Olimpia Fulva Morato
(1526-1555)
di Domenico Iannone
Filippesi 3:7 Ma le cose che m'eran guadagni, io le ho reputate danno a cagion di Cristo. 8 Anzi, a dir vero, io reputo anche ogni cosa essere un danno di fronte alla eccellenza della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale rinunziai a tutte codeste cose e le reputo tanta spazzatura affin di guadagnare Cristo, 9 e d'esser trovato in lui avendo non una giustizia mia, derivante dalla legge, ma quella che si ha mediante la fede in Cristo; la giustizia che vien da Dio, basata sulla fede; 10 in guisa ch'io possa conoscere esso Cristo, e la potenza della sua risurrezione, e la comunione delle sue sofferenze, essendo reso conforme a lui nella sua morte, 11 per giungere in qualche modo alla risurrezione dai morti. 12 Non ch'io abbia già ottenuto il premio o che sia già arrivato alla perfezione; ma proseguo il corso se mai io possa afferrare il premio; poiché anch'io sono stato afferrato da Cristo Gesù. 13 Fratelli, io non reputo d'avere ancora ottenuto il premio; ma una cosa fo: dimenticando le cose che stanno dietro e protendendomi verso quelle che stanno dinanzi, 14 proseguo il corso verso la mèta per ottenere il premio della superna vocazione di Dio in Cristo Gesù. 15 Sia questo dunque il sentimento di quanti siamo maturi; e se in alcuna cosa voi sentite altrimenti, Iddio vi rivelerà anche quella. 16 Soltanto, dal punto al quale siamo arrivati, continuiamo a camminare per la stessa via.
Il brano di Filippesi 3:7-16 si attaglia
particolarmente bene alle vicende dell’italiana Olimpia Fulvia Morato (1526– 25
ottobre 1555). Costei nacque a Ferrara e fu la figlia di un grande studioso
italiano Fulvio Pellegrino Morato (1483 - 1548), che pubblicò tra l’altro un trattato Del
significato de Colori, a Venezia nel 1535 che vedrà ben otto edizioni;
nell'appendice si soffermava sul simbolismo e sul linguaggio dei fiori: a
determinati fiori corrispondevano specifiche frasi o pensieri. Scrisse anche su
argomenti meno frivoli, tra cui apprezzate edizioni critiche di opere di Dante
e Petrarca. Sposò Lucrezia Gozzi e per le proprie simpatie protestanti Morato
lasciò Ferrara nel 1532 mentre era duca di Ferrara, Alfonso d’Este padre di
Ercole. Fu assunto come “lettore” (o professore) all'Accademia di
Vicenza per sette anni (1532-1539) dove si fece notare per la propaganda
anticlericale, la lettura ai suoi allievi di testi quali la Christianae
religionis institutio di Calvino. A causa della minaccia degli inquisitori
di Vicenza, Morato si trasferì a Ferrara, alla corte di Renata d’Este cognata
di Francesco I re di Francia e protettrice della riforma protestante, quando
Ercole d’Este divenne governatore della città. Morato venne assunto in qualità
di precettore dei figli di Renata d'Este. All'età
di 14 anni, Olimpia divenne compagna di studi della principessa Anna d'Este
(1531-1607), figlia di Renata d'Este, e cinque anni più giovane di lei, insieme
furono educate da due precettori, i fratelli Johann e Kilian Sinapius,
originari di Schweinfurt, nella Baviera settentrionale. Olimpia si rivelò un genio
precoce in greco, latino, astronomia, botanica, zoologia e meteorologia, ad
esempio era capace di conversare fluentemente in greco e latino,
riuscendo persino a dare pubbliche conferenze su Cicerone, scrivendo commentari
su Omero e componendo poemi, dialoghi e orazioni tanto in latino quanto in
greco. Nel 1541 per influenza di Celio Secondo
Curione, Fulvio Pellegrino ed Olimpia allora quindicenne, si convertirono al
protestantesimo. Nel 1547, Fulvio Pellegrino si ammalò, ed Olimpia
lasciò la corte per aiutare la madre nell’assistenza del padre, che tuttavia
morì l’anno dopo. Olimpia tornò alla corte estense, ma molte cose erano mutate:
Anna aveva lasciato Ferrara e si era sposata, mentre Ercole d’Este si era
piegato alle pressioni di Roma che gli chiedeva di perseguitare i protestanti
che ospitava a corte. Nel giro di pochi anni, a causa
della crescente pressione dell'Inquisizione e dei Gesuiti sul Duca Ercole II
(1543-1559) (che aveva confinato la protestante moglie Renata nel palazzo
di San Francesco), Olimpia si trovò in una situazione sempre più difficile
anche a causa del suo essere in corrispondenza con la nobile Lavinia della
Rovere, Vergerio (il vescovo cattolico d'Istria passato alla Riforma), e Celio
Secondo Curione (un inquisito per eterodossia, che dovette scappare Oltralpe
per sfuggire all'arresto).. Decise allora di ritirarsi nella casa materna, dove
nell'inverno 1549 sposò il medico riformato Andreas
Grundler (ca. 1506-1555), anch'egli di Schweinfurt come i fratelli Sinapius
precettori di Anna d’Este, e che si era laureato in medicina a Ferrara.
In occasione del proprio matrimonio, Olimpia compose una preghiera in greco in
cui si legge: “O Signore dall'immenso potere, Supremo fra tutti i signori, che
formasti una stirpe maschile e una femminile, che al primissimo uomo donasti la
sua compagna, onde mai la razza umana dovesse perire, e volesti che le anime
dei mortali andassero in sposa a tuo Figlio, e che questi per lei desse la
vita, concedi ora felicità e concordia ai nubendi, poiché Tu hai istituito
l'amplesso nuziale”. Nella primavera 1550, insieme a
Lavinia Franciotti della Rovere Orsini, cercò inutilmente di intercedere per la
liberazione del fornaio di Faenza, Fanino Fanini, imprigionato come predicatore calvinista e successivamente giustiziato
il 22 agosto dello stesso anno. Ciò insieme alle crescenti persecuzioni messe
in atto dall’Inquisizione contro i protestanti italiani convinsero Olimpia, il
marito ed il fratello Emilio di otto anni ad emigrare in Germania nell'estate
1550, lasciando in Italia la madre e le sorelle.
Si stabilirono a Schweinfurt in Baviera, dove Andreas fu nominato
medico della città e dove Olimpia,
incoraggiata da Curione, tradusse i Salmi in greco, mantenendo una fitta
corrispondenza con i riformatori europei. Il questo periodo il marito,
ricevette un' allettante proposta di lavoro da parte del
"cattolicissimo" Ferdinando d'Austria, quella di occupare una
cattedra di medicina. Olimpia rispose con queste parole al messo che le aveva recato
la prosta dell’imperatore: “Apprezziamo molto la vostra generosa offerta e
saremmo lieti di accettare, se non ci fossero ostacoli. Voi dovete sapere che
noi militiamo sotto la bandiera di Cristo e non possiamo tradire ... Ho seguito
mio marito oltralpe e sarei felice di viaggiare per terra e per mare, perché
ogni terra è la nostra patria, purché non ci vengano imposti i riti romani.”
All’amica Lavinia Franciotti scrisse: “La mia unica
consolazione nell'essere lontana da te è che qui posso procurarmi dei libri di
teologia". Ad Anna d’Este, scrisse: “Il modo in cui Dio ha trasformato il
mio cuore è stupefacente. Mentre una volta provavo avversione per la teologia,
ora non c'è nulla che mi appassioni di più. Ricchezze, onori e favori dei re
non sono nulla. Soltanto quella fede che noi abbiamo in Cristo può salvarci
dalla morte eterna. Non basta conoscere la storia di Cristo: anche il diavolo
la conosce. Deve essere quel tipo di fede che è attiva nell'amore”. Anche se
lontano dall'Italia, Olimpia continuò a corrispondere con i suoi amici,
inviando loro anche alcuni scritti di Lutero.
Nell'aprile 1553, durante la cosiddetta Seconda Guerra dei
Margravi (1552-1555), Schweinfurt fu occupata da Albrecht Alcibiades di
Brandenburg-Kulmbach (margravio: 1551-1554), ma la peste colpì occupanti e
cittadini, e peggio ancora la città fu assediata dalle truppe avversarie di
Weigand von Redwitz (1522-1556) e Melchior Zobel von Guttenberg (1544-1558),
principi-vescovi rispettivamente di Bamberg e di Würzburg. La capitolazione
avvenne nel giugno 1554, dopo ben 13 mesi di assedio.
La città fu presa e data alle fiamme, Olimpia perse
beni e manoscritti nell’incendio, mentre lo stesso Andreas fu fatto prigioniero. Dopo la sua
liberazione, vagarono per un mese di città in città, mentre la salute di
Olimpia peggiorava a causa di frequenti attacchi di malaria. Nel luglio 1554, i
conti di Erbach, Georg V (1539-1569) e Valentin II (1539-1563), offrirono a
Grundler un posto di professore in medicina all'università di Heidelberg e
l'umanista Jacobus Mycillus (nome umanistico di Jacob Moeltzer) invitò Olimpia
a dare lezione di greco. L’Università di Heidelberg era divenuta
protestante dopo che Lutero nell’aprile del
1518 vi aveva tenuto una celebre disputa, ed era rinomata per la qualità
e libertà delle ricerche che vi si svolgevano. Olimpia spese gli ultimi due anni della propria
vita a stretto contatto con gli studiosi di tale università, riuscendo a ricostruire, a memoria, alcuni suoi poemi
distrutti, a riformare una nuova biblioteca con l'aiuto di Curione e a
riprendere i contatti con i più famosi riformatori, come Pier Paolo Vergerio, a
cui chiese invano di tradurre il Grande Catechismo di Lutero in italiano, ritenendo che potesse essere di grande utilità "ai
nostri italici, specialmente alla gioventù" . Olimpia morì di
tubercolosi, e fu sepolta nel cimitero di St. Peter's Church, raggiunta
poco dopo dal marito e dal fratello alcune settimane
dopo, uccisi dalla peste.
Celio Secondo Curione, pubblicò l'opera omnia di Olimpia, presso
Pietro Perna, nel 1558 (le ristampe aggiornate furono del 1562, 1570 e 1580).
La vita di Olimpia fu breve e difficile per una donna brillante ed intelligente, che venne a contatto con nobili ed intellettuali. Da devota credente dichiarava: “Il valore di una vita non deriva dall’intelligenza, ma dai conflitti e dalle prove.” Olimpia ebbe certamente conflitti e prove, ma sentì sempre che essi erano per la sua crescita e progresso spirituali. Noi credenti siamo soventi molto timidi nei confronti delle prove e vorremmo tenere al riparo i nostri figli dalle sofferenze, ma in realtà gli uomini prosperano solo in situazioni di prova. Probabilmente molti problemi attuali sono determinati dall’incontrollato desiderio di sfuggire le prove. Il termine biblico per “purezza” significa proprio “prova, raffinamento tramite il fuoco”. Tendiamo a ritenere la purezza qualcosa di fresco, virginale, incellophanato. Olympia fu grata a Dio per le prove da attraversate. Possiamo pregare che noi e i nostri cari si possa essere risparmiati dagli estremi delle prove, ma non possiamo pregare di essere risparmiati dalle prove, poichè sono il mezzo che Dio sceglie per santificarci: “l'opera d'ognuno sarà manifestata, perché il giorno di Cristo la paleserà; poiché quel giorno ha da apparire qual fuoco; e il fuoco farà la prova di quel che sia l'opera di ciascuno.” (1 Cor. 3:13). In un dialogo ebbe a dichiarare: “Egli [Dio] mi diede queste inclinazioni, queste brame, quest'amore ardente per lo studio dal quale niente mai poté distogliermi. Quest'Iddio grande è invero il più eloquente degli oratori. Egli persuade senza parola, egli volge le menti come a lui piace e le conduce a suo beneplacito. Nulla opera a caso, ma tutto dispone con infinita saviezza. Sieno i miei deboli talenti rivolti alla sua gloria! Non soravvi per me più bella ricompensa! ... O Dio! Inesausta sorgente di misericordia e di amore, dammi sapienza ch'è compagna della tua gloria! Ascrivimi nel numero delle tue serventi, perciocché io voglio a Te solo appartenere in questo breve numero di giorni che Tu m'hai assegnati sulla terra”.