi originali); l'assemblea intera “cerca di trovare” dei diaconi, sulla base dei criteri forniti dagli apostoli, e alla fine della ricerca gli apostoli “incaricano”. Nel brano di Tito 1:5, dove è in questione l'elezione degli anziani, Tito è incaricato da Paolo di “costituire” (katasthshn) anziani. In questo brano è utilizzato il medesimo verbo tradotto in Atti con “ordinare”, e sulla base di Atti sappiamo che esso non significa certamente “eleggere”.
Tito era stato inviato non ad eleggere anziani, ma ad informare le assemblee
cristiane in merito ai criteri da usare per l'elezione, tali criteri sono esposti
in Tito 1:6-9. Effettuata l'elezione, il compito di Tito sarebbe stato
quello di “incaricare o ordinare” gli anziani
eletti. In Atti 6, gli apostoli avevano “incaricato” i diaconi dando loro istruzioni
onde farli essere servitori sottomessi al Signore, non diverso sarebbe stato
il compito di Tito, egli avrebbe incaricato gli anziani dando loro istruzioni
onde farli essere servitori fedeli.
A
proposito di questi uomini eletti per provvedere all’assistenza quotidiana alle
vedove, va detto che il brano di Atti 6:1-6 non li qualifica mai diaconi; comunque
sia ritroviamo poco più tardi Filippo a Samaria svolgere opera di evangelista
e sulla via da Gerusalemme a Gaza, predicare all’eunuco etiopo (Atti 8:4-40,
in Atti 21:8 la forma verbale utilizzata ricorda che al presente Filippo è
evangelista ed uno dei sette).
Per quanto concerne il termine “eleggere” (eklegein), esso è usato in: Atti 6:5, dove si evince che esso indica un'elezione da parte di tutti i membri della comunità; il termine è usato ancora in Atti 15:22, dove è detto che apostoli, anziani e chiesa tutta, mandarono “certi uomini scelti (eklexamenous che è il participio di eklegein) fra loro”. Tali uomini, eletti dall'assemblea, avrebbero dovuto ratificare con la propria presenza quanto deciso dalla chiesa di Gerusalemme.
Questi pochi esempi testimoniano che dove nelle Scritture si fa riferimento all'elezione di anziani, diaconi o incaricati per compiti speciali, essa è sempre promossa da tutta la chiesa.
Nella Scrittura troviamo anche altri termini che indicano diffusa la prassi dell'elezione comunitaria: in 2Corinzi 8:19, è detto che Tito “è stato eletto (ceirotoneqeis) dalle chiese” per affiancare Paolo nell'opera di raccolta di fondi per aiutare i poveri. Il termine tradotto in italiano “eleggere”, in greco significa “alzare la mano”. Con ciò ci viene detto come le elezioni dovevano avvenire: in modo pubblico per alzata di mano. Anche in Atti 14:23 a proposito dell'elezione degli anziani, è usato il medesimo verbo greco “e fatti eleggere (ceirotonhsantes) per ciascuna chiesa degli anziani ect.”. Paolo istruì le comunità cristiane affinchè si elegessero degli anziani, e tale elezione fu effettuata per alzata di mano.
A volte coloro che affermano che nella chiesa non vi è democrazia ma solo monarchia divina, desiderano piuttosto affermare che nella chiesa esercitano un potere assoluto e dunque inquestionabile, gli anziani o il pastore. Il modello presbiteriano, che tanti consensi raccoglie in questo momento nel mondo evangelico italiano, oltre ad essere poco biblico, risulta essere un modo per de-responsabilizzare la chiesa a vantaggio dell'affermazione di una sorta di classe semi-sacerdotale, quella degli anziani. In molte comunità evangeliche, il modello congregazionale viene utilizzato solo per l'elezione dei diaconi e degli anziani, dopodichè ad esso subentra una guida di tipo presbiteriano (comunità guidata da anziani/pastori). Anche quest'ultima opzione non dà conto a sufficienza dell'insegnamento scritturale. La chiesa secondo l'ecclesiologia congregazionale è una comunità il cui “rito” fondamentale è la comunione, pertanto qualsiasi azione ,anche quella disciplinare, deve essere preceduta dalla preghiera, dalla bontà e da un'amorevole cura nei confronti del prossimo. Invece di disquisire esclusivamente del peccato di qualche suo membro. La congregazione deve essere un luogo di preghiera e di cura pastorale. I brani biblici in tal senso sono tanto abbondanti da non potere essere tutti citati, ad esempio in Matteo leggiamo 5:23, 24; 6:12; 18:21; 23:28; 25:31-46. In Luca troviamo 10:27-37 (la parabola del Buon Samaritano) e 14:12-14. La regola che unifica tutti questi brani è quella di Giovanni 15:15-17 dove i credenti sono chiamati ad amarsi gli uni gli altri. Qualsiasi chiesa che cessa di essere la famiglia di Dio per divenire una corte di giustizia ha già fallito il proprio obiettivo. In tale ottica, gli anziani non possono rimpiazzare le funzioni dei membri della famiglia di Dio e ridurre i doveri della chiesa al compito di assistere gli anziani nel proprio lavoro. La vita della chiesa dipende dalla sua ubbidienza alla Parola di Dio, essa solo impedisce l'anarchia e la morte. In Giovanni 7:17 è affermato che la conoscenza dipende dall'obbedienza, una congregazione inattiva è una congregazione ignorante. La sottomissione a Dio non è inazione, ma intercessione, evangelizzazione, predicazione, elemosine, cura nei confronti del prossimo ect. Secondo la dottrina congregazionalista la sottomissione principia con la vita che dipende “da ogni parola che procede dalla bocca di Dio” (Mt. 4:4). Per quanto concerne la sottomissione ai fratelli, agli anziani e alle autorità secolari vale la regola “noi dobbiamo obbedire a Dio piuttosto che all'uomo” (Atti 5:29). Così come lo scopo di uno stato civile non-cristiano è limitato (anche nel caso di uno stato cristiano), allo stesso modo uno stato-ecclesiastico è uno strumento di giustizia, non la salvezza. La salvezza procede da Dio. Come il credente lotta contro ogni forma di stato coercitivo così deve lottare contro qualsiasi forma di chiesa coercitiva, usando i mezzi che Dio gli mette a disposizione: la Sua Parola.
(autore: Domenico Iannone)