Martin Heidegger e il motivo di fondo natura/libertà
di Domenico Iannone
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Viviamo in un’epoca post-cristiana, piuttosto che post-moderna. Possiamo indagare questa verità riflettendo sull’opera di un filosofo del XX° secolo, Martin Heidegger. Tra il 1909 e il 1910, Heidegger lesse le Ricerche Logiche di Husserl. Husserl. Costui allo scopo di comprendere l’Io e le sue strutture, isolava l’uomo da qualsiasi legame con la sua esistenza storica. Tale metodologia scientifica era detta: epochè. Secondo Heidegger, la vita non può essere colta nella sua realtà e nei suoi significati per mezzo di un metodo scientifico oggettivo e distaccato; occorre invece superare l'opposizione fra teoria e prassi, tra descrizione psicologica e decisione esistenziale. Per Heidegger, l'atteggiamento scientifico non può comprendere cosa è l’uomo, poiché costitutivo della vita è il fatto di appartenere ad un contesto (mondo), ed è proprio il mondo che il metodo scientifico di Husserl mette tra parentesi. In questo confronto di Heidegger con Husserl, gioca un ruolo importante il motivo di fondo natura/libertà. Questo "motivo" ha caratterizzato modernità e post-cristianesimo; tutti i filosofi del periodo hanno fatto riferimento ad entrambi gli aspetti del "motivo" ed hanno di solito spiegato una delle opzioni come un elemento subalterno della propria filosofia. Heidegger ritiene che la sua filosofia debba sottolineare l’elemento culturale, sociale e storico del soggetto umano. Per Heidegger, sin dall'antichità l’essere di ogni cosa è stato concepito come essere semplicemente "presente". Scopo della filosofia è fare in modo che le cose stesse e i concetti che dovrebbero esprimerle vengano resi manifesti, sottraendoli alle deformazioni o nascondimenti a cui sono andati soggetti nel corso della storia. La teologia protestante di quegli anni andava riscoprendo la centralità delle attese escatologiche dei primi cristiani, in opposizione alla riduzione liberale del cristianesimo ad una semplice costruzione teologica della chiesa del I° sec. In tale contesto i nomi di Lutero e di Kierkegaard erano emblematici di un nuovo modo di esperire la fede nel suo significato originario. Nel semestre invernale 1920-21 il corso di Heidegger ha per titolo Introduzione alla fenomenologia della religione. Secondo Heidegger, l’elemento centrale del pensiero di Paolo l’apostolo è da individuare nella convinzione che la fede del cristiano si fonda sulla speranza nel ritorno di Cristo. Tale evento, che non può essere determinato né calcolato in anticipo, è la possibilità che può irrompere improvvisamente nella vita del cristiano. Il cristianesimo dei primi secoli ha guarda dunque ad un elemento storico futuro, il nucleo del cristianesimo è nel compimento storico e temporale di questo evento. Tale modello rappresenta per Heidegger il modello dell'esperienza della vita in generale. Nel corso della storia del cristianesimo, il modello dell'attesa storica del ritorno di Cristo, è stato soffocato da un apparato concettuale metafisico e teologico inadeguato ad esprimerla, come avvenuto ad Agostino con il neoplatonismo. Con il neoplatonismo si erano imposte, in campo cristiano, la distinzione tra cose visibili e cose invisibili e la concezione di Dio come sommo bene. Dio poteva essere compreso soltanto a partire da qualcos’altro, precisamente partendo dalle cose create. Contro ciò sarebbe insorto il giovane Lutero, secondo il quale l'essenza di Dio non può essere compresa partendo dalle sue opere, ma propriamente solo dal fatto che Dio si rende visibile sulla croce nel dolore, ossia a partire dall'esperienza reale della vita.
In contrasto con questa esperienza storica di vita, la metafisica aveva assegnato un primato al vedere, l’essere è concepito come ciò che è "presente" davanti agli occhi, non come un evento "possibile".