Marxismo, Oriente ed Occidente

Nel mondo contemporaneo, con inattesa rapidità, tutte le questioni si convertono in questioni metafisiche, anche quelle strettamente relative alla matematica e alla fisica. Tutte le questioni connesse alla nostra "semplice" esistenza quotidiana, sembrano implicare una "filosofia della storia". Ad esempio appare ovvio che coloro che oggi elaborano dei progetti coinvolgenti le masse, fanno in un modo o nell’altro, filosofia della storia. Ciò vale con ogni evidenza per l’Oriente comunista attuale. Il comunismo persegue un proprio fine, che non è in se medesimo di natura esclusivamente "economica": l’unità politica del pianeta e la sua sottomissione ad una sola ideologia. Tale "unificazione" dei saperi e degli stili di vita è perseguito nel nome del cosiddetto "materialismo storico". Nella cultura occidentale non sono mai mancate concezioni che scorgevano il fattore determinante della storia nelle condizioni materiali di vita, ma è con K. Marx che il materialismo è compiutamente applicato alla storia. Nella prefazione a "Per la critica dell’economia politica" del 1859, Marx afferma che gli ordinamenti statali e legali non possono essere spiegati soltanto con lo sviluppo generale dello spirito umano, ma bisogna piuttosto risalire alle condizioni materiali di vita e di produzione. Dunque la vera sostanza o struttura della società andrebbe ricercata nell’economia politica. Per Marx nella produzione delle proprie condizioni materiali di vita, gli uomini costruiscono un insieme di relazioni che sono la vera struttura della società. La storia non è animata dalle ideologie (cioè dai sistemi di pensiero che di volta in volta assumono connotazione artistica, religiosa, politica ecc.) che non posseggono una reale autonomia, ma dalle strutture economiche. Le varie fasi della storia umana sono pertanto intrinsecamente caratterizzate dai differenti livelli raggiunti dalle società umane nell’organizzazione della produzione materiale e dei suoi strumenti. Marx distingue nella storia una fase asiatica, una antica, una feudale e una borghese; il passaggio da una fase all’altra (e qui si coglie l’influsso di Hegel su Marx) avviene per le contraddizioni insanabili che vengono a crearsi in seno a ciascuna forma di organizzazione produttiva. Marx ritiene che attraverso la contraddizione estrema a cui inevitabilmente conduce la società borghese si giungerà, attraverso un capovolgimento dialettico (ossia una rivoluzione), a una fase finale della storia in cui si attuerà un sistema economico senza proprietà privata dei mezzi di produzione e quindi senza il conseguente sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Il materialismo storico è dunque quella metodologia di analisi dei fatti storici che individua la causa primaria di essi nell’evoluzione della struttura produttiva della società, nello sviluppo delle forze produttive e dei rapporti di produzione; tutti gli eventi che la storia ci presenta non sono allora frutto delle idee e dello scontro fra diverse concezioni della vita, ma sono frutto di interessi economici, manifestazioni dirette ed indirette dei rapporti che si costituiscono all’interno della società umana nella produzione dei beni che necessitano al soddisfacimento dei bisogni materiali, storicamente e socialmente determinati. La storia non è storia di idee, ma le idee sono rivestimenti dei movimenti reali, sui cui a loro volta, possono agire; la storia è storia degli antagonismi generati dai rapporti di produzione: è storia della lotta tra le classi. L’Oriente si è impadronito di Marx e di altri prodotti del razionalismo occidentale per utilizzarli nella propria lotta per l’unificazione del mondo. Il materialismo storico è indubbiamente un elemento di riflessione fondamentale, per l’attenzione che in ogni tipo di indagine storica, insegna a rivolgere ai fattori economici, alle tensioni e alle lotte di classe; esso ha anche contribuito a infrangere il modello storiografico ottocentesco che vedeva nello stato l’unico soggetto storico-politico che dava legittimità storica alle forze sociali. In realtà il materialismo storico non è un sistema di metafisica come gli altri, esso confessa la pretesa di essere l’unica e definitiva interpretazione del procedere storico. La teoria marxista, ha la certezza inossidabile di aver individuato con esattezza, il procedere conflittuale della storia. La connessione nell’Oriente attuale, tra unificazione universale del pensiero e filosofia della storia marxista è palpabile. Questa filosofia della storia, solo apparentemente è polemica nei confronti dell’Occidente liberale, solitamente rappresentato dagli Stati Uniti d’America. In realtà anche l’Occidente soffre di una medesima tendenza all’assolutizzazione della sfera dell’economia. Oriente e Occidente, paradossalmente sembrano possedere in comune una medesima filosofia della storia di stampo "marxista-illuminista", in breve una concezione non religiosa della storia. "Filosofia della storia" si contrappone allora a "teologia della storia". In realtà progresso economico e progresso morale non sembrano affatto conciliarsi, né camminare insieme. La storia testimonia che l’economia sganciata dalla morale genera esclusivamente forme di "statalismo" e dunque forme dittatoriali di controllo del pensiero. Goethe affermava "è pericoloso per l’uomo ciò che, senza farlo migliore, lo rende più potente". La fede nella natura economica ed a-morale della storia, sembra essere soltanto un’evasione, una de-problematizzazione delle stesse esigenze della ragione. Che cosa possiamo contrapporre a tutto ciò? In realtà esistono altre possibilità di "pensare" la storia. Il cristianesimo ritiene che la storia non sia guidata da principi "impersonali" quali l’economia, la cultura, l’arte, la natura e simili. Tali aspetti colgono solo parzializzazioni di quella che è la totalità di ciò che è umano. La storia è il luogo dell’azione del Dio uno e trino, che fattosi uomo è morto sulla croce ed è risuscitato. La singolarità delle azioni umane può essere raccordata e diventare comprensibile solo se illuminata dalla luce degli avvenimenti centrali della storia cristiana. Solo la prospettiva cristiana è in grado di contemperare tra loro le diverse "prospettive" di quanto è umano, senza assolutizzazioni o parzializzazioni. Più precisamente, la religione cristiana si distingue essenzialmente da tutte le altre religioni perché il suo messaggio non punta ad una "semplificazione" di quello che è il "significato" in genere. Questa presenza concreta dell’eterno nel tempo, questo controllo del divino sull’umanità è ciò che rende possibile la singolarità dell’atto storico e contemporaneamente, la storia quale progetto globale che abbia un senso.

Domenico Iannone

 

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