La chiesa greco-ortodossa adotta il Credo di Nicea
modificato al Concilio di Costantinopoli del 381, nel quale è meglio specificata
la natura dello Spirito Santo:
E [crediamo] lo Spirito Santo, che è Signore e datore
di vita, che procede dal Padre, che con il Padre e il Figlio insieme è adorato
e glorificato, e parla attraverso i profeti.
Il Concilio di Costantinopoli, sulla scorta di Giovanni 15:26 “Ma quando
sarà venuto il Consolatore che io vi manderò da parte del Padre, lo Spirito
della verità che procede dal Padre, egli testimonierà di me.” prese l’espressione
“procede dal Padre” e l’aggiunse senza modifiche al Credo Niceno. La relazione della persone dello Spirito
a quella del Figlio non era a quel tempo sentita come una questione importante.
Ma il simbolo di Costantinopoli non intendeva sbarrare la possibilità
ad ulteriori affermazioni a proposito della natura dello Spirito, pertanto
al Concilio di Toledo del 589, si ritenne opportuno aggiungervi, l’espressione
“e dal Figlio” (in latino “Filioque”). Ciò che questa addizione intendeva
testimoniare è che la chiesa occidentale credeva in una duplice “processione”
dello Spirito, dal Padre e dal Figlio. Se lo Spirito Santo e lo Spirito del Figlio,
esso deve essere mandato anche dal Figlio. Dalla
Spagna l’uso del “Filioque” passò alla Gallia. Carlo Magno chiese a papa Leone
III di rendere tale credo modificato obbligatorio per tutta la cristianità.
Leone III pur giudicando la dottrina ortodossa non volle modificare il Credo
di Nicea. A metà dell’XI° sec. tale formula divenne un motivo di contesa tra
chiesa occidentale ed orientale, quest’ultima affermava che senza l’approvazione
di un concilio ecumenico non dovevano essere apportate modifiche al credo
niceno. La controversia si
concentrava sul senso da dare a brani quali:
Giovanni 17:7
“Ora hanno conosciuto che tutte le cose che tu m'hai date,
vengono da te;”
Giovanni 20:22
“Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: «Ricevete
lo Spirito Santo;”
Gal. 4:6
“E perché
siete figliuoli, Dio ha mandato lo Spirito del suo Figliuolo nei nostri cuori,
che grida: Abba, Padre.”
Giovanni 16:13-15
“ma quando
sia venuto lui, lo Spirito della verità, egli vi guiderà in tutta la verità,
perché non parlerà di suo, ma dirà tutto quello che avrà udito, e vi annunzierà
le cose a venire.14 Egli mi glorificherà perché prenderà del mio e
ve l'annunzierà. 15 Tutte le cose che ha il Padre, son mie: per questo
ho detto che prenderà del mio e ve l'annunzierà.”
Tutto ciò che
lo Spirito possiede appartiene non meno al Figlio che al Padre, e siccome
il Figlio è detto essere dal Padre, perché non dice del Suo ma solo ciò che
ode dal Padre, allo stesso titolo lo Spirito procede dal Figlio perché è detto
procedere dal Figlio perché ascolta e riferisce le parole del Figlio.
Se lo Spirito
non procedesse dal Figlio avremmo alcuni seri problemi teologici: 1) la Trinità
perderebbe la propria completezza e comunione. Solo lo Spirito e il Padre
da una parte e il Padre e il Figlio dall’altra, risulterebbero connessi; 2)
Le persone del Figlio e dello Spirito verrebbero equiparate e non le potremmo
distinguere. La chiesa occidentale ritenne che se lo Spirito procedesse
esclusivamente dal Padre, dovremmo aspettarci di trovarLo più chiaramente
rivelato nelle opere connesse alla creazione piuttosto che nelle operazioni
connesse alla redenzione. Uno Spirito procedente solo dal Padre, equiparerebbe
la grazia alla natura. Questa maniera erronea di concepire la persona dello
Spirito conduce inevitabilmente al “subordinazionismo”, che dona un primato
indebito alla natura, apre le porte al pelagianesimo con la pretesa della
auto-salvezza umana e in politica (la chiesa greca ortodossa non è mai riuscita
ad andare oltre un’antropologia sinergistica), allo “statismo” che considera
lo “stato” la voce stessa di Dio (non è pertanto strano che la chiesa ortodossa
greca non sia estranea al totalitarismo ed all’imperialismo)[1].
Solo la dottrina della processione dello Spirito
pone la chiesa ad un lato del “Regno di Dio”, piuttosto che al centro, divenendo
uno strumento di redenzione dello Spirito, piuttosto che collocarsi come mediatrice
tra il Padre e il Figlio. La chiesa deve essere solo il punto di incontro
vivente, del divino e dell’umano. Il “Filioque” ci testimonia che l’opera
del Padre e del Figlio coincidono nelle operazioni dello Spirito Santo. La
“grazia” pertanto non risulta essere una “deificazione”, ma una redenzione
e restaurazione della creazione di Dio. William G. T. Shedd, riassume in tal
modo la dottrina: “lo Spirito, sebbene soffiato dal Padre e dal Figlio, non
procede dal Padre e dal Figlio come persone, ma dalla essenza divina. La sua
processione è da Uno cioè dall’essenza; mentre la sua “spirazione” è da due,
cioè da due persone. Il Padre e il Figlio non sono due essenze, e dunque non
spirano lo Spirito da due essenze. Inoltre sono due persone, e come due persone
avendo una sola essenza numerica, spirano da essa la terza forma o modo dell’essenza,
lo Spirito Santo: I loro due atti di spirazione concorrono in una singola
processione dello Spirito. Vi sono due spirazioni, perché Padre e Figlio sono
due persone; ma è un solo processo che ne risulta.”
Herman Bavinck scrive: “Le tre persone
[nella prospettiva della chiesa orientale] non sono intese come relazioni
nell’unica essenza, l’auto-manifestazione della Divinità, ma il Padre è inteso
come l’Uno che impartisce il proprio essere al Figlio e allo Spirito. Il risultato
è che Figlio e Spirito sono coordinati in modo che entrambi nella stessa maniera
abbiano la propria “causa originaria” nel Padre. In entrambi il Padre rivela
se medesimo. Il Figlio ci conduce a conoscere Dio; lo Spirito ci conduce a
deliziarci in Dio. Il Figlio non rivela il Padre in e attraverso lo Spirito,
nè lo Spirito ci conduce al Padre attraverso il Figlio. I due sono più o meno
indipendenti uno d’altro; ciascuno conduce al Padre nel proprio stesso modo
peculiare. Così, ortodossia e misticismo, mente e volontà, vengono posti in
relazione antitetica l’uno all’altro. E questa relazione peculiare tra ortodossia
e misticismo caratterizza la attitudine religiosa prevalente della chiesa
orientale. Dottrina e vita sono separate: la dottrina è solo per la mente,
essa è l’oggetto appropriato solo per la speculazione teologica. Accanto ad
essa e separatamente da essa, vi è un’ulteriore sorgente di vita, il misticismo
dello Spirito. Questa sorgente non ha la conoscenza come fonte ma ha la sua
stessa distinta origine e nutre il cuore. Così una falsa relazione è stabilita
tra mente e cuore: idee ed emozioni sono separate, e il legameme che dovrebbe
unire le due in un unione etica viene a mancare.”
Edwin Palmer riassume l’analisi
di Kuyper: “Comunque come Abraham Kuyper ha incisivamente sottolineato, una
negazione del filioque porta ad un insalubre misticismo. Esso tende ad isolare
l’opera dello Spirito Santo nelle nostre vite dall’opera di Gesù. La redenzione
tramite Cristo è così collocata sullo sfondo, mentre l’opera di santificazione
dello Spirito è posta in primo piano. L’enfasi è in misura crescente sull’opera
dello Spirito nelle nostre vite, ciò conduce ad un’indipendenza da Cristo,
la chiesa e la Bibbia. La santificazione appae più comprensiva della giustificazione,
la comunione soggettiva con lo Spirito più comprensiva che la oggettiva vita
della chiesa, e l’illuminazione dello Spirito più comprensiva della Parola.
Kuyper crede che questo sia stata la situazione nella quale in una certa misura
è precipitata la chiesa orientale, come risultato della negazione che lo Spirito
procede dal Figlio così come dal Padre, “Lo Spirito viene a glorificare il
Figlio” (Gv. 16:14). Se separiamo l’opera dello Spirito dal sangue di Cristo
e dalla Parola di Dio, distorciamo il cristianesimo in un modo temibile, e
il misticismo che si viene a creare sarà più affine al panteismo orientale
che a qualsiasi cosa nella Bibbia,
eccetto forse l’idolatria dell’antico Israele.”
J. Jordan, scrivendo a proposito
del 2° comandamento, connette il rigetto del Filioque da parte della chiesa
greca, all’uso delle icone: “Dio incontra l’uomo nel linguaggio, nei discorsi
personali. La musica può elevare questa conversazione; e lo stesso dovrebbe
accadere con l’adorazione; ma Dio non incontra l’uomo nella musica. Nè lo
incontra nelle ati visuali di qualsiasi tipo. Egli incontra l’uomo nella Parola
di Dio, nel linguaggio; e poichè Dio è incorporeo, Lui incontra l’uomo solo
nel linguaggio. Un altro modo di esprimere questo è affermare che Dio incontra
l’uomo solo nel Figlio di Dio, la Parola. Lo Spirito è la gloria, la musica,
l’aspetto visibile di Dio; ma Dio non incontra l’uomo attraverso lo Spirito.
Insistendo che le icone sono un canale separato di comunicazione non-verbale
con Dio e i santi, gli ortodossi separano lo Spirito dal Figlio. Comprensibilmente,
negano che lo Spirito proceda dal Figlio. Comunque la religione biblica sottolinea
che l’opera dello Spirito è tale da renderci capaci di comprendere la Parola
del Figlio, e non ad essere un modo alternativo di avvicinare Dio. Il “No!”
di Dio [nel 2° Comandamento] è un rigetto di qualsivoglia tentativo da parte
dell’uomo di approcciare Dio a prescindere dal proprio Figlio.”
Note
1. Dogmatic Theology, 2nd ed., vol. I (Nashville: Thomas Nelson, 1980), 290.
2. Cornelius Van Til, An Introduction to Systematic Theology (N. p.:
Presbyterian and Reformed Publishing Co., 1974), 226.
3. Herman Bavinck, The Doctrine of God (Edinburgh: Banner of Truth
Trust, 1991), 317.
4. Turretin, III, xxxi, v, 309. Cf. Palmer, The Person and Ministry of
the Holy Spirit, The Traditional Calvinistic Perspective (Grand Rapids:
Baker Book House, 1974), 16.
5. James Jordan, Rite Reasons, Studies in Worship, No. 59, September
1998.
6. Robert J. Sanders, "Violence and the Filioque" (http://st-pauls.manhatttanks.org/essays/apr95.htm),
April 1995.
7. George Bailey, Armageddon in Prime Time (New York: Avon Books, 1984),
37-38.
[1] Nel 1984 un corrispondente della ABC, George
Bailey, scrisse che il conflitto tra URSS ed USA, era da rintracciarsi nella
diversa comprensione del Filioque. Egli trovava che "la mistagogica,
o spirituale, propensione al ripiegamento interiore della fede greco ortodossa,”
era da connettere con “la spiritualità rinunciataria della tradizione ortodossa
russa.” Ciò contrastava con “il dinamico coinvolgimento negli affair del
mondo caratteristico del cattolicesimo, e in misura maggiore del Protestantesimo”.
Anche se Bailey potrebbe avere esagerato causa ed effetto, è interessante
questa relazione tra politica e teologia. Il misticismo, la stagnazione
culturale e l’imperialismo tipici dell’Est sembrano una conseguenza logica
del rigetto del Filioque. Grazia sovrana e libertà politica sono la logica
conseguenza della sua accettazione.