Le
definizioni di subordinazionismo sono largamente divergenti. Storicamente ne
contiamo almeno tre: Origeniano, Monarchiano, e Ariano.
Origene
(185-254) fu uno dei primi ad usare il termine ortodosso “consustanziale” (homoousios)
e “eterna generazione del Figlio”, ciononostante non si avvicinò mai alla
confessione nicena di coegualità del Padre e del Figlio. Origene
considerava il Figlio come una specie secondaria di divinità, un Theos
Deuteros. In tale
prospettiva il Padre era considerato Dio in senso stretto, ho theos, autotheos.
Pertanto homoousios non indica una identità di sostanza quanto piuttosto
una unione morale di volontà identiche, la divinità del Figlio è posseduta solo
per partecipazione. La “eterna generazione” del Figlio non è nulla più che una
eterna emanazione di tipo neo-platonico. Origene aggiunge che la generazione
del Figlio non avviene per “necessità”, ma dipende piuttosto dalla volontà
divina, ciò implica che il Figlio non è Dio in un senso pieno, ma soltanto una
creatura, anche se la prima e potente abbastanza da mediare tra Dio e il mondo.
Origene rigettò la tesi ariana che vi fu un tempo quando il Figlio non era. Ma
tale affermazione era fatta sulla base di un presupposto non ortodosso. Egli
aderiva alla filosofia del Logos,
secondo la quale il Figlio era la Ragione o Sapienza di Dio Padre. Il Padre è
inconcepibile senza la propria Ragione o Sapienza. Origene impiega anche
l’analogia della luce-radianza per spiegare il rapporto Padre-Figlio. Inoltre
l’immutabile Dio non poteva divenire Padre in un certo momento del tempo.
1) Origene
rigetta la teoria secondo la quale il Figlio è senz’altro eterno ma Egli è
prima l’impersonale Logos di Dio e solo in seguito acquista una personalità.
Tale teoria era una negazione dell’eternità del Figlio, che Origene non poteva
armonizzare con la credenza in un Padre eterno. Egli ritiene che l’impersonale
Sapienza di Dio sia diversa dal Figlio personale. In modo rivoluzionario egli
afferma che una negazione della personalità del Figlio conduce logicamente alla
negazione del Figlio.
2) Origene
rigetta la visione materialistica dell’essenza divina (Tertulliano) secondo la
quale il Figlio è una porzione del Padre, preferendo usare l’analogia della
psiche umana: il Figlio è simile ad un atto della volontà che procede
dall’intelletto.
Molte delle conclusioni di Origene sono dedotte
dal suo concetto di Dio piuttosto che dalla Bibbia, egli sembra credere più nel
Dio del platonismo che in quello della Scrittura. La natura platonica della
teologia di Origene spiega molte delle sue dottrine meno bibliche: 1) Dio è
limitato dalla logica, Dio non può fare ciò che è contrario alle leggi di
natura, 2) Vi sono tre esseri eterni: Dio, Logos, e logikoi. Dio
è in senso pieno solo il Padre che è assolutamente trascendente rispetto alla
materia e pertanto non può avere alcun contatto con il mondo materiale. I logikoi
sono gli esseri razionali incluse le anime umane. Il Logos, è una
categoria di essere a metà tra due esseri incompatibili, cioè Dio e i logikoi.
Il Figlio appartiene a questa categoria intermedia. Per il platonismo
l’Assoluto e il molteplice per potere entrare in contetto, hanno bisogno di un
essere che sia semplice e complesso al medesimo tempo. Il Figlio è
platonicamente paragonato alle epinoiai (aspetti) del Logos, per
sottolineare le differenza gerarchica ed ontologica tra Padre e Figlio. Il
Figlio esiste solo per legare il mondo a Dio, e pertanto il Logos e il mondo
sono eterni. Allo scopo di evitare contraddizioni con l’idea biblica di
creazione del mondo Origene inventa l’idea di “creazione continua”. Tale idea è
fondata su una errata comprensione della natura degli attributi di Dio, per
Origene se Dio fosse passato dal non-creare al creare, sarebbe mutato; inoltre
se il Padre è onnipotente deve esservi sempre stato qualcosa su cui esercitare
tale potere. Origene introduce anche l’idea di “continua generazione” del
Figlio. La coeternità di Dio del Logos e del mondo non era compatibile con la
dottrina biblica della creazione, perché essa creava un interruzione nella
relazione tra Dio e Logos da una parte e il mondo dall’altra, veniva pertanto
congetturata una “continua creazione” del mondo con relativa “continua
generazione” del Figlio.
Il Logos è
inferiore a Dio ma superiore al mondo. Solo il Padre è Dio in senso stretto (ho theos) e vero Dio (alethinos
theos), mentre il Figlio è solo uno degli dèi (theoi) o
semplicemente un dio (theos) senza articolo determinativo, o anche un
“Dio secondario” (theos deuteros). Anche se Origene è il primo ad usare
il termine homoousios , la sua non è una dottrina biblica della Trinità.
Sebbene il Figlio appartenga ad una categoria intermedia tra il Padre e il
mondo creato, egli è più affine al mondo che al Padre, essendo entrambi
caratterizzati dalla molteplicità, se il Figlio e lo Spirito trascendono i logikoi,
essi sono a loro volta trascesi dal Padre. Anche se Origene non chiamava il
Figlio una “creatura”, il suo sistema teologico va in questa direzione, specie
quando afferma che il Figlio è “il primogenito di tutte le creature” (Col
1:15).
Origene crede nella incessante generazione del
Figlio, criticando l’empietà di utilizzare l’analogia della generazione umana
per spiegare la divina generazione del Figlio, rifiutando di spiegare il “come”
della generazione. In contraddizione a questo assunto cerca di spiegare il
“come” utilizzando l’analogia della luce.
L’insegnamento di Origene fu condannato come
eretico nel secondo Concilio di Costantinopoli (553), ciononostante questo
teologo non perse la propria influenza, tanto che qualsiasi teologia
problematica della Trinità trova il proprio ispiratore in Origene:
trinitarismo-economico, analogia psicologiche, incessante generazione del
Figlio.
Il
Monarchianesimo è un ulteriore tipo di subordinazionismo, interessato ad
affermare una radicale unità di Dio (non diversamente dai sociniani e dagli
unitariani). Paolo di Samosata, esponente del “monarchianesimo dinamico”,
affermava la homoousios del Figlio con il Padre. Il Logos e lo Spirito
Santo sono soltanto attributi o poteri, impersonali di Dio, non diversamente
dalla ragione e dallo spirito dell’uomo. Il logos gradualmente penetrò
nell’uomo Gesù e lo deificò. Questa è una cristologia adozionista, che separa
Gesù dal Logos presistente. L’eternità della divinità di Gesù e l’eterna
generazione sono rigettate, la sua figliolanza è solo temporale. Il Modalismo
monarchiano perviene alle medesime conclusioni.
L’Arianismo
fu influenzato dal Monarchianesimo, perchè entrambi distinguono tra il Logos
che è immanente in Dio, una semplice energia divina, e il Figlio o Logos
incarnato che ebbe un inizio nel tempo. Il Figlio fu “creato dal nulla” prima
che il mondo fosse creato. Ario credeva nella pre-esistenza del Figlio ma non
nella sua eredità. Il Figlio è inferiore al Padre a causa della propria
creazione temporale. L’arianesimo fu condannato al Concilio di Nicea con
l’integrazione della homoousios, con la dottrina della eterna
generazione del Figlio. Senza il concetto di eternità, la generazione è
degradata nella creazione. L’eterna generazione è incompatibile con il
subordinazionismo. Essere un figlio non implica essere necessariamente
inferiore al padre, anche se il binomio culturale “padre-figlio” può richiedere
più o meno obbedienza, rispetto e cortesia. I subordinazionisti “ortodossi”
guardavano con sospetto alla espressione “eterna generazione”, perchè temevano
che essa minacciasse la piena divinità del Figlio, senza però comprendere che
la loro credenza subordinazionista implicava il tri-teismo.
Il tri-teismo ritiene che le tre persone della
trinità non sono consustanziali. Il monoteismo giudaico o islamico accusano il
cristianesimo di triteismo o politeismo. Il Dio triuno del cristianesimo non è
tre dei ma un Dio, e il termine persona si riferisce a ciascuna distinto
individuo della famiglia divina, ciascuno di cui possiamo chiamare “Dio”, ciò è
possibile perché le persone sono homoousios. Il Figlio è generato dal
Padre e lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio. Senza la eterna
generazione del Figlio non possiamo spiegare homoousios e salvaguardare
la coegualità del del Figlio con il Padre.
Nella storia della chiesa vi sono stati due tipi
di tri-teismo: Subordinazionista e Aristotelico. Solitamente il
subordinazionismo si distingue dal tri-teismo, ma vi è una connessione tra loro
a causa dell’idea pagana di panteismo. Questa era presente nella concezione
ariana della Trinità, che afferma in una superiore deità e in una coppia di
deità subordinate.
Nel 6° sec. un ulteriore tipo di tri-teismo fece
la propria apparizione. Esso è conosciuto come tri-teismo aristotelico ed è
incapace di distinguere tra persona e natura. Fece la prima apparizione nella
chiesa Monofisita, e in seguito tra i Nominalisti quali Roscellino (d.c. 1125),
Gilbert de la Porree (c. 1084-1154), e Gioacchino da Fiore (c. 1132-1202), che
furono accusati di insegnare tri-teismo e condannati al Concilio di Soissons,
di Reims e il 4° Concilio Laterano. Tale forma di tri-teismo medievale
differisce dal triteismo ariano, e lo standard del Concilio Laterano era non
ortodosso facendo riferimento all’affermazione di Tommaso d’Aquina “in Dio,
Natura e Persona sono identici”. Essi erano sotto la forte influenza della
filosofia aristotelica, specialmente la distinzione di sostanza in “sostanza
prima” (prote ousia) e “sostanza seconda” (deutera ousia). La
“sostanza prima” si riferisce alle sostanze individuali, mentre la seconda alla
generica sostanza. Quando questa distinzione fu applicata alla dottrina
cristiana della Trinità, la “sostanza prima” della Trinità fu intesa nel senso
di proprietà individuali (he idikotate phusis), e la “sostanza seconda”
come la sostanza “comune” (koine) condivisa dalle tre persone. Tutto ciò
rappresenta una chiara confusione nell’uso dei termini trinitari. Il trinitarianismo
ortodosso è molto accurate nella scelta dei termini, e non chiama la “sostanza
prima” una “sostanza” o una “natura” allo scopo di evitare confusione tra
natura e persona. Sostanza è ciò che Dio è, mentre Persona è chi Dio è e fa. La
distinzione aristotelica riduce la sostanza divina a qualcosa di comune, tale
distinzione minaccia l’unità della sostanza divina, ossia la homoousios,
e solleva problemi tri-teistici.
Il 4° Concilio Lateranense condannò il tri-teismo
sulla base della concezione neo-platonica della divina semplicità, e non sul
terreno della dottrina dello homoousios di Nicea.
La filosofia nominalista fece in modo che l’espressione
nicena “tre persone in una sostanza” diventasse “tre particolari in un universale”.
Tale astrazione distrasse Roscellino dalla ontological unità per generazione
e processione alla sociale unità di volontà e potere e di conseguenza al triteismo.
Anche le affermazioni di Giocchino da Fiore (un eroe del moderno liberlismo
che confonde natura e persona) andavano oltre lo homoousios niceno.
Convinto che la credenza in una sostanza avrebbe condotto al modalismo sabelliano,
suggerì che le tre persone debbono avere tre distinte ma simili sostanze
“similitudinarie” che non è concetto lontano dalla homoiousios
semi-ariana. La loro unità non è di singolarità ma di identità, una assimilativa
e collettiva unità. Se vi fosse una singolare unità delle tre persone, esse
si distinguerebbero solo nel nome ma non nella realtà. Il risultato è quello
di ridurre l’unità della trinità a un’unione morale di tre dei. La dottrina
della eterna generazione è accantonata come non sicura e appropriata anche
se non è del tutto negata.