L'Empirismo Critico di Locke (1632-1704)

L'Empirismo si articola secondo il motivo di fondo "necessità-libertà", secondo il quale abbiamo un mondo dominato dal caso e dalla attualità da un lato e la ragione umana vocata ad ordinarlo dall’altra. Gli empiricisti ritengono che i fatti in se medesimi non abbiano "significato" o "senso", precedentemente all’essere appresi. La mente semplicemente riceve e non distrugge l’unicità dei fatti che percepisce. L’oggettività della conoscenza è garantita dal fatto che la mente riceve i fatti per come essi sono. In breve la mente non possiede "per se" un potere organizzante, ma tale potere appartiene ai fatti medesimi. Il motivo Natura-Libertà deriva direttamente dal motivo Natura-Grazia e si forma nel momento in cui al posto di Dio è elevata ad "assoluto", l’umanità che viene così ad occupare il posto lasciato vuoto da Dio. Di conseguenza anche il polo della Natura si ristruttura assumendo la configurazione generale di "non umano"; la natura ha a che fare con ciò che è determinato, controllabile, causale, razionale, ed in generale con l’Ideale della Scienza, al contrario la Libertà ha a che fare con l’Ideale della Personalità, l’ego umano, la libertà della volontà umana, la creatività, l’arte ecc.

Natura

Libertà

Comportamenti Determinati

Libera scelte

Non-umano

Umano

Natura

Cultura

Causalità

Teleologia

Ideale della Scienza

Ideale della Personalità

Materiale

Libero Spirito

Corpo

Mente

Scienza

Arte

Fisica, Matematica

Scienza Sociale

Essere dominato

Dominio sugli altri

Controllo sugli altri per ottenere bene

Sperare che lasciando gli altri liberi si giunga al bene

Osservare la Legge

Violare la Legge

Totalitarismo

Liberalismo

Stato forte

Democrazia forte

Costrizione

Emancipazione

Positivismo

Costruttivismo

In Western thinking today, of course, the Freedom pole seems more attractive, but, in the 500 years in which this ground motive has been the driving force, the Nature pole has sometimes been dominant in Western thought - such as in the heyday of scientific discovery in the physical sciences. Theories of humanity and society based on the deterministic sciences belong to the Nature pole. Humanity wants to be free, for example from the constraints that Nature places on it (e.g. plague, hunger, weather, darkness), and wants to bring Nature under its control. It does so by means of science and technology. But then science and technology come to dominate humanity, and enslave it.

L’empirismo assume la sua prima pregnante formulazione metodologicamente e criticamente consapevole con la speculazione di John Locke. Suo obiettivo è quello di giungere a stabilire la genesi, la natura e il valore della conoscenza umana, e in modo particolare quello di definire i limiti entro i quali l'intelletto umano può e deve muoversi e quali sono i confini che non deve valicare, ossia quali sono gli ambiti che gli restano strutturalmente preclusi.

"Conoscendo la nostra forza, sapremo meglio che cosa intraprendere con qualche speranza di successo; e quando avremo ben bene esaminato i poteri del nostro spirito e fatto una valutazione di che cosa possiamo attenderci da essi, non saremo propensi né a star quieti, senza mettere il nostro pensiero all'opera, disperando di conoscere qualsiasi cosa né, dall'altro lato, a mettere in dubbio tutto e disconoscere ogni conoscenza perché alcune cose non possono essere comprese. È di somma utilità al marinaio di conoscere la lunghezza della sua fune, anche se con essa egli non può scandagliare tutte le profondità dell'oceano. È bene che egli sappia che essa è abbastanza lunga per raggiungere il fondo in quei luoghi che sono necessari per dirigere il suo viaggio e per avvisarlo delle secche che potrebbero rovinarlo. Il nostro compito qui non è di conoscere tutte le cose, ma solo quelle che concernono la nostra condotta. Se possiamo scoprire quelle misure mediante le quali una creatura razionale, posta nello stato in cui l'uomo si trova in questo mondo, può e deve governare le sue opinioni e le azioni che ne dipendono, non dobbiamo turbarci se altre cose sfuggono alla nostra conoscenza. È questo che fin dal principio ha dato luogo a questo Saggio sull'intelletto. Infatti pensavo che il primo passo per soddisfare varie indagini che lo spirito dell'uomo è solito intraprendere era di fare un'ispezione del nostro intelletto, di esaminare i nostri poteri e di vedere a quali cose essi fossero adatti. Finché non avessimo fatto ciò sospettavo che stavamo cominciando dal lato sbagliato e che invano cercavamo la soddisfazione di un tranquillo e sicuro possesso delle verità che ci stavano maggiormente a cuore, mentre lasciavamo in libertà i nostri pensieri nel vasto oceano dell'Essere; come se tutta quell'estensione illimitata fosse il possesso naturale e indubitabile del nostro intelletto, ove nulla sfuggisse alle sue decisioni e alla sua comprensione. Non fa dunque meraviglia che gli uomini, estendendo le loro indagini al di là delle loro capacità e lasciando errare i loro pensieri in quelle profondità in cui non hanno più piede, sollevino questioni e moltiplichino dispute che, poiché non raggiungono mai una chiara soluzione, sono adatte solamente a far durare e aumentare i loro dubbi e a confermare in loro un perfetto scetticismo. Una volta che si è ben considerata la capacità del nostro intelletto, che si è scoperta l'estensione della nostra conoscenza e che si è individuato l'orizzonte che stabilisce il confine fra le parti illuminate e quelle scure delle cose, fra ciò che è e ciò che non è comprensibile per noi, gli uomini acconsentirebbero forse con minor scrupolo all 'ignoranza dichiarata dell'uno, e adopererebbero i loro pensieri e i loro discorsi con maggiore vantaggio e soddisfazione nell 'altro."

A tutt’oggi usiamo il termine "idea" nell'accezione che Cartesio e Locke hanno consacrato. Esso costituisce il punto di arrivo di un dibattito metafisico e gnoseologico iniziato da Platone, proseguito con Aristotele e poi con i Medioplatonici e con i Neoplatonici, con i Padri della Chiesa, con gli Scolastici e con alcuni pensatori rinascimentali. "Idea" è la traslitterazione del greco "eidos", la forma ontologica (da Platone in poi), "essenza sostanziale", "essere", e non un "pensiero". Nella fase finale della storia del Platonismo antico, le Idee diventano "pensieri del supremo Intelletto" ossia dell’Uno, quindi modelli in cui essere e pensiero coincidono. Il filosofo Cartesio per primo utilizzò il termine "idea" per indicare un semplice contenuto del pensiero umano. Cartesio riteneva che le idee fossero innate. Locke nega ogni forma di innatismo e cerca di dimostrare che:

  1. non ci sono idee né principi innati;
  2. nessun intelletto umano, per quanto forte e vigoroso sia, è capace di creare o distruggere idee;
  3. l'esperienza è la fonte e il limite dell’orizzonte dell’intelletto.

Il caposaldo a cui si richiamano i sostenitori dell'innatismo delle idee è il "consenso universale", o per esprimere il medesimo concetto con un linguaggio riformato, non esisterebbe una "grazia comune" che opererebbe conformando le menti degli uomini (in modo consapevole o meno) ai principi e conoscenze divine. Locke afferma che:

a) Nel caso esistesse per davvero un "consenso universale" degli uomini su certe idee e certi principi, esso potrebbe spiegarsi senza l'innatismo.

b) Il preteso "consenso universale", non esiste, come risulta evidente dal fatto che i bambini e i deficienti non sono affatto consapevoli del principio di identità e di non contraddizione, né dei principi etici fondamentali.

c) E’ assurdo sostenere che i bambini e i deficienti hanno innati questi principi, ma non ne sono consapevoli, poiché la presenza nell'anima di un contenuto e la consapevolezza della presenza medesima coincidono.

d) Alcuni popoli commettono azioni per noi scellerate senza provare rimorso alcuno, il che significa che essi considerano il loro comportamento perfettamente lecito.

e) La stessa idea di Dio non è posseduta da tutti, perché ci sono popoli che "non hanno neppure un nome per designare Dio, non hanno religione né culto".

Ma si potrebbe ipotizzare che l'intelletto, anche se non le contiene innate, tuttavia potrebbe "creare" le idee. Ma l'ipotesi è esclusa da Locke. II nostro intelletto può combinare in vario modo le idee che riceve, ma non può darsi da sé le idee semplici, e nemmeno le può distruggere. L'intelletto, riceve il materiale della conoscenza unicamente dall'esperienza. L'anima pensa solo dopo aver ricevuto tali materiali:

"Supponiamo -dunque che lo spirito sia per così dire un foglio bianco, privo di ogni carattere, senza alcuna idea. In che modo verrà ad esserne fornito? Da dove proviene quel vasto deposito che la fantasia industriosa e illimitata dell'uomo vi ha tracciato con una varietà quasi infinita? Da dove si procura tutto il materiale della ragione e della conoscenza? Rispondo con una sola parola: dall’ESPERIENZA. Su di essa tutta la nostra conoscenza si fonda e da essa in ultimo deriva".

L'esperienza può essere di due tipi:

  1. di oggetti sensibili esterni, formate attraverso i sensi (colori sapori, suoni, estensione, movimento, ect.) ;
  2. di operazioni interne del nostro spirito e dei moti dell’animo, che scaturiscono dalla riflessione congiuntamente alla percezione, come l'idea di piacere, dolore, forza, ecc.

Il nostro spirito è passivo nel ricevere le idee semplici; ma, una volta ricevute tali idee, ha potere di operare su di loro in vario modo combinandole in vario modo. Le idee sono nella mente dell'uomo, anche se fuori c'è qualcosa che ha il potere di produrle nella mente anche se il nostro filosofo non è in grado di stabilire cosa esattamente ciò sia. Locke non si è spinto a negare l'esistenza extramentale delle sostanze (più radicale, sarà, invece, la posizione dei successivi Empiristi inglesi e in particolar modo quella di Hume). Congiunto al problema della sostanza è quello dell'essenza, che per la filosofia antica coincideva con la sostanza. Secondo Locke, "l’essenza reale" di una sostanza ci resta sconosciuta, ciò ce conosciamo è l'"essenza nominale", che consiste in un’insieme di qualità che abbiamo stabilito una cosa deve possedere per essere chiamata con un determinato nome: per esempio, chiamiamo un metallo con il nome di argento, qualcosa che ha un certo colore, peso, fusibilità ect.

Di qui deriva una forte dose di nominalismo alla concezione lockiana della scienza, particolarmente importante per ciò che concerne la fisica. Conseguenza di tale nominalismo è la difficoltà nello spiegare l'astrazione, poiché una volta negata la conoscibilità dell’essenza reale, non resta altro che considerare l'astrazione come un tralasciare alcune parti di idee complesse dalle altre parti. Ad esempio, ho l'idea di Pietro e di Giovanni; elimino da quel complesso di idee quelle non comuni ai due individui (grasso, biondo, alto, vecchio, ecc.) e mantengo quel complesso di idee comuni ai due individui, che indico col nome uomo, e lo uso per rappresentarmi anche altri uomini. L'astrazione si trasforma in una parzializzazione di altre idee più complesse. Con ciò Locke smarrisce la connessione tra unità e molteplicità che è il "motore" della comprensione biblica del creato

"... è chiaro che il generale e l'universale non appartengono all'esistenza reale delle cose, ma sono invenzioni e creature dell'intelletto, fatte da esso per il suo uso, e riguardano solamente i segni, siano parole o idee". E le parole sono "generali quando sono adoperate come segni di idee generali e così possono essere applicate indifferentemente a molte cose particolari; le idee sono generali quando sono poste a rappresentare molte cose particolari. Ma l'universalità non appartiene alle cose stesse, le quali sono tutte particolari nella loro esistenza, comprese le parole e le idee che sono generali nel loro significato. Perciò, quando ci allontaniamo dai particolari ciò che rimane di generale è solo una creatura di nostra fabbricazione; infatti la sua natura generale non è che la capacità conferita dall'intelletto, di significare o rappresentare molti particolari. Il significato che ha è soltanto una relazione che lo spirito dell'uomo aggiunge a questi particolari."

I problemi sorgono nel caso in cui sia in causa l'esistenza reale, ossia quando non èin cui non è in questione il semplice accordo fra le idee, ma l'accordo fra le idee e la realtà esterna. Emerge il concetto di verità come adequatio intellectus ad rem, come accordo fra le idee e le cose, al di sopra del semplice accordo fra le idee. Locke cerca di risolvere la difficoltà ammettendo che si abbia conoscenza:

1) della nostra esistenza mediante "intuizione"
2) dell’esistenza di Dio per "dimostrazione"
3) dell'esistenza delle altre cose per "sensazione".

La conoscenza di Dio

La dimostrazione dell'esistenza di Dio fa riferimento al principio metafisico "ex nihilo nihil" e al principio di causalità. Noi sappiamo con assoluta certezza di essere qualcosa che esiste realmente tramite l’intuizione. L’uomo intuisce inoltre che il puro niente non produce un qualche tipo di essere reale. Se perciò noi sappiamo che c'è qualche essere reale e che il non-ente non può produrre un essere reale, questa è la dimostrazione evidente che dall'eternità c'è stato qualcosa; perché ciò che non esiste dall'eternità ha avuto un inizio; e ciò che ha avuto un inizio deve essere prodotto da qualcosa d'altro. Locke dimostra quindi che quest'altro da cui deriva il nostro essere deve essere inteso come onnipotente, onnisciente, eterno. È degno di nota il fatto che l'"empirista" Locke ritenga che l'esistenza di Dio sia addirittura la conoscenza più certa che i sensi manifestano:

"Da ciò che è stato detto è chiaro per me che abbiamo una conoscenza dell'esistenza di Dio più certa di ogni altra cosa che i nostri sensi ci abbiano immediatamente manifestato. Anzi, oso dire che conosciamo che c'è un Dio con più certezza di quanto conosciamo che c'è qualcos'altro fuori di noi. Quando dico che conosciamo intendo che c'è in noi, a nostra portata, una conoscenza che non possiamo mancare, se applicheremo ad essa il nostro spirito come facciamo a molte altre indagini".

Alla fede Locke garantisce il massimo di dignità, convinto che essa in ultima analisi, non sia altro che "un assenso fondato sulla ragione più alta".:

"Oltre quelle che abbiamo fin qui menzionate, c'è un'altra specie di proposizioni che esige il grado più alto del nostro assenso sulla base di una semplice testimonianza, sia che la cosa proposta concordi sia che non concordi con l'esperienza comune e con il corso ordinario delle cose. La ragione di questo è che la testimonianza è quella di Uno che non può ingannare né essere ingannato, cioè di Dio stesso. Essa include un'assicurazione che è al di là del dubbio, una prova senza eccezioni. Con un nome peculiare è chiamata rivelazione e il nostro assenso ad essa fede; la quale determina assolutamente i nostri spiriti ed esclude perfettamente ogni tentennamento come fa la conoscenza; e come non possiamo dubitare del nostro essere, così non possiamo dubitare che sia vera la rivelazione che ci viene da Dio. Sicché la fede è un principio stabilito e sicuro di assenso e di sicurezza e non dà luogo a dubbio o a esitazione. Dobbiamo solo esser sicuri che si tratti di una rivelazione divina e che noi la comprendiamo esattamente [...]".