La Dichiarazione in Tre Punti del 1924

 

Nel 1920 si accese un dibattito all’interno delle Comunità Cristiano Riformate” (CRC) americane. Il motivo del contendere era quello del significato da attribuire al concetto di “Grazia Comune”. Secondo l’opinione corrente in queste comunità calviniste influenzate dalla teologia riformata olandese, in aggiunta alla grazia salvifica, che è impartita soltanto agli eletti, vi sarebbe anche una “grazia comune”, un’attitudine del favore divino estesa a l’umanità generale. Tale visione fu messa in questione da Hermann Hoeksema, un pastore-teologo di Grand Rapid nel Michigan. Hoeksema concordava in merito al fatto che la comunanza tra credenti e non credenti fosse stabilita creazionalmente soltanto riteneva che dovesse essere intesa nel contesto di quelle operazioni divine che vanno sotto il nome di “provvidenza”, utilizzando il termine “grazia” esclusivamente in relazione alla “grazia salvifica”.

Infatti la separazione del credente dal non credente è istituita per “grazia”, questa separazione è un’antitesi tra luce e tenebre, giustizia e male, chiesa e mondo di peccato, vita e morte. Il punto nel pensiero di Hoeksema è che tra luce e tenebre esiste un’insanabile antitesi e non piuttosto la possibilità di una riconciliazione, come il concetto di “grazia comune” minaccia di fare. Bisogna pertanto fare attenzione a discorsi del tipo: “tutto quello che è verità nei ragionamenti dei non credenti procede da Dio che è la Verità”, non sembra plausibile pensare che Dio prenda delizia in tutto quello che di buono gli uomini sembrano fare nel momento in cui esprimono cose che sembrano ricordare l’insegnamento cristiano.

Il 18 giugno del 1924 un sinodo del CRC riunitosi a Kalamazoo nel Michigan, dopo lunga discussione, adottò una dichiarazione conosciuta come “Dichiarazione in Tre Punti della Grazia Comune”.

Il testo della “Dichiarazione” è il seguente:

 

I.Primo Punto:

 

“Relativamente al primo punto che concerne l’attitudine favorevole di Dio circa l’umanità in generale e non solo verso gli eletti, il Sinodo dichiara che essere stabilito secondo le Scritture e le Confessioni che a prescindere dalla grazia salvifica di Dio mostrata solo a coloro che sono eletti a vita eterna, vi è anche un certo favore o grazia di Dio che Lui mostra alle Sue creature in generale. Questo è evidente dai passaggi scritturali citati e dai Canoni di Dordrecht II:5 e III-IV:8,9, che trattano della offerta generale del Vangelo, mentre anche appare dalle citazioni fatte dagli scrittori riformati del più florido periodo della Teologia Riformata che i nostri scrittori riformati del passato favorivano questa visione.

Prove Scritturali: Salmo 145:9; Matt. 5:44, 45; Luca 6:35-36; Atti 14:16-17; I Tim. 4:10; Rom. 2:4; Ezec. 33:11; Ezec. 18:23.”

 

II. Secondo Punto:

 

“Relativamente al secondo punto, che concerne con la restrizione del peccato nella vita dell’uomo individuale e nella comunità, il Sinodo dichiara che vi è una restrizione del peccato in linea con la Scrittura e le Confessioni. Questo è evidente dalle citazioni dalla Scrittura e dalla Confessione Olandese, Art. 13 e 36, che insegna che Dio tramite le operazioni generali del Suo Spirito, senza rinnovare il cuore dell’uomo, impedisce al peccato di dirompere, per la qual cosa la vita umana in società rimane possibile; mentre è anche evidente dalle citazioni degli scrittori riformati del periodo più florido della Teologia Riformata, che dai tempi antichi i nostri padri Riformati erano della stessa opinione.

Scriptural proof: Salmo. 81:11-12; Gen. 6:3; Atti 7:42; Rom. 1:24; Rom. 1:26, 28; II Tess. 2:6-7.”

 

III. Terzo Punto:

 

“Relativamente al terzo punto, che concerne la questione della giustizia civile come compiuta dai non rigenerati, il Sinodo dichiara che secondo la Scrittura e le Confessioni, il non rigenerato sebbene incapace di fare qualsiasi bene salvifico, può compiere bene civile. Questo è evidente dalle citazioni della Scrittura e dai Canoni di Dordrecht, III-IV:4, e dalla Confessione Olandese, Art. 36, la quale insegna che Dio, senza rinnovare il cuore, influenza talmente l’uomo che questi è abili ad esprimere bene civico; mentre appare anche dalle citazioni degli scrittori Riformati del periodo più florido della Teologia Riformata che I nostri padri Riformati dai tempi antichi erano della medesima opinione.

Prove Scritturali: II Re 10:29-30; II Re 12:2;14:3; Luca 6:33; Rom. 2:14.”

 

Conseguenze dottrinali della “Dichiarazione”

 

Nella “Dichiarazione” si poneva enfasi sul fatto che vi fosse una specie di attitudine non-salvifica del favore divino nei confronti di tutta l’umanità, che sulla base delle prove scritturali si esprimerebbe in tre modi: 1) attraverso la elargizione dei doni naturali, quali sole e pioggia, offerti a tutte le creature; 2) la restrizione del peccato umano, di modo che il non credente non possa compiere tutto il male che la propria natura altrimenti esprimerebbe; 3) la possibilità per  i non credenti di esprimere atti di bene civico. (H. Hoeksema “The Protestant Reformed Churches in America”, First Protestant Reformed Church, Grand Rapid).

 

Poichè alcuni ministri delle CRC rifiutarono di sottoscrivere questa “Dichiarazione”, essi con la maggioranza del proprio concistorio furono o sospesi o deposti dall’ufficio. Anche H. Hoeksema rifiutò di sottomettersi ai “Tre Punti” dando vita alle Chiese Protestanti Riformate (CPR) nel 1925.

Il timore di H. Hoeksema era che la dottrina della “Grazia Comune” potesse mettere in scacco dottrine quali quella della “Totale Depravazione” , della “Predestinazione” e delle “Antitesi”:

1)      Secondo la dottrina della “Totale Depravazione”, l’uomo non solo è morto spiritualmente, ma egli è anche attivamente malvagio (Rom. 8:6-8). Tutto ciò che l’uomo naturale può esprimere è peccato (Rom. 3:9-12). Certamente il “terzo punto” non insegna che l’uomo non credente possa esprimere “bene salvifico” quali fede, pentimento o altre cose che potrebbero avvicinare a Dio, ma piuttosto sembra affermare che l’uomo possa compiere cose di cui Dio possa compiacersi o cose in linea con la Sua volontà. Anche il “secondo punto” sembra insegnare che dopo la caduta è presente nell’uomo non credente un’azione dello Spirito Santo che testimonierebbe della presenza di Dio in lui. Coloro che credono nella “grazia comune” affermano che i seguaci di Hoeksema confondono la “Totale Depravazione” con la “Assoluta Depravazione”, e che inoltre la Bibbia stessa insegna che l’uomo creato ad immagine e somiglianza di Dio non perde tale prerogativa dopo il peccato. Hoeksema affermava  che implicazione del “terzo punto” era: “che propriamente l’opera buona dell’uomo naturale è la buona opera dello Spirito Santo senza esso l’opera apparterrebbe completamente all’uomo naturale. Lo Spirito di Dio così influenza la natura corrotta dell’uomo irrigenerato, in questo caso l’albero cattivo porta fuori frutto buono.” (Hoeksema and Hanko, Ready to Give an Answer: A Catechism of Reformed Distinctives (Grandville, Mich.: Reformed Free Publishing, 1997, 130; domanda e rsiposta 14). Ciò che accade in effetti è che “il peccatore con un cuore pieno di odio contro Dio [ancora] esprime quello che è gradito allo sguardo di Dio. Lo Spirito forza, costringe le operazioni di quella natura malvagia ad andare nella giusta direzione, così come un timoniere forza un vascello a navigare contro il vento.” (ibid. 130) Poichè “lo Spirito costringe l’uomo a fare buone opere interamente contrarie alle intenzioni del suo stesso cuore”, Hoeksema conclude in modo sorprendente per un calvinista che “il carattere morale dell’uomo è distrutto, la sua responsabilità è negata, ed una teoria del determinismo morale è presentata come dottrina riformata!” (ibid. 133). In realtà Hoeksema riafferma proprio questa posizione nel momento in cui si impegna a difendere la dottrina cristiana e riformata dalla concezione deistica dell’orologiaio (Dio ha creato l’universo e si è poi limitato a metterlo in movimento senza più intervenire per regolarlo). “la provvidenza di Dio regola non soltanto la bruta creazione, ma anche le creature morali e razionali, in tutte le loro opere ed attività”.  Lo scopo del deismo è proteggere i comportamenti morali umani concependoli come sostanzialmente autonomi da Dio: “L’uomo è libero: la propria capacità di scegliere deve rimanere indipendente.” I deisti affermano che: “anche Dio non può interferire con questa sovranità dell’uomo.” Contro questa nozione Hoeksema puntualizza che la Bibbia: “non conosce nulla di una sovranità dell’uomo o dell’angelo. Essa non conosce nulla di nessuna sovrana creatura a prescindere da o accanto a Dio. (…) l’onnipotente e onnipresente potere di Dio controlla l’intera vita [dell’uomo] e tutte le sue opere”, questo discorso ha anche a che fare con la condotta morale umana: “anche il cuore dell’uomo, questo centro della sua vita etica, è controllato dal Signore.” Hoeksema in queste affermazioni sulla provvidenza e sovranità di Dio non differisce in modo sostanziale dal “terzo punto” e non sembra invulnerabile all’accusa di “determinismo morale”. Egli impiega anche il linguaggio della “causalità”, utilizzando la distinzione tradizionale tra causa prima e causa seconda: “Dio non è l’autore del peccato. L’uomo è la causa seconda; lui lavora coscientemente e volontariamente, lui commette il peccato perché lo ama, mentre Dio odia tutto il male. Ma questa seconda causa non è sovrana, neanche nel proprio pensare e desiderare, neanche quando lui pecca.” (H. Hoeksema, Reformed Dogmatics, 231-36).

 

2)     La “libera offerta del Vangelo” a cui si allude nel “primo punto” sembrerebbe affermare che Dio offre la salvezza quando l’evangelo è predicato a tutti. Secondo la dottrina della “Predestinazione” anche se l’annuncio dell’evangelo è offerto a tutti, la salvezza è soltanto per coloro che Dio ha stabilito di salvare. La predestinazione è senza condizioni. La “libera offerta” implicitamente o esplicitamente nega la predestinazione. Il “primo punto” afferma che l’amore di Dio è per tutti coloro che ascoltano la predicazione dell’evangelo, ma l’elezione divina implica che l’amore di Dio in Cristo è eternamente diretto verso alcuni definiti uomini (Deut. 7:6-8; Rom. 8:28-29). La libera offerta (implicitamente o esplicitamente) rende l’elezione universale o condizionale, o addirittura entrambe le cose. Se Dio amasse realmente tutti gli uomini, Egli dovrebbe salvarli tutti. Se la grazia di Dio fosse estesa tramite la predicazione a tutti gli uomini, la grazia di Dio non risulterebbe più irresistibile, come insegnano i calvinisti, ma essa sarebbe resistibile come insegnano gli arminiani. Pensare poi che se alcuni sono salvati ciò è a causa della “grazia di Dio”, pone la questione di quale grazia si parla quando questa è offerta a tutti tramite la predicazione. In definitiva i membri delle PRC negano che vi sia grazia nella predicazione a tutti gli uomini, e che la predicazione da sola possa esprimere il desiderio, lo scopo e l’intento di Dio a salvare tutti gli uomini.

 

3)     Secondo la dottrina delle “Antitesi” Dio chiama il Suo popolo a vivere in opposizione al mondo. I credenti sono vocati a vivere in separazione spirituale dal mondo. Ciò per le PCR non significa assumere una posizione Anabattista di fuga dal mondo, poiché in quanto credenti bisogna prendere parte a tutte le attività professionali e di governo della società, l’antitesi è non avere niente in comune con il mondo a livello spirituale. La ragione di questo è dovuta al fatto che i credenti sono un popolo differente (2 Cor. 6; Giac. 4:4). Tali antitesi nella storia delle chiese riformate americane di origine olandese si è espressa anche con l’estremo di conservare la lingua olandese.  La dottrina della “grazia comune” sembra minare in due modi le antitesi, in primo luogo perché insegna un’attitudine di amore e favore verso tutti gli uomini, che Lui è amico di tutti gli uomini, anche di quelli che verranno mandati all’Inferno, anche di quelli che sono ostili al Suo regno, e pertanto non vi è problema a d essere amici con la gente di questo mondo. In secondo luogo, se le abilità che Dio dona agli uomini sono intrinsecamente buone tanto che Dio si compiace in esse, allora non vi sono problemi per credenti e non credenti a lavorare gomito a gomito, in politica, nell’educazione, ect. La “grazia comune” sembra proprio sottovalutare il fatto che tra Cristo e Belial non vi può essere accordo.

 

Coloro che contestano la “grazia comune” affermano la non esistenza di una “rivelazione generale”. In tal senso si afferma che il termine “rivelazione” (‘À¿º±»ÅȹÂ) è usato nella Bibbia soltanto per indicare la manifestazione della grazia di Dio in Cristo, e che pertanto le opere del creato “manifestano” ma non “rivelano” la sapienza, divinità e potenza di Dio. Senza dubbio non è affermato che l’universo sia un insieme di fatti bruti, portando tutti i fatti su se medesimi il marchio del proprio creatore, ma certamente questi fatti hanno un significato anche se non “interpretati” in modo analogico, ossia reinterpretati secondo l’intenzione dello Spirito di Dio (con l’assistenza dello Spirito, conscia nei credenti e in-conscia nei non credenti).

 

Abbiamo qualche difficoltà a concordare sia con la prospettiva classica presentata nella dichiarazione dei “Tre Punti” del 1924, sia con quella di H. Hoeksema. Infatti mentre la prima si preoccupa di individuare ciò che è comune a credenti e non-credenti prescindendo dal conto che i non-credenti fanno di questa comunanza, la seconda si preoccupa soltanto di negare che possa esservi una qualsivoglia operazione della grazia espressa a favore dei non credenti, e pertanto preferisce utilizzare il termine “provvidenza” piuttosto che l’espressione “grazia comune” dando talvolta l’impressione che il punto della questione sia soltanto terminologico, piuttosto che teologico. In realtà Hoeksema attribuisce un alto livello di conoscenza del bene al non credente, questo sebbene “ami il peccato ed odi Dio conosce molto bene che Dio è buono, ed anche che è buono servirlo. Egli non è inconsapevole del fatto che il peccato conduce alla distruzione.” Sapendo che la legge di Dio è buona e benefica, l’irrigenerato: “percepisce molto bene che non è buono per lui commettere adulterio, rubare ed uccidere.” È solo perchè “teme I cattivi risultati per se stesso” che il non credente si trattiene dal fare il male che ama e desidera.  Hoeksema ritiene che il non credente abbia: “un certo riguardo per la virtù, e vi è anche un certo manifesto tentativo nella propria vita e comportamento ad essere virtuoso, a mantenere l’ordine nella società, e a condursi ordinatamente nei propri atteggiamenti esterni atteggiamenti.” Ciò non toglie che nonostante simili manifestazioni l’uomo peccatore sia destinato al giudizio di condanna. (Hoeksema and Hanko, Ready to Give an Answer, pagg. 138-141). Per Hoeksema, è nel giusto il Catechismo di Heidelberg quando afferma :

 

Domanda n° 90 In che cosa consiste la vivificazione dell'uomo nuovo?

Risposta Nell'avere una viva gioia in Dio per mezzo di Cristo; e nel desiderare ed amare una vita che sia secondo la volontà di Dio, in ogni opera buona. Rom. 6:22; 1 Gv. 5:3

Domanda n° 91 E quali sono le opere buone?

Risposta Solo quelle che si compiono per vera fede secondo la legge di Dio alla Sua gloria; non secondo quelle che riteniamo noi più opportune oppure quelle che le leggi o le convenzioni umane stabiliscono. De. 12:32; Rom. 12:23

 Berkhof citando Calvino afferma: “Dio è detto amare le virtù politiche; non che esse siano meritevoli di salvezza o di grazia, ma piuttosto esse ahanno relazione con un fine che Lui approva” (Berkhof, De Drie Punten, pag. 52).  E’ possibile riformulare il “terzo punto” in modo che tanto quelli che avversano la dottrina della “grazia comune” quanto coloro che la sposano, possano convenire sulla sostanza dell’isegnamento scritturale. Il termine “grazia” dovrebbe non essere più usato per riferirsi all’immagine di Dio e alle sue virtù nell’uomo decaduto. Inoltre il termine “grazia” andrebbe usato solo per riferirsi alle operazioni salvifiche a beneficio dei credenti (con Hoeksema), di conseguenza le “buone opere” sono sonlo quelle che precedono dalla fede (Catechismo di Heidelberg). Di conseguenza la materia della giustizia civile dovrebbe essere incorporata nella dottrina della Provvidenza.  Grazie alla provvidenziale cura di Dio, l’uomo continua a possedere “barlumi di luce naturale” tanto da essere abilea conoscere “la differenza tra bene e male, scoprire qualche interesse per la virtù, buon ordine in società, e per mantenere un ordinato sviluppo.”  In tutto questo, inclusi il cuore e dunque la mente dell’uomo Dio regna sovrano. La storia non è fuori controllo, Dio conduce ogni cosa ad un fine preciso. Non comprendiamo i meccanismi come ciò possa avvenire, ma ciò avviene in modo tale che la responsabilità dell’uomo risulta essere funzionale agli scopi decisi dalla volontà di Dio. Ed ecco una “riformulazione” del “terzo punto”:

Circa l’espressione di ciò che è chiamato “giustizia civile” dei non rigenerati, il Sinodo dichiara che gli irrigenerati sono incapaci di qualsiasi bene salvifico (Canoni di Dort, III/ IV, 3). Conosciamo che Dio nella propria provvidenza sostiene tutti gli uomini come è detto nei Canoni di Dort III e IV: “Tutti gli uomini sono perciò concepiti nel peccato e nascono figli di collera, incapaci di ogni bene salutare, propensi al male, morti nel peccato e schiavi del peccato. Senza la grazia dello Spirito che rigenera, non vogliono, né possono tornare a Dio, né correggere la loro natura depravata e nemmeno portarvi un miglioramento. È vero che dopo la caduta, è sopravvissuta nell'uomo una luce naturale. Grazie ad essa egli conserva una certa conoscenza di Dio e delle cose naturali, discerne tra l'onesto e il disonesto e dimostra di possedere una certa pratica ed una certa ricerca della virtù, nonché una disciplina esterna. Ma non è certo con questa luce naturale che potrà giungere alla conoscenza salutare di Dio e convertirsi a Lui, poiché non usa neanche rettamente le cose naturali e civili, e tenta in vari modi, anzi, di spegnere questa luce e di mantenerla nell'ingiustizia, essendo così senza scuse davanti a Dio.”. Allo stesso tempo il governo provvidenziale di Dio che sostiene la creazione e l’umanità nei limiti di un ordine esteriore è il dono di Dio a tutti gli uomini. Sebbene su tutta l’umanità gravi il giudizio di Dio, questo mondo non è l’inferno. Cristo è Re!

Alcuni teologi riformati (R. J. Mouw) sembrano paragonare la grazia comune al buono, vero e bello di matrice platonica, in realtà tale convinzione svuota queste categorie dal proprio contesto scritturale. Vi sono momenti nei quali i non-credenti sembrano comportarsi in modo appropriato agli scopi buoni di Dio in merito alla creato, ma da ciò non segue che i non credenti stiano ricevendo una qualche forma di mirata benedizione da parte di Dio o che Dio stia tentando di farli essere meno depravati. Il bene, il bello e il giusto che a volte appaiono nelle azioni dei non credenti sono per noi credenti un elemento di sprone a testimoniare ai non credenti la loro ribellione a quel Dio nella casa del quale essi si muovono senza riconoscerne la proprietà.

Sembra più appropriato non cercare un terreno comune con i non credenti, quanto piuttosto assumerne l’esistenza. Credenti e non-credenti hanno in comune la rivelazione generale, ossia tutto ciò che Dio ha creato dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande, la ragione, la volontà, i sentimenti, le relazioni sociali, ma come abbiamo già avuto modo di considerare, il non credente è in rivolta contro la pretesa di Dio di essere il fondamento e il proprietario di ogni cosa. L’uomo ribelle a Dio tende a sostituire se medesimo al Dio cristiano, non desiderando essere l’interprete di Dio, ma piuttosto proponendo se stesso come l’autore delle interpretazioni.  


(autore: Domenico Iannone)