Machen e lo spirito
di polemica
Gresham Machen
(1881-1937) si laureò alla Johns Hopkins University e al Princeton Theological
Seminary, e in seguito approfondì i propri studi in Germania. La sua fede
e stabilità teologiche furono turbate dal contatto con i circoli liberali
tedeschi e in modo particolare dal contatto con la teologia di Wilhelm Herrmann.
Cionostante riuscì a liberarsi da tale influenza grazie all’approfondimento
del pensiero teologico presbiteriano dei princetoniani Charles Hodge, B.B.
Warfield e Geerhardus Vos. Tornato negli USA, insegnò Nuovo Testamento al
Princeton
Seminary. Nelle opere “The Virgin Birth of Christ” e “The Origin of Paul's
Religion” si scagliò contro l’alta critica tedesca della Bibbia, riaffermando
l’autenticità storica dei testi del NT. Nel 1923 pubblicò “Christianity and
Liberalism”, un attacco alla teologia liberale che cominciava a diffondersi
all’interno di molte chiese riformate americane. In tale saggio affermava
non soltanto che il liberalismo è errato, ma che è anche una religiosità diversa
dal cristianesimo. Secondo Machen, il cristianesimo e il liberalismo ad un’attenta
analisi risultavano agli antipodi nella comprensione del rapporto tra Dio
e l’uomo, nella dottrina della Bibbia, della persona di Cristo, della salvezza
e della chiesa. I liberali insegnavano che la dottrina è subordinata all’esperienza,
che Dio è Padre di tutti a prescindere dalla redenzione, che la Bibbia è un
testo che contiene soltanto il resoconto di mere esperienze umane, che Cristo
è solo un esempio morale e che la salvezza sta tutta nel seguire tale esempio.
Il Princeton Seminary, l’università dove Machen insegnava, era in quel periodo
sotto l’autorità dell’Assemblea Generale della Presbyterian Church USA (PCUSA),
questa nel 1928 decise di riorganizzare l’università allo scopo di renderla
più rappresentativa delle opinioni presenti nella denominazione, inclusa la
posizione liberale. Machen reagì a tale tendenza sentita come eretica, lasciando
l’università assieme ai colleghi Robert D. Wilson ed Oswald T. Allis. Insieme
fondarono il Westminster Theological Seminary di Philadelphia chiamando ad
insegnarvi R.B. Kuiper, Ned B. Stonehouse, Allan A. MacRae, Paul Woolley, Cornelius
Van Til e John Murray. Machen sperava che il Westminster continuasse la tradizione
conservativa della confessione presbiteriana conosciuta anche come “Old Princeton”.
In 1936, Machen lasciò le PCUSA dopo che
queste lo ebbero sospeso dal ministero a causa del suo coinvolgimento nello
“Independent Board for Presbyterian Foreign Missions”, che egli stesso aveva
creato allo scopo di preparare missionari non influenzati dal liberalismo.
Piuttosto che accettare la sospensione Machen creò una nuova denominazione,
inizialmente conosciuta come “Presbyterian Church of America” ed in seguito
“Orthodox Presbyterian Church” (OPC). Molti conservatori non solo rimasero
nella PCUSA, ma neppure abbandonarono altre
vecchie e meno cospicue numericamente denominazioni quali le “Reformed
Presbyterian Church of North America” (RPCNA) e le “Associated Reformed
Presbyterian Church” (ARP) che discendono dai “Covenanters” scozzesi, “The
Reformed Church in America” (RCA) fondate da olandesi, gli stessi che posero le
basi della New Amsterdam (New York) nel 1626.[1]
Questi gruppi dalle radici scozzesi ed olandesi, insieme ai conservatori delle
PCUSA, rispettavano l’opera di Machen e del Westminster Seminary.[2]
Machen fece uno sforzo per far confluire al
Westminster Seminary tutte le tradizioni della riforma americana, scozzese ed
olandese. Influì sulla facoltà, il pensiero del teologo biblico Geerhardus Vos,
un olandese proveniente dalle CRC che insegnava a Princeton, dove rimase
nonostante le vive simpatie per il Westminster. Gli scozzesi erano
rappresentati dal teologo sistematico John Murray, cittadino inglese, che
insegnò al Westminster sino al 1967. Murray era fedele ad alcuni elementi
distintivi dei gruppi americani influenzati dai “Covenanters” scozzesi (l’uso
esclusivo dei salmi per l’adorazione), sebbene egli fosse ministro delle OPC.[3]
Vi erano anche differenze teologiche nel
movimento di Machen. Allan A. Macrae che insegnava al Westminster era
premillennialista, ed in seguito collaborò alla stesura delle note
dispensazionaliste della New Scofield Reference Bible (1967). Anche Paul
Woolley era un premillennialista, senza
avere simpatie dispensazionaliste. Machen era postmillennialista, la posizione
di maggioranza della Old Princeton. Il resto del corpo docenti del facoltà di
Westminster era amillennialista, anche se John Murray divenne postmillennialista
negli ultimi anni di vita. Altri premillenialisti servirono insieme a Machen
nel “Independent Board for Presbyterian Foreign Missions”. I premillennialisti
tornarono utili a Machen per avere contatti con il movimento evangelico.[4]
Machen morì
di polmonite nel 1937, con il disappunto di vedere la denominazione da lui
stesso fondata segnata da divisioni. Basti pensare che uno degli slogan del movimento
di Machen era “La verità prima della comunione fraterna”, con l’intenzione
evidente di sottomettersi al dettato biblico senza compromessi. In realtà
tale slogan andrebbe controbilanciato con il “parlando della verità in carità”
(Ef. 4:15). Non sempre la diversità di opinione deve condurre alla stesura
di test di ortodossia e a rotture di comunione. Vi sono differenze che vanno
tollerate, Romani 14 e 1 Corinzi 8-10 contengono buoni esempi
in tal senso. In tali brani nulla è detto a proposito del fatto che fratelli
che abbiano opinioni errate debbano essere allontanati dalla chiesa. L’apostolo
Paolo condanna gli spiriti di parte ed ordina alle parti avverse di vivere
in comunione (Prov. 13:10, 18:6, 26:21; Ab. 1:3; 1 Cor. 1:11, 11:16; Tit.
3:9) oltre che ad esprimere gentilezza (2 Cor. 10:1; Gal. 5:22; 1 Tess. 2:7;
2 Tim. 2:24; Tit. 3:2; Giac. 3:17).
E’ importante ricordare che vi sono
dottrine che sono realmente questione di vita o di morte per la chiesa. Ad
esempio nelle PCUSA, vi sono controversie a proposito di se i ministri dovrebbero
osservare o meno in modo integrale gli standard di fedeltà coniugale e castità,
se gli omosessuali vadano ordinati o se Gesù sia il solo Signore e Salvatore.
Il fatto che in tale denominazione vi siano tali problemi sul tappeto dovrebbe
indurre tutti i credenti a riflettere su quali siano le dottrine “vitali”
per il cristianesimo e quali invece vadano conciliate con uno spirito di carità.
Non ogni
differenza teologica è una differenza di prospettiva. Talvolta il credente
è chiamato a scegliere tra una dottrina vera ed un’altra falsa. In generale
dobbiamo ricordare che solo Dio è onnisciente e pertanto capace di leggere
la realtà in modo esauriente e da più prospettive al medesimo tempo. Non si
propone pertanto una lettura relativistica della teologia biblica, ma al contrario
si afferma che la oggettiva e infallibile verità della Parola scritta di Dio
deve sempre essere ricercata con carità, timore e tremore. Diamo di seguito
una panoramica delle discussioni che hanno diviso le comunità riformate ed
evangeliche nel corso del 20° secolo.
Escatologia
La prima battaglia combattuta dagli esponenti
della nuova denominazione creata da Machen riguardava l’ordine degli eventi
degli ultimi giorni, e in modo particolare la natura del “millennio”, un
periodo di mille anni menzionato in Apocalisse 20:4-6. I premillennialisti
classici, seguendo l’opinione di alcuni padri della chiesa, insegnavano che il
ritorno di Cristo precederà un periodo di mille anni di pace in cui il Signore
regnerà sulla terra insieme ai propri santi. I
dispensationalisti-premillennialisti aggiungevano che il ritorno di Cristo
avverrà in due fasi: (1) rapimento segreto dei soli Suoi santi, (2) susseguenti
sette anni di tribolazione al termine dei quali verrà istituito il regno
milleniale. Costoro aggiungevano che durante il millennio Dio avrebbe adempiuto
le promesse fatte ad Israele, che per tale motivo non andavano indebitamente
applicate ai credenti Gentili. Gli a-millennialisti credono che i mille anni di
Apocalisse 20 siano figurative, indicanti l’intero periodo tra la risurrezione
di Gesù ed il Suo ritorno, periodo durante il quale Cristo governa dal cielo e
conduce i popoli ad accettare la pace di Dio tramite la predicazione
dell’evangelo.
Nel dicembre del 1935 John Murray cominciò la
pubblicazione di una serie di articoli dal titolo “The Reformed Faith and
Modern Substitutes” sulla propria rivista “The Presbyterian Guardian”. Questi
articoli ponevano sotto accusa il pre-millenalismo dispensazionalista, il
modernismo e l’arminianesimo considerandoli tutti come delle eresie. Tali
articoli offesero molti aderenti allo stesso movimento di Machen, i quali o
simpatizzavano con la teologia dispensazionalista, o non la consideravano un’
eresia, o pensavano che la polemica potesse mettere in cattiva luce il
pre-millenalismo non dispensazionalista. Ciò insieme al dibattito che nomineremo
a breve, condusse ad una divisione nel movimento, portando alla creazione dopo
la morte di Machen di una nuova università il “Faith Theological Seminary” e di
una nuova denominazione la “Bible Presbyterian Church” (BPC), che rivide la
Confessione di Westminster dandole un’impronta premillennialista.
Il dibattito sulla escatologia è continuato
da allora sino ad oggi in mezzo ai conservatori di tipo riformato. Nel 1957
apparve il saggio di Loraine Boettner “The Millennium”, rinnovando la
discussione sulla posizione post-millenialista, che era stata relativamente
impopolare nei circoli riformati sin dai giorni della “Old Princeton”. I
postmillennialisti al giorno d’oggi di solito concordano con gli
amillennialisti in merito al fatto che i mille anni di Apocalisse 20 indicano
l’età tra la risurrezione e il ritorno di Cristo, ed enfatizzano che durante
tale periodo o verso la fine di esso, il vangelo trionferà, non solo conducendo
gli individui a salvezza, ma anche dominando la cultura. Tra il 1960 e 1970, il
postmillennialismo divenne la dottrina dominante del Christian Reconstruction
Movement, guidato da RJ. Rushdoony, Gary
North e Greg L. Bahnsen. I ricostruzionisti deducevano che
amillennialismo e premillennialismo, poichè erano pessimisti circa la possibilità
di un dominio della cultura cristiana, avevano una grossa responsabilità per il
moderno declino della influenza cristiana nella società.
Il postmillennialismo tende ad una
interpretazione preterista di molti brani biblici aventi a che fare con gli
ultimi giorni, tali come il discorso sul Monte degli Olivi (Mt. 24; Mc. 13; Lc.
21) e Apocalisse. I preteristi ritengono che molti (o nella forma estrema:
tutti) degli eventi predetti in questi brani hanno già avuto luogo nel 70 d.C.
quando Dio ha giudicato Israele tramite l’impero romano. Recentemente i
preteristi (alcuni affiliati con il Christian Reconstruction Movement, altri
no) sono diventati molto attivi, formando organizzazioni, tenendo conferenze e
producendo letteratura. La forma estrema di preterismo, chiamata talvolta
“pieno preterismo”, nega che la Scrittura prometta un ritorno futuro del
Signore.
La prospettiva preterista non sembra
ortodossa, ma i seguaci delle altre tendenze escatologiche sembrano avere
ampiamente esagerato l’importanza di adottare una visione a scapito delle
altre. Ad esempio non sembra abbastanza evidente dalla Scrittura considerare
una prospettiva più ortodossa dell’altra, contrariamente a quanto credono i
teonomisti postmillennialisti, sembra che le posizioni escatologiche abbiano
poco a che fare con il pessimismo o l’ottimismo culturale, molti cristiani
attivi politicamente negli USA sono stati premillennialisti (Jerry Falwell, Pat
Robertson) o amillennialisti (James Skillen, the Association for Public
Justice). Per molti cristiani, il comando biblico di ricercare la giustizia
nella società è una sufficiente ragione per divenire culturalmente e
politicamente attivi.
Dal 1970,
la libertà escatologica prevale in molte denominazioni riformate
americane. Anche le Reformed Presbyterian Church, dipendenti dall’Evangelical
Synod (RPES), una scissione del BPC, che mantiene la revisione premillenniale
della Confessione di Westminster, ritiene che tutte e tre le posizioni
escatologiche debbano essere tollerate nella chiesa, anche se tale crescente
consenso non cancella gli effetti della frattura del 1937.
Apologetica
Cornelius Van Til, insegnante di apologetica
al Westminster, e Gordon H. Clark, insegnante di filosofia al Wheaton College,
e in seguito al Butler University e al Covenant College cercarono di spiegare
le modalità epistemologiche tramite le quali le persone conoscono Dio; erano
entrambi presupposizionalisti, in quanto ritenevano che la rivelazione di Dio
fosse autoritativa e non sottomessa al tribunale della ragione. Clark riteneva
che il teismo cristiano, allo stesso modo che altre visioni del mondo, fosse
simile ad un sistema assiomatico matematico, ossia presupponeva alcuni assiomi
convalidati dai criteri della consistenza logica e dell’adeguatezza agli scopi
prefissati. L’assioma della cristianità è la verità della Bibbia, e gli
apologeti debbono persuadere che la Bibbia è logicamente consistente ed
adeguata al proprio compito redentivo. Van Til contestò tale concezione,
ritenendo che la logica non potesse
essere considerata “neutrale” e pertanto inadeguata a fungere da test della
validità della rivelazione; la logica è convalidata dalla Scrittura e non
viceversa. A Van Til, Clark appariva troppo razionalista. Per Clark, Van Til
era un irrazionalista.
Nei circoli riformati vi era chi rigettava il
presupposizionalismo nella direzione della tradizione. James Oliver Buswell,
uno del gruppo dei premillennialisti che si divisero dal Westminster e dalle
OPC, contestavano il pensiero di Van Til da una prospettiva empirista, mentre
molti appartenenti alla Christian Reformed Church si interrogavano se
l’approccio di Van Til fosse genuinamente riformato. Gli apologeti John
Gerstner, R.C. Sproul, Arthur Lindsley rigettavano Van Til in favore di un
approccio “classico”, basato sulla teologia naturale e le prove storiche,
presupponendo solo alcune assunzioni di base quali il principio di non
contraddizione e la normale verità delle percezioni sensoriali. Il filosofo
Alvin Plantinga, che presenta il proprio pensiero come “Epistemologia Riformata”,
afferma che le persone sono razionalmente giustificate credendo in Dio senza
prove o argomentazioni, sebbene tali credenze razionali siano aperte a
confutazione tramite prove o argomentazioni. Giungiamo pertanto a conoscere Dio
quando le nostre facoltà conoscitive, lavorando propriamente e in un
appropriato contesto, vengono naturalmente a creare credenze in Dio. Questa
posizione diversamente da quanto i suoi assertori affermano, non sembra essere
una reale risposta alle problematiche di Van Til, di Clark, di Gerstner e degli
altri. William Lane Craig, afferma che la epistemologia riformata è più
impegnata a rispondere a come possiamo “conoscere” la verità, dove i
presupposizionalisti e gli evidenzialisti sono impegnati a comprendere come
possiamo “proclamare” la verità. Va ricordato che la teologia di Calvino e
delle confessioni di fede riformata posseggono implicazioni apologetiche, ma
non sembrano trattare esplicitamente di apologetica o epistemologia.
Il dibattito sulla incomprensibilità di Dio
Tra il 1944-48 le OPC furono funestate da un
dibattito tra i seguaci di Van Til e quelli di Clark. Il presbiterio di
Philadelphia dell’OPC aveva ordinato Clark al ministero nel 1944, ma i seguaci
di Van Til protestarono contro tale ordinazione, in quanto tra l’altro Clark
sembrava avere una posizione non ortodossa a proposito della “incomprensibilità
di Dio”. Entrambe le fazioni concordavano sul fatto che Dio fosse
incomprensibile agli esseri umani, ma divergevano sulla relazione tra i
pensieri di Dio e quelli dell’uomo. Per Van Til quando Dio pensa “Questa è una
rosa” i “contenuti” dei pensieri di Dio sono “qualitativamente differenti” dai
contenuti dei pensieri della mente di qualsiasi essere umano che pensa: “Questa
è una rosa”. A Clark, il contenuto dei pensieri di Dio e degli esseri umani, in
casi come quello in questione, è identico. Van Til tentava di preservare la
differenza tra Creatore e creatura, Clark provava ad evitare lo scetticismo
perchè se unicamente i pensieri di Dio sono veri, e i pensieri degli esseri
umani differiscono da quelli di Dio in ogni aspetto, allora i pensieri degli
uomini non possono essere veri. Termini quali “contenuti” e “differenza
qualitative” mai scrupolosamente definiti, oltre a rancori personali
inquinarono la discussione. Van Til seppure in modo confuso non negava ciò che
era importante per Clark, che Dio e l’uomo possono credere la medesima
proposizione e convenire su quanto è oggettivamente vero. Clark espresse nella
discussione sui “modi” della conoscenza di Dio, ciò che era molto importante
per Van Til, la radicale differenza tra la natura e l’opera della mente divina
e la mente umana. Il risultato della controversia fu che l’Assemblea Generale
della OPC non revocò l’ordinazione di Clark, ciononostante quest’ultimo insieme
a molti suoi seguaci abbandonarono la denominazione.
Rapporto tra Filosofia e Teologia
Fino a circa gli anni 60, Van Til era
associato con I filosofi olandesi che aderivano alla scuola della “filosofia
dell’idea di legge” di Herman Dooyeweerd, D. Th. Vollenhoven, S.U. Zuidema, K.
Popma, J.P.A. Mekkes, H. Evan Runner, H. Van Riessen. Dopo gli anni 60 divenne
evidente che Dooyeweerd era in disaccordo con alcuni aspetti dell’apologetica
di Van Til e in modo specifico con la convinzione che il fare filosofia dovesse
essere sottomosso al contenuto concettuale della Bibbia. Alla fine degli anni
1960 alcuni seguaci del pensiero di Dooyeweerd quali: James Olthuis, Hendrik
Hart e Calvin Seerveld, fondarono a Toronto lo “Institute for Christian
Studies” (ICS), che pubblicò anche articoli popolari su filosofia, politica,
teologia e sociologia. Come accadde ad altri movimenti creati a cavallo tra gli
anni 60 e 70, la presentazione di tali argomenti era fatta con grande zelo, e
molti appresero che la teologia riformata era “dualistica”, “scolastica” e non
degna dei riformatori, e che il solo modo per vivere autenticamente la propria
fede era quella di sottometterla al pensiero di Dooyeweerd. Le ICS adottarono
una linea socialista o liberale a proposito di molte questioni sociali e
teologiche, ma altri seguaci di Dooyeweerd assunsero posizione più
conservative.
Teonomismo
La pubblicazione nel 1973 delle “Institutes of Biblical Law” di Rousas J.
Rushdoony e nel 1977 di “Theonomy in Christian Ethics” di Greg L. Bahnsen
ravvivarono una posizione non unanime ma spesso presente nella tradizione
riformata: lo stato civile attuale dovrebbe essere governato con le leggi
mosaiche, in modo particolare la pena di morte dovrebbe oggi essere applicata
ai medesimi crimini per la quale era comminata sotto l’antico patto (ad
esempio: bestemmia, omosessualità, adulterio). Coloro che si oppongono a questa
concezione affermano che la relazione ad Israele da parte di Dio era unica ed
inadatta ad essere applicata oggi alle nazioni. Una posizione moderata è quella
che tenta di comprendere il significato di ciascuna legge mosaica allo scopo di
individuarne la funzione redentiva all’interno della società israelitica. I
teonomisti, o cristiano-ricostruzionisti, inizialmente diedero l’impressione di
avere un programma politico ben articolato che prevedesse l’introduzione
massiccia della pena di morte. In seguito la loro posizione si è manifestata
più moderata poiché i rappresentanti del movimento chiarirono che le leggi
dell’AT non dovevano essere introdotte fino a che una società non fosse stata
dominata da una notevole maggioranza di credenti nati di nuovo, amanti della
legge di Dio. Poiché molti ricostruzionisti erano postmillennialisti,
ritenevano che il dominio della cultura dovesse essere un compito progressivo;
a ciò va aggiunto che nessuno aderente a questo movimento intendeva instaurare
un regime di terrore, poiché i centri principali di governo sarebbero state le
famiglie e gli individui. Questa posizione continua ad essere discussa in conferenze
e seminari e la posizione tenuta in generale è quella moderata di teologi quali
Poythress.
Patto e Giustificazione
John Murray insegnava che l’essenza del patto
è la promessa redentiva di grazia. Un insegnante di Antico Testamento, Meredith
G. Kline, affermava nell’articolo “Law Covenant” che l’essenza del patto è
legge, non grazia, sebbene sotto il Nuovo Patto, Cristo porta la pene per la
rottura del patto come un sostituto per il proprio popolo e ciò adempie le
condizioni del patto della legge tramite la grazia. In tal modo la nostra
relazione con Dio è strettamente basata sul merito: il nostro merito che porta
a condanna ed il merito di Cristo imputato alle nostre vite e ricevuto per
fede, conducendoci a fede e vita eterna. Nel 1970 Norman Shepherd, uno dei
successori di Murray al dipartimento di teologia sistematica del Westminster,
affermò che nel patto la grazia di Dio e la responsabilità umana sono
inseparabili, e tramite lo Spirito di Dio noi siamo uniti a Cristo. In tal modo
la nostra relazione a Dio non è basata sul merito, ciò perché la fede salvifica
è sempre vivente ed attiva (Giacomo 2:17), Shepherd enfatizza che le opere sono
una necessaria evidenza di giustificazione per fede. Il termine “necessaria”
accese un dibattito al Westminster Seminary nel periodo 1974-82 vivo a
tutt’oggi. Gli oppositori di Shepherd affermavano che egli rendeva le opere
necessarie per la salvezza, compromettendo la dottrina centrale del pensiero
riformato: la giustificazione per sola fede. I suoi estimatori affermavano al
contrario che sebbene le opere non salvino, la fede senza le opere è morta. La
facoltà del Westminster e il Philadelphia Presbytery dell’OPC esaminarono la
posizione di Sheperd e in modo non ufficiale la dichiararono non ortodossa. Nel
1982 a Shepherd venne chiesto di rassegnare le dimissioni per il bene del
Westminster. Shepherd lasciò il Westminster per un posto di pastore nelle CRC.
Il Westminster in California è ora dominato da coloro che credono che tale
posizione sia un serio errore (inclusi Meredith Kline, W. Robert Godfrey,
Michael S. Horton, R. Scott Clark), mentre il Westminster di Philadelphia, che
licenziò Shepherd nel 1982, segue ora la sua posizione.
Il Rapporto tra Legge e Vangelo
Negli anni 90 un certo numero di riformati è
stato attratto dalla dicotomia legge-vangelo tipica del pensiero luterano e
piuttosto estranea al pensiero calvinista. La legge consisterebbe
esclusivamente di comandamenti, minacce e terrori, mentre il vangelo presenta
solo promesse e conforto. Non vi sono promesse e conforti nella legge nè
comandi nel vangelo, senza tale distinzione la legge è ammorbidita e il vangelo
non risulta essere più una buona novella. Questa dottrina sarebbe implicita
nella giustificazione per sola fede. Secondo costoro Norman Shepherd (del quale
abbiamo detto sopra) confonderebbe legge e vangelo. La rivista “Modern
Reformation” presenta questa posizione che è anche la posizione della “Alliance
of Confessing Evangelicals” e del “Westminster Theological Seminary” in
California.
Gli oppositori riformati di questa dottrina
affermano che la Bibbia stessa non si cura di separare legge e vangelo, anche
se non insegna la giustificazione tramite le opere della legge. Lo stesso
decalogo esordisce proclamando la grazia di Dio che ha liberato Israele
dall’Egitto, intimando al popolo di essere grato a Dio per tale opera potente
(Es. 20:1-17). Alcuni comandamenti del decalogo sono promesse di benedizione
(Es. 20:6 e 12). Dio fa grazia per il tramite della legge (Sal. 119:29). Allo
stesso modo il vangelo è la proclamazione del fatto che Dio regna e dona
autorità alla propria legge (Is. 52:7), comanda di pentirsi e credere (Mc.
1:14-15), e di esprimere buone opere (Gc. 2:14-26).
Consulenza Pastorale
Jay E. Adams si
aggregò alla facoltà del Westminster di Philadelphia nei tardi anni 60 e
nel 1970 pubblicò “Competent to Counsel”,
dove presentava la teoria del “noutetico” più tardi chiamata della “consulenza
biblica”.
Il termine “noutetico” è biblico è deriva dal greco nouthesia (verbo noutheteo).
Esso è usato nel NT principalmente dall’apostolo Paolo, ed è tradotto
usualmente con “ammonire, correggere o istruire”. Ricorre in brani quali Romani
15:14 “Ora, fratelli miei,
sono io pure persuaso, a riguardo vostro, che anche voi siete pieni di bontà,
ricolmi d'ogni conoscenza, capaci anche d'ammonirvi a vicenda.”. In questo
brano l’apostolo stava incoraggiando tutti i membri della chiesa di Roma ad
esprimere mutua consulenza spirituale. Nello stesso tempo i responsabili della
congregazione sono chiamati ad esprimere tra le altre cose, una consulenza
stabile nei confronti delle anime che Dio ha loro affidate. Adams era scettico in merito all’efficacia della
psicologia secolare, ritenendo che la sola Scrittura fosse sufficiente per la
cura pastorale. Egli riteneva che non esistesse una cosa come la “malattia
mentale”, pensando che la malattia fosse solo o del corpo (sfera della
medicina) o dell’anima (sfera della cura pastorale). Tale idee si diffusero
rapidamente e al giorno d’oggi vi sono centri di cura pastorale e seminari che
diffondono tale prospettiva. La dottrina di Adams è stata osteggiata dai
cosidetti “integrationisti” o “consiglieri cristiani”, i quali affermano che le
teorie di Adams non sono sufficientemente adeguati ai dati forniti dalla
rivelazione generale. I seguaci di Adams affermano che altre forme di cura
pastorale sostituiscono la sapienza del mondo all’insegnamento delle Scritture.
Gli schieramenti divergono anche in merito alla natura della scienza: è la
psicologia una disciplina neutrale oppure opera sul fondamento di un
presupposto religioso, antitetico all’insegnamento biblico? Le due scuole
differiscono anche in merito allo statuto istituzionale dei consulenti
pastorali: i consulenti noutetici ritengono che la consulenza è parte del
ministero pastorale della chiesa, mentre gli integrazionisti pensano che i
consulenti dovrebbero essere licenziati dallo stato e posti al di fuori del
controllo della chiesa. Da una decina di anni a questa parte gli
integrazionisti sono diventati più sensibili ai dati biblici per la soluzione
dei problemi delle persone, mentre i noutetici sono divenuti più attenti ai
dati della rivelazione generale.
Il significato del Culto di Adorazione
La “Guerra dell’adorazione” degli evangelici
ha coinvolto anche le chiese riformate in due aspetti in particolare:
Il principio regolativo, ossia il modo come
Dio regola l’adorazione all’interno della chiesa. La teologia
riformata ha sempre sottolineato il valore della “sola Scrittura”, più dei
luterani e degli anglicani. Per tale motivo si afferma che tutti gli elementi
dell’adorazione debbono essere “prescritti” dalla Bibbia. Ma non tutto ciò che
è espresso in adorazione ha lo statuto di “elemento dell’adorazione”. I
riformati ritengono che vi siano comportamenti che pur essendo prescritti dalla
luce della natura e dalla prudenza cristiana, non sono contrarie alle regole
generali della Bibbia. Ma quali sono tali elementi?
Alcuni continuano a difendere l’approccio
tradizionale Puritano-Scozzese, che prescrive l’uso esclusivo di Salmi per i
canti di adorazione, senza musica strumentale, o con alcune piccole varianti
rispetto a tale approccio. Altri ritengono che la Scrittura lasci un largo
margine di libertà nella organizzazione del culto. Costoro supportano la
propria convinzione affermando che anche se le prescrizioni per il rituale
sacrificale del tabernacolo e del tempio sono molto dettagliate, la Bibbia non
afferma nulla a proposito dell’adorazione nella sinagoga e molto poco in merito
all’adorazione nella chiesa del NT. Alcuni nelle comunità riformate invocano
uno stile di adorazione molto semplice, focalizzato sulla predicazione non
diversamente dalla tradizione puritana. Altri invocano cerimonie più
articolate, variamente adattando la liturgia di Ginevra o di altre chiese riformate.
Altri ancora hanno introdotto elementi associabili all’influenza
dell’evangelicanesimo contemporaneo: 3 o 4 canti di seguito, uso di chitarre,
sintetizzatori e tamburi, uso di melodie contemporanee, tentativi di colpire
emozionalmente i visitatori non credenti. Solitamente quest’ultimo approccio è
esplicitamente bollato come non riformato. Gli avvocati dello svecchiamento
dell’adorazione accusano i tradizionalisti di ignorare il dettato paolino che
l’adorazione deve essere edificante e comprensibile alla congregazione e ai
visitatori non credenti (1 Cor. 14:22-25).
Predicazione e Storia della Redenzione
Nonostante il professore di Teologia Biblica,
Geerhardus Vos, fosse rimasto a Princeton dopo la fondazione del Westminster
Seminary, molti degli insegnanti di quest’ultima università lo ammiravano ed
erano influenzati dal suo insegnamento. Vos insegnava che la Scrittura non era
un testo contenente solo affermazioni dottrinali o massime etiche, quanto
piuttosto la narrazione della storia della redenzione ossia degli atti
salvifici di Dio dalla creazione alla consumazione di tutte le cose. Nel 1961
Edmund P. Clowney, professore di Teologia Pratica al Westminster, publicò il
saggio “Preaching and Biblical Theology”, nel quale seguendo gli insegnamenti
di alcuni studiosi olandesi degli anni 30 e 40, arguiva che la predicazione
deve limitarsi alla presentazione della storia della redenzione. Clowney
aggiungeva che scopo del predicatore non dovesse essere presentare caratteri
biblici o esempi morali (chiamati “esemplarismi” e “moralismi” dagli olandesi),
ma piuttosto presentare il ruolo di ciascun carattere nel dramma storico che
conduceva a Cristo. La predicazione pertanto doveva avere come scopo quello di
presentare Cristo e il vangelo. La conseguenza alla quale i seguaci delle idee
di Clowney giungevano era che il predicatore non dovesse mai applicare le
Scritture ai problemi morali. Clowney giustamente attirava l’attenzione sul
dramma storico-redentivo biblico e sulla centralità di Cristo, ma vero è che la
Bibbia contiene anche leggi, proverbi, canti, lettere ed apocalissi e non
soltanto narrazione storica. Gli scrittori biblici quando presentano caratteri,
sono in parte animati dal desiderio di proporli come un esempio negativo o
positivo per il comportamento umano, ad esempio: Rom. 4:1-25; 1 Cor. 10:1-13;
Ebr. 11; Giac. 2:21-26, 5:17-18; 2 Piet. 2:4-10; Giuda 8-13). La Scrittura ci
esorta ad imitare tanto Cristo (Gv. 13:34-35) quanto Paolo (1 Cor. 11:1,2; Tim.
3:10-11), Timoteo (1 Tim. 4:12), il Padre (Mt. 5:44-48; 1 Piet. 1:15-16).
L’imitazione è un importante mezzo scelto da Dio per promuovere la nostra
santificazione. La Scrittura deve senz’altro essere applicata ai nostri
comportamenti (Giac. 20:31; 2 Tim. 3:16-17).
Sottoscrizione delle Confessione di Fede
Le chiese riformate sono per tradizione
“confessionali” ossia si riconoscono in una serie di “confessioni di fede” e
pertanto chiedono ai propri ministri o addirittura a tutta l’assemblea dei
credenti di sottoscriverle. Il confronto con il liberalismo teologico convinse
molti conservatori a prendere molto più seriamente in considerazione il
contenuto delle confessioni. Ma vi fu chi temette che una sottoscrizione troppo
rigida implicasse l’impossibilità di emendare le confessioni e dunque di
considerarle sullo stesso piano della Scrittura. Solitamente la questione della
sottoscrizione nasconde il desiderio di sottolineare più la propria identità
storica che quella teologica.
Unità della Chiesa
Tra i riformatori Calvino risultò quello più
sensibile al problema dell’unità della chiesa, specialmente all’unità visibile
del movimento protestante. Resistendo alla tendenza dei protestanti a dividersi
in calvinisti e luterani, Calvino sottoscrisse una versione riveduta della
luterana Confessione Augustana. Di recente alcuni pensatori riformati hanno
sottoscritto la nozione di “pluriformità”, ossia l’opinione che le
denominazioni sono nel complesso una cosa buona, in quanto espressione del modo
con il quale Dio tratta con la diversità dei temperamenti, delle dottrine e dei
doni. Altri riformati hanno rigettato la “pluriformità” affermando che Dio mai
ha ordinato differenze di denominazione, ma piuttosto che le differenze tra
credenti debbono essere temperate all’interno di una chiesa non differenziata
denominazionalmente. Tale posizione ha acquistato credito verso la fine del 20°
sec. Le denominazioni riformate hanno formato organizzazioni quali la “Reformed
Ecumenical Synod”, la “International and American Councils of Christian
Churches”, la “World Reformed Fellowship”, la “National Association of
Presbyterian and Reformed Churches” allo scopo di superare il “male” delle
divisioni. Nel 1982 le RPES si unirono alle PCA, la quale rifiutò alle OPC di associarsi; dopo 3 anni il tentativo
di queste ultime fu reiterato, ma mancando i necessari 2/3 dei voti della
propria Assemblea Generale, il tentativo fallì ancora. Partiti pro-unione ed
anti-unione si confrontarono aspramente durante tale periodo.
Quando i credenti lasciano una denominazione
essi tendono a formarne un’altra, piuttosto che ad unirsi ad altre
denominazioni già esistenti. Negli anni 90 la “Alliance of Confessing
Evangelicals” (ACE) riunì cristiani provenienti da confessioni differenti:
luterani, riformati, battisti, anglicani ed altri ancora. L’enfasi era posta sui
riformati “sola”: “sola Scrittura”, “sola grazia”, “sola fede”, “solo Cristo”,
“solo a Dio Gloria”. Purtroppo le premesse sono andate deluse per la comparsa
di dottrine che hanno dato luogo a divisioni quali: forte distinzione tra legge
e vangelo, una visione dei “due regni” a proposito di Cristo e della cultura,
un approccio alla teologia eccessivamente storicizzato, stretta sottoscrizione
e adorazione tradizionale.
Tradizione in Teologia
La teologia riformata sulla scia di Lutero e Calvino crede nella “sola
Scrittura”, convinti che la Bibbia dovesse essere secondo come afferma la
“confessione” di vicolo Ruggi d’Aragona:
“La Sacra Scrittura, trasmessaci dallo Spirito Santo,
costituisce l’unico e supremo arbitro per la soluzione di tutte le controversie
in campo religioso, per l’esame delle dottrine umane e delle opinioni
personali; la chiesa, i ministri di culto, le parole profetiche, ogni altra
cosa, devono in essa trovare fondamento e ragione. La direzione della Sacra
Scrittura deve essere considerata sufficiente per l’orientamento della vita del
credente, essendo la fede basata sulla Scrittura stessa.”.
Cionostante i riformatori rispettarono a tal punto i
propri predecessori, tanto da fare uso dei padri della chiesa e specialmente di
Agostino, accettando l’insegnamento delle più antiche confessioni di fede. A causa di tale atteggiamento furono molto cauti nei
confronti dei cambiamenti radicali invocati da altri. Negli anni 50 e 60 molti
leaders dell’evangelicanesimo erano apologeti e teologi biblici e sistematici,
ma alla fine del 20° sec. gli storici della chiesa sono divenuti prominenti,
ciò ha comportato una maggiore attenzione per la “storia” della teologia. La
teologia riformata ha partecipato a tale sviluppo attraverso il lavoro di David
Wells, Donald Bloesch, Mark Noll, George Marsden, Darryl Hart, Richard Muller,
Michael Horton. Alcuni di questi invocano una stretta sottoscrizione alle
confessioni di fede, adesione ad una adorazione di tipo tradizionale (frequente
l’appello alle Directory di Westminster), rinnovo di interesse per dottrine
quali quelle del patto, della giustificazione e del rapporto legge e vangelo.
Le ACE supportano questa enfasi.
Figliolanza
C. John Miller insegnava Teologia Pratica al
Westminster Seminary di Philadelphia e creò la New Life Church (originariamente
OPC, poi PCA). Egli enfatizzava l’importanza di ministri impegnati nel compito
dell’evangelizzazione, fondando la “World Harvest Mission”. Diede inizio ad un
ministero chiamato “Figliolanza” (Sonship), che attraverso conferenze e
registrazioni presentava una visione peculiare della vita cristiana non
caratterizzata dalla sola giustificazione, ma anche dalla santificazione
ottenuta per fede. Il modo per ottenere vittoria sul peccato secondo Miller,
non era tanto l’adempimento della legge, quanto piuttosto l’ascolto del
messaggio del vangelo che si esplica nel riguardare a Cristo come a colui che
ha portato la colpa per i nostri peccati e ci ha recato liberazione dal
peccato. Ciò implica una vita di pentimento, ma anche la consapevolezza che
Cristo ci ha resi liberi dal peccato per essere suoi figli. “Sonship” è
divenuto un movimento di risveglio nei circoli conservatori presbiteriani, (ad
esempio PCA). Il movimento “Sonship” è apprezzabile nella enfasi sui benefici
della proclamazione dell’evangelo, ma è contestabile nel sottolineare l’azione
deleteria della legge per la nostra disciplina.
Edonismo
Cristiano
Gli scritti di John Piper hanno avutoe
continuano ad avere un grosso impatto sui riformati e altri credenti evangelici
del tardo 20° sec. Tale teologia è costruita su alcune idee di Jonathan
Edwards. Piper afferma che la vita cristiana è essenzialmente un gioire in Dio,
in quanto Dio è glorificato quando il proprio popolo gioisce. La vita cristiana
si abbassa di tono quando prendiamo diletto in cose diverse da Dio stesso. L’opera di Piper anche se sulla base di un messaggio
differente, ha generato un risveglio simile a quello della “Sonship”. Piper è stato
criticato sulla base del Catechismo di Heidelberg, secondo il quale la nostra
obbedienza a Dio deve essere motivata dalla gratitudine per ciò che Egli ha già
compiuto per noi. Piper pur accettando tale elemento, vi aggiunge ciò che
chiama la “etica del debitore”, ossia dobbiamo quotidianamente ripagare Dio per
l’amore che Egli continuamente infonde nei nostri cuori.
Ruolo della donna nella chiesa
La comunità riformata si è molto interrogata
sul ruolo della donna nella chiesa, in famiglia e sul luogo di lavoro. Molti
conservatori abbandonarono le CRC negli anni 90 in quanto tale denominazione
apriva tutti i ministeri della chiesa alle donne. Ma gruppi evangelici
conservatori quali gli “Evangelical Presbyterian Church” (EPC), che lasciarono
le PCUSA a causa della tendenza liberale di queste, hanno donne-anziano in
molte delle loro comunità e diversamente dalle PCUSA, le EPC non obbligano le
comunità della denominazione ad avere donne-anziano. Credenti hanno abbandonato
in tempi relativamente recenti le PCA a causa dell’impiego di donne
nell’adorazione, in quanto il loro ruolo è stato inteso simile a quello di
“predicatrici”. La controversia si è appuntata sul senso di brani quali 1
Corinzi 14:33-35 e 1 Timoteo 2:11-15, le donne debbono essere escluse
dall’insegnamento e dal governo della chiesa, e in aggiunta a ciò dovrebbero stare
in silenzio e non insegnare se non ad altre donne.
Elezione e Patto
Nel 2002, alcune conferenze furono tenute
alla Auburn Avenue Presbyterian Church, Monroe, Louisiana, dal titolo “The
Federal Vision: A Re-examination of Reformed Covenantalism”. Queste conferenze
crearono polemiche nei circoli conservatori Presbiteriani, poiché in esse si
affermava che l’elezione divina dovrebbe essere compresa in modo primario come
un patto storico, cioè la scelta di Dio da parte dell’uomo al fine di
appartenere alla chiesa. Poiché il battesimo è il marchio di ingresso nella
chiesa visibile, tutti i membri battezzati della chiesa dovrebbero considerare
se stessi eletti, non diversamente da come Paolo fa nelle proprie epistole
chiamandoli “santi” e “scelti”. Ma l’elezione, come il patto, è condizionale.
Se le persone sono tanto disobbedienti da essere scomunicate e messe fuori
dalla chiesa, non possono riguardare se medesime come elette. Le obiezioni sono
connesse a (1) se questa prospettiva faccia giustizia al carattere eterno
dell’elezione come descritta da Paolo, ad esempio in Efesini 1:4, (2) se
l’elezione e dunque la salvezza non vengono fatte dipendere troppo dalle opere
umane.
L’osservanza del 4° comandamento: lo Shabbath
Differenze nella comprensione dello Sabbath cominciarono
molto presto all’interno delle chiese della Riforma. Calvino riteneva che sotto
il Nuovo Patto non vi fossero giorni particolari per adorare e riposarsi. I
Puritani e gli scozzesi ritenevano che il “giorno del Signore” (Ap. 1:10) fosse
identico a quello dell’AT, eccetto nel fatto che adesso doveva essere celebrato
nel primo giorno della settimana piuttosto che nel settimo. L’opinione di
Calvino è riflessa nel Catechismo di Heidelberg, anche se nel Catechismo di
Westminster alla questione 51 è affermato:
“Come deve essere santificato il 'sabato'? Il
'sabato' deve essere santificato con un santo riposo per tutto quel giorno,
cessando da quelle occupazioni mondane e da quelle ricreazioni legittime comuni
negli altri giorni (Lev. 23:3); e trascorrendo l'intero tempo nell'esercizio
del culto pubblico e privato verso Dio (Sal. 92:1-2), eccetto per quanto è
necessario assumersi in opere di necessità e di misericordia (Mt. 12:11-12).
Commento. Il Decalogo è legge morale di valore
universale, così il riposo sabbatico è principio che vale per ogni popolo,
tempo e paese. 1) Esso è un'ordinanza che risale alla Creazione (Ge. 2:2,3); 2)
è stato impresso sulla pietra direttamente da Dio (Es. 31:18); 3) non è scritto
da nessuna parte nel Nuovo Testamento che esso sia stato abrogato (Mt. 5:17;
Ro. 3:31). Il comandamento però non indica che il riposo sabbatico debba essere
necessariamente il settimo giorno della settimana. Un nuovo ordine è stato
inaugurato con la risurrezione di Cristo, e i primi cristiani osservavano la
domenica (Mt. 28:1; Mc. 16:2; Lu. 24:1; Gv. 20:1,19; At. 20:7; 1 Co. 16:2).
L'importante però non è il giorno specifico, ma il principio che un giorno su
sette deve essere riservato solo al Signore. Cl. 2:16,17 ci dice di non fare
questioni sui giorni, l'importante è salvaguardare il principio. La parola
'sabato' significa 'riposo', è la cessazione delle attività comuni negli altri
giorni per riservare un giorno al Signore. Non che gli altri giorni possono
essere spesi senza considerazione alcuna del Signore, ma il 'sabato' significa
'giorno riservato al culto' in senso proprio. Certo può sembrare eccessivo
(quando ci viene chiesto finanche di 'non pensare' alle nostre occupazioni), ma
questo deve essere il nostro obiettivo. Parte poi dei doveri del 'sabato' sono
le opere di pietà (tutto ciò che favorisce e promuove il culto), le opere di
necessità (tutto ciò che è necessario per la conservazione ed il sostegno della
vita), e le opere di misericordia (quelle compiute per il bene altrui). Infine
il 4. comandamento non ci esorta solo al riposo in quel giorno, ma anche al
lavoro diligente tutti gli altri sei giorni.”
La dottrina puritana è contenuta negli
Standards di Westminster, ad esempio nella Confessione di Westminster (21-7-8):
“7. Poiché secondo la legge naturale, in generale, una debita proporzione di tempo, per ordine divino, dovrebbe essere messo a parte per il culto di Dio, così Egli, nella sua parola, tramite un comando positivo, morale e perpetuo in tal senso, vincolante per tutti gli uomini di tutti i tempi, ha stabilito un giorno su sette come riposo sabbatico da consacrare a Lui . Dall'inizio del mondo fino alla risurrezione di Cristo il sabato era stato l'ultimo giorno della settimana, ma dopo la risurrezione di Cristo il giorno consacrato a Dio divenne il primo giorno della settimana, chiamato il giorno del Signore, o Domenica, per essere osservato fino alla fine del mondo come il riposo sabbatico cristiano.
8. Questo
riposo sabbatico viene quindi consacrato al Signore da coloro che, dopo essersi
debitamente preparati nell'intimo loro, e sistemando in precedenza tutte le
loro faccende quotidiane, non solo osservano un santo riposo da tutte le loro
opere, parole e pensieri riguardanti le loro occupazioni e ricreazioni terrene
per tutta la giornata (436), ma occupano l'intero tempo negli esercizi pubblici
e privati del culto a Lui dovuto, nonché ad opere di misericordia e di
soccorso.”
Nel 1960 e 1970, le OPC disciplinarono due
ministri che seguivano la dottrina di Calvino a proposito dello Shabbath.
Doni Carismatici
Molti riformati ritengono che doni di lingua e profezia del NT, cessarono
con la fine dell’età apostolica. L’opinione che questi doni continuino nella
chiesa si ritiene sia in conflitto con il “sola scriptura”, in modo
particolare con il punto 1.1 della Confessione di Westminster. Tuttavia vi sono
riformati che ritengono che sebbene la Scrittura sia il sufficiente standard di
fede, Dio continui occasionalmente a rivelare se medesimo in altri modi. G.
Calvino afferma che Paolo applica il termine “profeta” in Efesini 4:11 “non a
tutti coloro che erano interpreti della volontà di Dio, ma a quelli che
eccellono in una rivelazione particolare. Questa classe o non esiste oggi o è
meno comune”. Tali profeti erano: “strumenti nel rivelare misteri e predire
eventi futuri”, così “ora ed ancora [il Signore] li fa rivivere come richiede
la necessità del tempo”. In seguito Calvino afferma che Dio ancora suscita
apostoli (probabilmente Calvino si riferisce a Lutero) per scopi particolari.
Samuel Rutherford, un membro dell’Assemblea di Westminster, riporta predizioni
sovrannaturali del futuro anche in mezzo ai riformatori. Vern Poythress cita in
tal senso John Flavel, vari Covenanters scozzesi, Peter Marshall, Cotton Mather
ed altri. Poythress ritiene che è possible riconoscere straordinarie opere
dello Spirito al giorno d’oggi analoghe ai doni apostolici. Ciononostante, due
pastori delle OPC sono stati disciplinati per avere insegnato che lo Spirito
può dare tali doni al giorno d’oggi, ed a
molti per il medesimo motivo è stata negata l’ordinazione in varie
denominazioni riformate. Un discorso che si sente di frequente è che le chiese
riformate debbono portare testimonianza contro il movimento carismatico
moderno. Comunque con questa posizione le chiese riformate portano
testimonianza contro una parte della propria storia.
Libertà Cristiana
Nel 1937 le OPC furono divise sulla
possibilità per il credente di bere o meno bevande alcoliche. Machen riteneva
che la Scrittura concedesse un uso moderato di bevande alcoliche, ma altri
appartenenti al suo stesso movimento ritenevano che l’alcool avesse prodotto
talmente tanto male nel mondo, al punto che i credenti coscienziosi dovevano
privarsene del tutto. La posizione moderata era quella che godeva di stima maggiore
essendo quella più conforme alla tradizione riformata, di converso l’astinenza
era la posizione maggioritaria del movimento evangelico che aveva sostenuto
l’emendamento proibizionista della Costituzione americana. Ai moderati sembrava
che i partigiani dell’astinenza violassero il principio del “sola scrittura”
elevando un pregiudizio culturale allo status di dottrina biblica; al contrario
il fronte dell’astinenza ritenevano che i moderati rifiutassero di applicare i
principi della Scrittura ad un male sociale. Attualmente molte chiese riformate
americane usano mosto per la Cena del Signore (anche per deferenza nei
confronti degli ex-alcoolisti). Nei circoli riformati ma non in tutti quelli
evangelici, questo punto non è più oggetto di dibattito.
I giorni della creazione
Diversi insegnanti dell’Old Princeton
ritenevano che i giorni della creazione non andassero intesi come giorni di 24
ore, tra questi: Charles ed A.A. Hodge, B.B. Warfield, J. Gresham Machen e
Oswald T. Allis. Edward J. Young, che insegnava Antico Testamento al
Westminster Seminary, insegnava che I giorni si riferivano ad ere geologiche.
Nel 1957, Meredith G. Kline pubblicò un articolo intitolato “Because it Had Not
Rained”, affermando tra l’altro che non solo I giorni non andavano intesi alla
lettera, ma che neppure insegnavano una sequenza ordinata degli eventi
creazionali. Seguendo N.H. Ridderbos, Kline riteneva che la lista dei giorni
fosse solo una cornice letteraria per presentare la dottrina della creazione.
Posizioni classiche e moderne sono convissute sino agli anni 80 nelle chiese
riformate, finchè si è invocata l’adesione al giorno creazionale di 24 ore come
test per l’ortodossia. Molti ricostruzionisti hanno abbracciato tale posizione,
unita ad una stretta sottoscrizione di questo punto confessionale a loro dire
presenta nelle intenzione degli estensori della Confessione di Westminster.
Alcuni presbiteriani delle OPC e delle RCUS hanno negato l’ordinazione a quanti
non accettavano il giorno di 24 ore.
[1]
Le
“Christian Reformed Church” (CRC) si originarono da una divisione delle RCA nel
1822 ed esprimono una visione più conservatrice, e negli ultimi 40 anni è stata
funestata da dibattiti sulla in erranza biblica, l’ordinazione delle donne e
l’omosessualità, conducendo molti dei suoi membri più conservatori ad
abbandonare la denominazione per formare altre denominazioni quali la “Orthodox
Christian Reformed Church” (OCRC) e la “United Reformed Church” (URC).
[2] Un piccolo gruppo di denominazioni con radici tedesche, quali la “Reformed Church in the USA” (RCUS) usarono il Westminster per molti anni per istruire i propri ministri. Negli USA nelle comunità Congregazionaliste, Indipendenti e Anglicane vi sono persone con convinzioni riformate, tanto nelle “Protestant Episcopal Church” quanto nelle “Reformed Episcopal Church”. Molti Battisti abbracciano la soteriologia riformata con diversi gradi di apparezzamento per la teologia del patto e del governo della chiesa. Nel 1973 si verificò una divisione nella “Presbyterian Church US” (PCUS), la controparte del sud della “PCUSA” da cui Machen era fuoriuscito, per I medesimi motivi si formò allora la “Presbyterian Church in America” (PCA).
[3]
anche
in tal senso le RPCNA
[4] Lewis Sperry Chafer, Presidente del “Dallas Theological Seminary”,
desiderava che la propria università e quella di Westminster camminassero
assieme, cosa che Machen non sentiva.