Machen e lo spirito di polemica

Gresham Machen (1881-1937) si laureò alla Johns Hopkins University e al Princeton Theological Seminary, e in seguito approfondì i propri studi in Germania. La sua fede e stabilità teologiche furono turbate dal contatto con i circoli liberali tedeschi e in modo particolare dal contatto con la teologia di Wilhelm Herrmann. Cionostante riuscì a liberarsi da tale influenza grazie all’approfondimento del pensiero teologico presbiteriano dei princetoniani Charles Hodge, B.B. Warfield e Geerhardus Vos. Tornato negli USA, insegnò Nuovo Testamento al Princeton Seminary. Nelle opere “The Virgin Birth of Christ” e “The Origin of Paul's Religion” si scagliò contro l’alta critica tedesca della Bibbia, riaffermando l’autenticità storica dei testi del NT. Nel 1923 pubblicò “Christianity and Liberalism”, un attacco alla teologia liberale che cominciava a diffondersi all’interno di molte chiese riformate americane. In tale saggio affermava non soltanto che il liberalismo è errato, ma che è anche una religiosità diversa dal cristianesimo. Secondo Machen, il cristianesimo e il liberalismo ad un’attenta analisi risultavano agli antipodi nella comprensione del rapporto tra Dio e l’uomo, nella dottrina della Bibbia, della persona di Cristo, della salvezza e della chiesa. I liberali insegnavano che la dottrina è subordinata all’esperienza, che Dio è Padre di tutti a prescindere dalla redenzione, che la Bibbia è un testo che contiene soltanto il resoconto di mere esperienze umane, che Cristo è solo un esempio morale e che la salvezza sta tutta nel seguire tale esempio. Il Princeton Seminary, l’università dove Machen insegnava, era in quel periodo sotto l’autorità dell’Assemblea Generale della Presbyterian Church USA (PCUSA), questa nel 1928 decise di riorganizzare l’università allo scopo di renderla più rappresentativa delle opinioni presenti nella denominazione, inclusa la posizione liberale. Machen reagì a tale tendenza sentita come eretica, lasciando l’università assieme ai colleghi Robert D. Wilson ed Oswald T. Allis. Insieme fondarono il Westminster Theological Seminary di Philadelphia chiamando ad insegnarvi R.B. Kuiper, Ned B. Stonehouse, Allan A. MacRae, Paul Woolley, Cornelius Van Til e John Murray. Machen sperava che il Westminster continuasse la tradizione conservativa della confessione presbiteriana conosciuta anche come “Old Princeton”.

In 1936, Machen lasciò le PCUSA dopo che queste lo ebbero sospeso dal ministero a causa del suo coinvolgimento nello “Independent Board for Presbyterian Foreign Missions”, che egli stesso aveva creato allo scopo di preparare missionari non influenzati dal liberalismo. Piuttosto che accettare la sospensione Machen creò una nuova denominazione, inizialmente conosciuta come “Presbyterian Church of America” ed in seguito “Orthodox Presbyterian Church” (OPC). Molti conservatori non solo rimasero nella PCUSA, ma neppure abbandonarono altre  vecchie e meno cospicue numericamente denominazioni quali le “Reformed Presbyterian Church of North America” (RPCNA) e le “Associated Reformed Presbyterian Church” (ARP) che discendono dai “Covenanters” scozzesi, “The Reformed Church in America” (RCA) fondate da olandesi, gli stessi che posero le basi della New Amsterdam (New York) nel 1626.[1] Questi gruppi dalle radici scozzesi ed olandesi, insieme ai conservatori delle PCUSA, rispettavano l’opera di Machen e del Westminster Seminary.[2]

Machen fece uno sforzo per far confluire al Westminster Seminary tutte le tradizioni della riforma americana, scozzese ed olandese. Influì sulla facoltà, il pensiero del teologo biblico Geerhardus Vos, un olandese proveniente dalle CRC che insegnava a Princeton, dove rimase nonostante le vive simpatie per il Westminster. Gli scozzesi erano rappresentati dal teologo sistematico John Murray, cittadino inglese, che insegnò al Westminster sino al 1967. Murray era fedele ad alcuni elementi distintivi dei gruppi americani influenzati dai “Covenanters” scozzesi (l’uso esclusivo dei salmi per l’adorazione), sebbene egli fosse ministro delle OPC.[3]

Vi erano anche differenze teologiche nel movimento di Machen. Allan A. Macrae che insegnava al Westminster era premillennialista, ed in seguito collaborò alla stesura delle note dispensazionaliste della New Scofield Reference Bible (1967). Anche Paul Woolley era  un premillennialista, senza avere simpatie dispensazionaliste. Machen era postmillennialista, la posizione di maggioranza della Old Princeton. Il resto del corpo docenti del facoltà di Westminster era amillennialista, anche se John Murray divenne postmillennialista negli ultimi anni di vita. Altri premillenialisti servirono insieme a Machen nel “Independent Board for Presbyterian Foreign Missions”. I premillennialisti tornarono utili a Machen per avere contatti con il movimento evangelico.[4]  

Machen morì di polmonite nel 1937, con il disappunto di vedere la denominazione da lui stesso fondata segnata da divisioni. Basti pensare che uno degli slogan del movimento di Machen era “La verità prima della comunione fraterna”, con l’intenzione evidente di sottomettersi al dettato biblico senza compromessi. In realtà tale slogan andrebbe controbilanciato con il “parlando della verità in carità” (Ef. 4:15). Non sempre la diversità di opinione deve condurre alla stesura di test di ortodossia e a rotture di comunione. Vi sono differenze che vanno tollerate, Romani 14 e 1 Corinzi 8-10 contengono buoni esempi in tal senso. In tali brani nulla è detto a proposito del fatto che fratelli che abbiano opinioni errate debbano essere allontanati dalla chiesa. L’apostolo Paolo condanna gli spiriti di parte ed ordina alle parti avverse di vivere in comunione (Prov. 13:10, 18:6, 26:21; Ab. 1:3; 1 Cor. 1:11, 11:16; Tit. 3:9) oltre che ad esprimere gentilezza (2 Cor. 10:1; Gal. 5:22; 1 Tess. 2:7; 2 Tim. 2:24; Tit. 3:2; Giac. 3:17).

E’ importante ricordare che vi sono dottrine che sono realmente questione di vita o di morte per la chiesa. Ad esempio nelle PCUSA, vi sono controversie a proposito di se i ministri dovrebbero osservare o meno in modo integrale gli standard di fedeltà coniugale e castità, se gli omosessuali vadano ordinati o se Gesù sia il solo Signore e Salvatore. Il fatto che in tale denominazione vi siano tali problemi sul tappeto dovrebbe indurre tutti i credenti a riflettere su quali siano le dottrine “vitali” per il cristianesimo e quali invece vadano conciliate con uno spirito di carità.

Non ogni differenza teologica è una differenza di prospettiva. Talvolta il credente è chiamato a scegliere tra una dottrina vera ed un’altra falsa. In generale dobbiamo ricordare che solo Dio è onnisciente e pertanto capace di leggere la realtà in modo esauriente e da più prospettive al medesimo tempo. Non si propone pertanto una lettura relativistica della teologia biblica, ma al contrario si afferma che la oggettiva e infallibile verità della Parola scritta di Dio deve sempre essere ricercata con carità, timore e tremore. Diamo di seguito una panoramica delle discussioni che hanno diviso le comunità riformate ed evangeliche nel corso del 20° secolo.

Escatologia

La prima battaglia combattuta dagli esponenti della nuova denominazione creata da Machen riguardava l’ordine degli eventi degli ultimi giorni, e in modo particolare la natura del “millennio”, un periodo di mille anni menzionato in Apocalisse 20:4-6. I premillennialisti classici, seguendo l’opinione di alcuni padri della chiesa, insegnavano che il ritorno di Cristo precederà un periodo di mille anni di pace in cui il Signore regnerà sulla terra insieme ai propri santi. I dispensationalisti-premillennialisti aggiungevano che il ritorno di Cristo avverrà in due fasi: (1) rapimento segreto dei soli Suoi santi, (2) susseguenti sette anni di tribolazione al termine dei quali verrà istituito il regno milleniale. Costoro aggiungevano che durante il millennio Dio avrebbe adempiuto le promesse fatte ad Israele, che per tale motivo non andavano indebitamente applicate ai credenti Gentili. Gli a-millennialisti credono che i mille anni di Apocalisse 20 siano figurative, indicanti l’intero periodo tra la risurrezione di Gesù ed il Suo ritorno, periodo durante il quale Cristo governa dal cielo e conduce i popoli ad accettare la pace di Dio tramite la predicazione dell’evangelo.

Nel dicembre del 1935 John Murray cominciò la pubblicazione di una serie di articoli dal titolo “The Reformed Faith and Modern Substitutes” sulla propria rivista “The Presbyterian Guardian”. Questi articoli ponevano sotto accusa il pre-millenalismo dispensazionalista, il modernismo e l’arminianesimo considerandoli tutti come delle eresie. Tali articoli offesero molti aderenti allo stesso movimento di Machen, i quali o simpatizzavano con la teologia dispensazionalista, o non la consideravano un’ eresia, o pensavano che la polemica potesse mettere in cattiva luce il pre-millenalismo non dispensazionalista. Ciò insieme al dibattito che nomineremo a breve, condusse ad una divisione nel movimento, portando alla creazione dopo la morte di Machen di una nuova università il “Faith Theological Seminary” e di una nuova denominazione la “Bible Presbyterian Church” (BPC), che rivide la Confessione di Westminster dandole un’impronta premillennialista.

Il dibattito sulla escatologia è continuato da allora sino ad oggi in mezzo ai conservatori di tipo riformato. Nel 1957 apparve il saggio di Loraine Boettner “The Millennium”, rinnovando la discussione sulla posizione post-millenialista, che era stata relativamente impopolare nei circoli riformati sin dai giorni della “Old Princeton”. I postmillennialisti al giorno d’oggi di solito concordano con gli amillennialisti in merito al fatto che i mille anni di Apocalisse 20 indicano l’età tra la risurrezione e il ritorno di Cristo, ed enfatizzano che durante tale periodo o verso la fine di esso, il vangelo trionferà, non solo conducendo gli individui a salvezza, ma anche dominando la cultura. Tra il 1960 e 1970, il postmillennialismo divenne la dottrina dominante del Christian Reconstruction Movement, guidato da RJ. Rushdoony, Gary North e Greg L. Bahnsen. I ricostruzionisti deducevano che amillennialismo e premillennialismo, poichè erano pessimisti circa la possibilità di un dominio della cultura cristiana, avevano una grossa responsabilità per il moderno declino della influenza cristiana nella società.

Il postmillennialismo tende ad una interpretazione preterista di molti brani biblici aventi a che fare con gli ultimi giorni, tali come il discorso sul Monte degli Olivi (Mt. 24; Mc. 13; Lc. 21) e Apocalisse. I preteristi ritengono che molti (o nella forma estrema: tutti) degli eventi predetti in questi brani hanno già avuto luogo nel 70 d.C. quando Dio ha giudicato Israele tramite l’impero romano. Recentemente i preteristi (alcuni affiliati con il Christian Reconstruction Movement, altri no) sono diventati molto attivi, formando organizzazioni, tenendo conferenze e producendo letteratura. La forma estrema di preterismo, chiamata talvolta “pieno preterismo”, nega che la Scrittura prometta un ritorno futuro del Signore.

La prospettiva preterista non sembra ortodossa, ma i seguaci delle altre tendenze escatologiche sembrano avere ampiamente esagerato l’importanza di adottare una visione a scapito delle altre. Ad esempio non sembra abbastanza evidente dalla Scrittura considerare una prospettiva più ortodossa dell’altra, contrariamente a quanto credono i teonomisti postmillennialisti, sembra che le posizioni escatologiche abbiano poco a che fare con il pessimismo o l’ottimismo culturale, molti cristiani attivi politicamente negli USA sono stati premillennialisti (Jerry Falwell, Pat Robertson) o amillennialisti (James Skillen, the Association for Public Justice). Per molti cristiani, il comando biblico di ricercare la giustizia nella società è una sufficiente ragione per divenire culturalmente e politicamente attivi.

Dal 1970,  la libertà escatologica prevale in molte denominazioni riformate americane. Anche le Reformed Presbyterian Church, dipendenti dall’Evangelical Synod (RPES), una scissione del BPC, che mantiene la revisione premillenniale della Confessione di Westminster, ritiene che tutte e tre le posizioni escatologiche debbano essere tollerate nella chiesa, anche se tale crescente consenso non cancella gli effetti della frattura del 1937.

Apologetica

Cornelius Van Til, insegnante di apologetica al Westminster, e Gordon H. Clark, insegnante di filosofia al Wheaton College, e in seguito al Butler University e al Covenant College cercarono di spiegare le modalità epistemologiche tramite le quali le persone conoscono Dio; erano entrambi presupposizionalisti, in quanto ritenevano che la rivelazione di Dio fosse autoritativa e non sottomessa al tribunale della ragione. Clark riteneva che il teismo cristiano, allo stesso modo che altre visioni del mondo, fosse simile ad un sistema assiomatico matematico, ossia presupponeva alcuni assiomi convalidati dai criteri della consistenza logica e dell’adeguatezza agli scopi prefissati. L’assioma della cristianità è la verità della Bibbia, e gli apologeti debbono persuadere che la Bibbia è logicamente consistente ed adeguata al proprio compito redentivo. Van Til contestò tale concezione, ritenendo che la  logica non potesse essere considerata “neutrale” e pertanto inadeguata a fungere da test della validità della rivelazione; la logica è convalidata dalla Scrittura e non viceversa. A Van Til, Clark appariva troppo razionalista. Per Clark, Van Til era un irrazionalista.

Nei circoli riformati vi era chi rigettava il presupposizionalismo nella direzione della tradizione. James Oliver Buswell, uno del gruppo dei premillennialisti che si divisero dal Westminster e dalle OPC, contestavano il pensiero di Van Til da una prospettiva empirista, mentre molti appartenenti alla Christian Reformed Church si interrogavano se l’approccio di Van Til fosse genuinamente riformato. Gli apologeti John Gerstner, R.C. Sproul, Arthur Lindsley rigettavano Van Til in favore di un approccio “classico”, basato sulla teologia naturale e le prove storiche, presupponendo solo alcune assunzioni di base quali il principio di non contraddizione e la normale verità delle percezioni sensoriali. Il filosofo Alvin Plantinga, che presenta il proprio pensiero come “Epistemologia Riformata”, afferma che le persone sono razionalmente giustificate credendo in Dio senza prove o argomentazioni, sebbene tali credenze razionali siano aperte a confutazione tramite prove o argomentazioni. Giungiamo pertanto a conoscere Dio quando le nostre facoltà conoscitive, lavorando propriamente e in un appropriato contesto, vengono naturalmente a creare credenze in Dio. Questa posizione diversamente da quanto i suoi assertori affermano, non sembra essere una reale risposta alle problematiche di Van Til, di Clark, di Gerstner e degli altri. William Lane Craig, afferma che la epistemologia riformata è più impegnata a rispondere a come possiamo “conoscere” la verità, dove i presupposizionalisti e gli evidenzialisti sono impegnati a comprendere come possiamo “proclamare” la verità. Va ricordato che la teologia di Calvino e delle confessioni di fede riformata posseggono implicazioni apologetiche, ma non sembrano trattare esplicitamente di apologetica o epistemologia.

Il dibattito sulla incomprensibilità di Dio

Tra il 1944-48 le OPC furono funestate da un dibattito tra i seguaci di Van Til e quelli di Clark. Il presbiterio di Philadelphia dell’OPC aveva ordinato Clark al ministero nel 1944, ma i seguaci di Van Til protestarono contro tale ordinazione, in quanto tra l’altro Clark sembrava avere una posizione non ortodossa a proposito della “incomprensibilità di Dio”. Entrambe le fazioni concordavano sul fatto che Dio fosse incomprensibile agli esseri umani, ma divergevano sulla relazione tra i pensieri di Dio e quelli dell’uomo. Per Van Til quando Dio pensa “Questa è una rosa” i “contenuti” dei pensieri di Dio sono “qualitativamente differenti” dai contenuti dei pensieri della mente di qualsiasi essere umano che pensa: “Questa è una rosa”. A Clark, il contenuto dei pensieri di Dio e degli esseri umani, in casi come quello in questione, è identico. Van Til tentava di preservare la differenza tra Creatore e creatura, Clark provava ad evitare lo scetticismo perchè se unicamente i pensieri di Dio sono veri, e i pensieri degli esseri umani differiscono da quelli di Dio in ogni aspetto, allora i pensieri degli uomini non possono essere veri. Termini quali “contenuti” e “differenza qualitative” mai scrupolosamente definiti, oltre a rancori personali inquinarono la discussione. Van Til seppure in modo confuso non negava ciò che era importante per Clark, che Dio e l’uomo possono credere la medesima proposizione e convenire su quanto è oggettivamente vero. Clark espresse nella discussione sui “modi” della conoscenza di Dio, ciò che era molto importante per Van Til, la radicale differenza tra la natura e l’opera della mente divina e la mente umana. Il risultato della controversia fu che l’Assemblea Generale della OPC non revocò l’ordinazione di Clark, ciononostante quest’ultimo insieme a molti suoi seguaci abbandonarono la denominazione.

Rapporto tra Filosofia e Teologia

Fino a circa gli anni 60, Van Til era associato con I filosofi olandesi che aderivano alla scuola della “filosofia dell’idea di legge” di Herman Dooyeweerd, D. Th. Vollenhoven, S.U. Zuidema, K. Popma, J.P.A. Mekkes, H. Evan Runner, H. Van Riessen. Dopo gli anni 60 divenne evidente che Dooyeweerd era in disaccordo con alcuni aspetti dell’apologetica di Van Til e in modo specifico con la convinzione che il fare filosofia dovesse essere sottomosso al contenuto concettuale della Bibbia. Alla fine degli anni 1960 alcuni seguaci del pensiero di Dooyeweerd quali: James Olthuis, Hendrik Hart e Calvin Seerveld, fondarono a Toronto lo “Institute for Christian Studies” (ICS), che pubblicò anche articoli popolari su filosofia, politica, teologia e sociologia. Come accadde ad altri movimenti creati a cavallo tra gli anni 60 e 70, la presentazione di tali argomenti era fatta con grande zelo, e molti appresero che la teologia riformata era “dualistica”, “scolastica” e non degna dei riformatori, e che il solo modo per vivere autenticamente la propria fede era quella di sottometterla al pensiero di Dooyeweerd. Le ICS adottarono una linea socialista o liberale a proposito di molte questioni sociali e teologiche, ma altri seguaci di Dooyeweerd assunsero posizione più conservative.

Teonomismo

La pubblicazione  nel 1973 delle “Institutes of Biblical Law” di Rousas J. Rushdoony e nel 1977 di “Theonomy in Christian Ethics” di Greg L. Bahnsen ravvivarono una posizione non unanime ma spesso presente nella tradizione riformata: lo stato civile attuale dovrebbe essere governato con le leggi mosaiche, in modo particolare la pena di morte dovrebbe oggi essere applicata ai medesimi crimini per la quale era comminata sotto l’antico patto (ad esempio: bestemmia, omosessualità, adulterio). Coloro che si oppongono a questa concezione affermano che la relazione ad Israele da parte di Dio era unica ed inadatta ad essere applicata oggi alle nazioni. Una posizione moderata è quella che tenta di comprendere il significato di ciascuna legge mosaica allo scopo di individuarne la funzione redentiva all’interno della società israelitica. I teonomisti, o cristiano-ricostruzionisti, inizialmente diedero l’impressione di avere un programma politico ben articolato che prevedesse l’introduzione massiccia della pena di morte. In seguito la loro posizione si è manifestata più moderata poiché i rappresentanti del movimento chiarirono che le leggi dell’AT non dovevano essere introdotte fino a che una società non fosse stata dominata da una notevole maggioranza di credenti nati di nuovo, amanti della legge di Dio. Poiché molti ricostruzionisti erano postmillennialisti, ritenevano che il dominio della cultura dovesse essere un compito progressivo; a ciò va aggiunto che nessuno aderente a questo movimento intendeva instaurare un regime di terrore, poiché i centri principali di governo sarebbero state le famiglie e gli individui. Questa posizione continua ad essere discussa in conferenze e seminari e la posizione tenuta in generale è quella moderata di teologi quali Poythress.

Patto e Giustificazione

John Murray insegnava che l’essenza del patto è la promessa redentiva di grazia. Un insegnante di Antico Testamento, Meredith G. Kline, affermava nell’articolo “Law Covenant” che l’essenza del patto è legge, non grazia, sebbene sotto il Nuovo Patto, Cristo porta la pene per la rottura del patto come un sostituto per il proprio popolo e ciò adempie le condizioni del patto della legge tramite la grazia. In tal modo la nostra relazione con Dio è strettamente basata sul merito: il nostro merito che porta a condanna ed il merito di Cristo imputato alle nostre vite e ricevuto per fede, conducendoci a fede e vita eterna. Nel 1970 Norman Shepherd, uno dei successori di Murray al dipartimento di teologia sistematica del Westminster, affermò che nel patto la grazia di Dio e la responsabilità umana sono inseparabili, e tramite lo Spirito di Dio noi siamo uniti a Cristo. In tal modo la nostra relazione a Dio non è basata sul merito, ciò perché la fede salvifica è sempre vivente ed attiva (Giacomo 2:17), Shepherd enfatizza che le opere sono una necessaria evidenza di giustificazione per fede. Il termine “necessaria” accese un dibattito al Westminster Seminary nel periodo 1974-82 vivo a tutt’oggi. Gli oppositori di Shepherd affermavano che egli rendeva le opere necessarie per la salvezza, compromettendo la dottrina centrale del pensiero riformato: la giustificazione per sola fede. I suoi estimatori affermavano al contrario che sebbene le opere non salvino, la fede senza le opere è morta. La facoltà del Westminster e il Philadelphia Presbytery dell’OPC esaminarono la posizione di Sheperd e in modo non ufficiale la dichiararono non ortodossa. Nel 1982 a Shepherd venne chiesto di rassegnare le dimissioni per il bene del Westminster. Shepherd lasciò il Westminster per un posto di pastore nelle CRC. Il Westminster in California è ora dominato da coloro che credono che tale posizione sia un serio errore (inclusi Meredith Kline, W. Robert Godfrey, Michael S. Horton, R. Scott Clark), mentre il Westminster di Philadelphia, che licenziò Shepherd nel 1982, segue ora la sua posizione.

Il Rapporto tra Legge e Vangelo

Negli anni 90 un certo numero di riformati è stato attratto dalla dicotomia legge-vangelo tipica del pensiero luterano e piuttosto estranea al pensiero calvinista. La legge consisterebbe esclusivamente di comandamenti, minacce e terrori, mentre il vangelo presenta solo promesse e conforto. Non vi sono promesse e conforti nella legge nè comandi nel vangelo, senza tale distinzione la legge è ammorbidita e il vangelo non risulta essere più una buona novella. Questa dottrina sarebbe implicita nella giustificazione per sola fede. Secondo costoro Norman Shepherd (del quale abbiamo detto sopra) confonderebbe legge e vangelo. La rivista “Modern Reformation” presenta questa posizione che è anche la posizione della “Alliance of Confessing Evangelicals” e del “Westminster Theological Seminary” in California.

Gli oppositori riformati di questa dottrina affermano che la Bibbia stessa non si cura di separare legge e vangelo, anche se non insegna la giustificazione tramite le opere della legge. Lo stesso decalogo esordisce proclamando la grazia di Dio che ha liberato Israele dall’Egitto, intimando al popolo di essere grato a Dio per tale opera potente (Es. 20:1-17). Alcuni comandamenti del decalogo sono promesse di benedizione (Es. 20:6 e 12). Dio fa grazia per il tramite della legge (Sal. 119:29). Allo stesso modo il vangelo è la proclamazione del fatto che Dio regna e dona autorità alla propria legge (Is. 52:7), comanda di pentirsi e credere (Mc. 1:14-15), e di esprimere buone opere (Gc. 2:14-26).

Consulenza Pastorale

Jay E. Adams si aggregò alla facoltà del Westminster di Philadelphia nei tardi anni 60 e nel  1970 pubblicò “Competent to Counsel”, dove presentava la teoria del “noutetico” più tardi chiamata della “consulenza biblica”. Il termine “noutetico” è biblico è deriva dal greco nouthesia (verbo noutheteo). Esso è usato nel NT principalmente dall’apostolo Paolo, ed è tradotto usualmente con “ammonire, correggere o istruire”. Ricorre in brani quali Romani 15:14 “Ora, fratelli miei, sono io pure persuaso, a riguardo vostro, che anche voi siete pieni di bontà, ricolmi d'ogni conoscenza, capaci anche d'ammonirvi a vicenda.”. In questo brano l’apostolo stava incoraggiando tutti i membri della chiesa di Roma ad esprimere mutua consulenza spirituale. Nello stesso tempo i responsabili della congregazione sono chiamati ad esprimere tra le altre cose, una consulenza stabile nei confronti delle anime che Dio ha loro affidate. Adams era scettico in merito all’efficacia della psicologia secolare, ritenendo che la sola Scrittura fosse sufficiente per la cura pastorale. Egli riteneva che non esistesse una cosa come la “malattia mentale”, pensando che la malattia fosse solo o del corpo (sfera della medicina) o dell’anima (sfera della cura pastorale). Tale idee si diffusero rapidamente e al giorno d’oggi vi sono centri di cura pastorale e seminari che diffondono tale prospettiva. La dottrina di Adams è stata osteggiata dai cosidetti “integrationisti” o “consiglieri cristiani”, i quali affermano che le teorie di Adams non sono sufficientemente adeguati ai dati forniti dalla rivelazione generale. I seguaci di Adams affermano che altre forme di cura pastorale sostituiscono la sapienza del mondo all’insegnamento delle Scritture. Gli schieramenti divergono anche in merito alla natura della scienza: è la psicologia una disciplina neutrale oppure opera sul fondamento di un presupposto religioso, antitetico all’insegnamento biblico? Le due scuole differiscono anche in merito allo statuto istituzionale dei consulenti pastorali: i consulenti noutetici ritengono che la consulenza è parte del ministero pastorale della chiesa, mentre gli integrazionisti pensano che i consulenti dovrebbero essere licenziati dallo stato e posti al di fuori del controllo della chiesa. Da una decina di anni a questa parte gli integrazionisti sono diventati più sensibili ai dati biblici per la soluzione dei problemi delle persone, mentre i noutetici sono divenuti più attenti ai dati della rivelazione generale.

Il significato del Culto di Adorazione

La “Guerra dell’adorazione” degli evangelici ha coinvolto anche le chiese riformate in due aspetti in particolare:

Il principio regolativo, ossia il modo come Dio regola l’adorazione all’interno della chiesa. La teologia riformata ha sempre sottolineato il valore della “sola Scrittura”, più dei luterani e degli anglicani. Per tale motivo si afferma che tutti gli elementi dell’adorazione debbono essere “prescritti” dalla Bibbia. Ma non tutto ciò che è espresso in adorazione ha lo statuto di “elemento dell’adorazione”. I riformati ritengono che vi siano comportamenti che pur essendo prescritti dalla luce della natura e dalla prudenza cristiana, non sono contrarie alle regole generali della Bibbia. Ma quali sono tali elementi?

Alcuni continuano a difendere l’approccio tradizionale Puritano-Scozzese, che prescrive l’uso esclusivo di Salmi per i canti di adorazione, senza musica strumentale, o con alcune piccole varianti rispetto a tale approccio. Altri ritengono che la Scrittura lasci un largo margine di libertà nella organizzazione del culto. Costoro supportano la propria convinzione affermando che anche se le prescrizioni per il rituale sacrificale del tabernacolo e del tempio sono molto dettagliate, la Bibbia non afferma nulla a proposito dell’adorazione nella sinagoga e molto poco in merito all’adorazione nella chiesa del NT. Alcuni nelle comunità riformate invocano uno stile di adorazione molto semplice, focalizzato sulla predicazione non diversamente dalla tradizione puritana. Altri invocano cerimonie più articolate, variamente adattando la liturgia di Ginevra o di altre chiese riformate. Altri ancora hanno introdotto elementi associabili all’influenza dell’evangelicanesimo contemporaneo: 3 o 4 canti di seguito, uso di chitarre, sintetizzatori e tamburi, uso di melodie contemporanee, tentativi di colpire emozionalmente i visitatori non credenti. Solitamente quest’ultimo approccio è esplicitamente bollato come non riformato. Gli avvocati dello svecchiamento dell’adorazione accusano i tradizionalisti di ignorare il dettato paolino che l’adorazione deve essere edificante e comprensibile alla congregazione e ai visitatori non credenti (1 Cor. 14:22-25).

Predicazione e Storia della Redenzione

Nonostante il professore di Teologia Biblica, Geerhardus Vos, fosse rimasto a Princeton dopo la fondazione del Westminster Seminary, molti degli insegnanti di quest’ultima università lo ammiravano ed erano influenzati dal suo insegnamento. Vos insegnava che la Scrittura non era un testo contenente solo affermazioni dottrinali o massime etiche, quanto piuttosto la narrazione della storia della redenzione ossia degli atti salvifici di Dio dalla creazione alla consumazione di tutte le cose. Nel 1961 Edmund P. Clowney, professore di Teologia Pratica al Westminster, publicò il saggio “Preaching and Biblical Theology”, nel quale seguendo gli insegnamenti di alcuni studiosi olandesi degli anni 30 e 40, arguiva che la predicazione deve limitarsi alla presentazione della storia della redenzione. Clowney aggiungeva che scopo del predicatore non dovesse essere presentare caratteri biblici o esempi morali (chiamati “esemplarismi” e “moralismi” dagli olandesi), ma piuttosto presentare il ruolo di ciascun carattere nel dramma storico che conduceva a Cristo. La predicazione pertanto doveva avere come scopo quello di presentare Cristo e il vangelo. La conseguenza alla quale i seguaci delle idee di Clowney giungevano era che il predicatore non dovesse mai applicare le Scritture ai problemi morali. Clowney giustamente attirava l’attenzione sul dramma storico-redentivo biblico e sulla centralità di Cristo, ma vero è che la Bibbia contiene anche leggi, proverbi, canti, lettere ed apocalissi e non soltanto narrazione storica. Gli scrittori biblici quando presentano caratteri, sono in parte animati dal desiderio di proporli come un esempio negativo o positivo per il comportamento umano, ad esempio: Rom. 4:1-25; 1 Cor. 10:1-13; Ebr. 11; Giac. 2:21-26, 5:17-18; 2 Piet. 2:4-10; Giuda 8-13). La Scrittura ci esorta ad imitare tanto Cristo (Gv. 13:34-35) quanto Paolo (1 Cor. 11:1,2; Tim. 3:10-11), Timoteo (1 Tim. 4:12), il Padre (Mt. 5:44-48; 1 Piet. 1:15-16). L’imitazione è un importante mezzo scelto da Dio per promuovere la nostra santificazione. La Scrittura deve senz’altro essere applicata ai nostri comportamenti (Giac. 20:31; 2 Tim. 3:16-17).

Sottoscrizione delle Confessione di Fede

Le chiese riformate sono per tradizione “confessionali” ossia si riconoscono in una serie di “confessioni di fede” e pertanto chiedono ai propri ministri o addirittura a tutta l’assemblea dei credenti di sottoscriverle. Il confronto con il liberalismo teologico convinse molti conservatori a prendere molto più seriamente in considerazione il contenuto delle confessioni. Ma vi fu chi temette che una sottoscrizione troppo rigida implicasse l’impossibilità di emendare le confessioni e dunque di considerarle sullo stesso piano della Scrittura. Solitamente la questione della sottoscrizione nasconde il desiderio di sottolineare più la propria identità storica che quella teologica.

Unità della Chiesa

Tra i riformatori Calvino risultò quello più sensibile al problema dell’unità della chiesa, specialmente all’unità visibile del movimento protestante. Resistendo alla tendenza dei protestanti a dividersi in calvinisti e luterani, Calvino sottoscrisse una versione riveduta della luterana Confessione Augustana. Di recente alcuni pensatori riformati hanno sottoscritto la nozione di “pluriformità”, ossia l’opinione che le denominazioni sono nel complesso una cosa buona, in quanto espressione del modo con il quale Dio tratta con la diversità dei temperamenti, delle dottrine e dei doni. Altri riformati hanno rigettato la “pluriformità” affermando che Dio mai ha ordinato differenze di denominazione, ma piuttosto che le differenze tra credenti debbono essere temperate all’interno di una chiesa non differenziata denominazionalmente. Tale posizione ha acquistato credito verso la fine del 20° sec. Le denominazioni riformate hanno formato organizzazioni quali la “Reformed Ecumenical Synod”, la “International and American Councils of Christian Churches”, la “World Reformed Fellowship”, la “National Association of Presbyterian and Reformed Churches” allo scopo di superare il “male” delle divisioni. Nel 1982 le RPES si unirono alle PCA, la quale rifiutò alle  OPC di associarsi; dopo 3 anni il tentativo di queste ultime fu reiterato, ma mancando i necessari 2/3 dei voti della propria Assemblea Generale, il tentativo fallì ancora. Partiti pro-unione ed anti-unione si confrontarono aspramente durante tale periodo.

Quando i credenti lasciano una denominazione essi tendono a formarne un’altra, piuttosto che ad unirsi ad altre denominazioni già esistenti. Negli anni 90 la “Alliance of Confessing Evangelicals” (ACE) riunì cristiani provenienti da confessioni differenti: luterani, riformati, battisti, anglicani ed altri ancora. L’enfasi era posta sui riformati “sola”: “sola Scrittura”, “sola grazia”, “sola fede”, “solo Cristo”, “solo a Dio Gloria”. Purtroppo le premesse sono andate deluse per la comparsa di dottrine che hanno dato luogo a divisioni quali: forte distinzione tra legge e vangelo, una visione dei “due regni” a proposito di Cristo e della cultura, un approccio alla teologia eccessivamente storicizzato, stretta sottoscrizione e adorazione tradizionale.

Tradizione in Teologia

La teologia riformata sulla scia di Lutero e Calvino crede nella “sola Scrittura”, convinti che la Bibbia dovesse essere secondo come afferma la “confessione” di vicolo Ruggi d’Aragona:

La Sacra Scrittura, trasmessaci dallo Spirito Santo, costituisce l’unico e supremo arbitro per la soluzione di tutte le controversie in campo religioso, per l’esame delle dottrine umane e delle opinioni personali; la chiesa, i ministri di culto, le parole profetiche, ogni altra cosa, devono in essa trovare fondamento e ragione. La direzione della Sacra Scrittura deve essere considerata sufficiente per l’orientamento della vita del credente, essendo la fede basata sulla Scrittura stessa.”.

Cionostante i riformatori rispettarono a tal punto i propri predecessori, tanto da fare uso dei padri della chiesa e specialmente di Agostino, accettando l’insegnamento delle più antiche confessioni di fede. A causa di tale atteggiamento furono molto cauti nei confronti dei cambiamenti radicali invocati da altri. Negli anni 50 e 60 molti leaders dell’evangelicanesimo erano apologeti e teologi biblici e sistematici, ma alla fine del 20° sec. gli storici della chiesa sono divenuti prominenti, ciò ha comportato una maggiore attenzione per la “storia” della teologia. La teologia riformata ha partecipato a tale sviluppo attraverso il lavoro di David Wells, Donald Bloesch, Mark Noll, George Marsden, Darryl Hart, Richard Muller, Michael Horton. Alcuni di questi invocano una stretta sottoscrizione alle confessioni di fede, adesione ad una adorazione di tipo tradizionale (frequente l’appello alle Directory di Westminster), rinnovo di interesse per dottrine quali quelle del patto, della giustificazione e del rapporto legge e vangelo. Le ACE supportano questa enfasi.

Figliolanza

C. John Miller insegnava Teologia Pratica al Westminster Seminary di Philadelphia e creò la New Life Church (originariamente OPC, poi PCA). Egli enfatizzava l’importanza di ministri impegnati nel compito dell’evangelizzazione, fondando la “World Harvest Mission”. Diede inizio ad un ministero chiamato “Figliolanza” (Sonship), che attraverso conferenze e registrazioni presentava una visione peculiare della vita cristiana non caratterizzata dalla sola giustificazione, ma anche dalla santificazione ottenuta per fede. Il modo per ottenere vittoria sul peccato secondo Miller, non era tanto l’adempimento della legge, quanto piuttosto l’ascolto del messaggio del vangelo che si esplica nel riguardare a Cristo come a colui che ha portato la colpa per i nostri peccati e ci ha recato liberazione dal peccato. Ciò implica una vita di pentimento, ma anche la consapevolezza che Cristo ci ha resi liberi dal peccato per essere suoi figli. “Sonship” è divenuto un movimento di risveglio nei circoli conservatori presbiteriani, (ad esempio PCA). Il movimento “Sonship” è apprezzabile nella enfasi sui benefici della proclamazione dell’evangelo, ma è contestabile nel sottolineare l’azione deleteria della legge per la nostra disciplina.

Edonismo Cristiano

Gli scritti di John Piper hanno avutoe continuano ad avere un grosso impatto sui riformati e altri credenti evangelici del tardo 20° sec. Tale teologia è costruita su alcune idee di Jonathan Edwards. Piper afferma che la vita cristiana è essenzialmente un gioire in Dio, in quanto Dio è glorificato quando il proprio popolo gioisce. La vita cristiana si abbassa di tono quando prendiamo diletto in cose diverse da Dio stesso. L’opera di Piper anche se sulla base di un messaggio differente, ha generato un risveglio simile a quello della “Sonship”. Piper è stato criticato sulla base del Catechismo di Heidelberg, secondo il quale la nostra obbedienza a Dio deve essere motivata dalla gratitudine per ciò che Egli ha già compiuto per noi. Piper pur accettando tale elemento, vi aggiunge ciò che chiama la “etica del debitore”, ossia dobbiamo quotidianamente ripagare Dio per l’amore che Egli continuamente infonde nei nostri cuori.

Ruolo della donna nella chiesa

La comunità riformata si è molto interrogata sul ruolo della donna nella chiesa, in famiglia e sul luogo di lavoro. Molti conservatori abbandonarono le CRC negli anni 90 in quanto tale denominazione apriva tutti i ministeri della chiesa alle donne. Ma gruppi evangelici conservatori quali gli “Evangelical Presbyterian Church” (EPC), che lasciarono le PCUSA a causa della tendenza liberale di queste, hanno donne-anziano in molte delle loro comunità e diversamente dalle PCUSA, le EPC non obbligano le comunità della denominazione ad avere donne-anziano. Credenti hanno abbandonato in tempi relativamente recenti le PCA a causa dell’impiego di donne nell’adorazione, in quanto il loro ruolo è stato inteso simile a quello di “predicatrici”. La controversia si è appuntata sul senso di brani quali 1 Corinzi 14:33-35 e 1 Timoteo 2:11-15, le donne debbono essere escluse dall’insegnamento e dal governo della chiesa, e in aggiunta a ciò dovrebbero stare in silenzio e non insegnare se non ad altre donne.

Elezione e Patto

Nel 2002, alcune conferenze furono tenute alla Auburn Avenue Presbyterian Church, Monroe, Louisiana, dal titolo “The Federal Vision: A Re-examination of Reformed Covenantalism”. Queste conferenze crearono polemiche nei circoli conservatori Presbiteriani, poiché in esse si affermava che l’elezione divina dovrebbe essere compresa in modo primario come un patto storico, cioè la scelta di Dio da parte dell’uomo al fine di appartenere alla chiesa. Poiché il battesimo è il marchio di ingresso nella chiesa visibile, tutti i membri battezzati della chiesa dovrebbero considerare se stessi eletti, non diversamente da come Paolo fa nelle proprie epistole chiamandoli “santi” e “scelti”. Ma l’elezione, come il patto, è condizionale. Se le persone sono tanto disobbedienti da essere scomunicate e messe fuori dalla chiesa, non possono riguardare se medesime come elette. Le obiezioni sono connesse a (1) se questa prospettiva faccia giustizia al carattere eterno dell’elezione come descritta da Paolo, ad esempio in Efesini 1:4, (2) se l’elezione e dunque la salvezza non vengono fatte dipendere troppo dalle opere umane.

L’osservanza del 4° comandamento: lo Shabbath

Differenze nella comprensione dello Sabbath cominciarono molto presto all’interno delle chiese della Riforma. Calvino riteneva che sotto il Nuovo Patto non vi fossero giorni particolari per adorare e riposarsi. I Puritani e gli scozzesi ritenevano che il “giorno del Signore” (Ap. 1:10) fosse identico a quello dell’AT, eccetto nel fatto che adesso doveva essere celebrato nel primo giorno della settimana piuttosto che nel settimo. L’opinione di Calvino è riflessa nel Catechismo di Heidelberg, anche se nel Catechismo di Westminster alla questione 51 è affermato:

“Come deve essere santificato il 'sabato'? Il 'sabato' deve essere santificato con un santo riposo per tutto quel giorno, cessando da quelle occupazioni mondane e da quelle ricreazioni legittime comuni negli altri giorni (Lev. 23:3); e trascorrendo l'intero tempo nell'esercizio del culto pubblico e privato verso Dio (Sal. 92:1-2), eccetto per quanto è necessario assumersi in opere di necessità e di misericordia (Mt. 12:11-12).

Commento. Il Decalogo è legge morale di valore universale, così il riposo sabbatico è principio che vale per ogni popolo, tempo e paese. 1) Esso è un'ordinanza che risale alla Creazione (Ge. 2:2,3); 2) è stato impresso sulla pietra direttamente da Dio (Es. 31:18); 3) non è scritto da nessuna parte nel Nuovo Testamento che esso sia stato abrogato (Mt. 5:17; Ro. 3:31). Il comandamento però non indica che il riposo sabbatico debba essere necessariamente il settimo giorno della settimana. Un nuovo ordine è stato inaugurato con la risurrezione di Cristo, e i primi cristiani osservavano la domenica (Mt. 28:1; Mc. 16:2; Lu. 24:1; Gv. 20:1,19; At. 20:7; 1 Co. 16:2). L'importante però non è il giorno specifico, ma il principio che un giorno su sette deve essere riservato solo al Signore. Cl. 2:16,17 ci dice di non fare questioni sui giorni, l'importante è salvaguardare il principio. La parola 'sabato' significa 'riposo', è la cessazione delle attività comuni negli altri giorni per riservare un giorno al Signore. Non che gli altri giorni possono essere spesi senza considerazione alcuna del Signore, ma il 'sabato' significa 'giorno riservato al culto' in senso proprio. Certo può sembrare eccessivo (quando ci viene chiesto finanche di 'non pensare' alle nostre occupazioni), ma questo deve essere il nostro obiettivo. Parte poi dei doveri del 'sabato' sono le opere di pietà (tutto ciò che favorisce e promuove il culto), le opere di necessità (tutto ciò che è necessario per la conservazione ed il sostegno della vita), e le opere di misericordia (quelle compiute per il bene altrui). Infine il 4. comandamento non ci esorta solo al riposo in quel giorno, ma anche al lavoro diligente tutti gli altri sei giorni.”

La dottrina puritana è contenuta negli Standards di Westminster, ad esempio nella Confessione di Westminster (21-7-8):

“7. Poiché secondo la legge naturale, in generale, una debita proporzione di tempo, per ordine divino, dovrebbe essere messo a parte per il culto di Dio, così Egli, nella sua parola, tramite un comando positivo, morale e perpetuo in tal senso, vincolante per tutti gli uomini di tutti i tempi, ha stabilito un giorno su sette come riposo sabbatico da consacrare a Lui . Dall'inizio del mondo fino alla risurrezione di Cristo il sabato era stato l'ultimo giorno della settimana, ma dopo la risurrezione di Cristo il giorno consacrato a Dio divenne il primo giorno della settimana, chiamato il giorno del Signore, o Domenica, per essere osservato fino alla fine del mondo come il riposo sabbatico cristiano.

8. Questo riposo sabbatico viene quindi consacrato al Signore da coloro che, dopo essersi debitamente preparati nell'intimo loro, e sistemando in precedenza tutte le loro faccende quotidiane, non solo osservano un santo riposo da tutte le loro opere, parole e pensieri riguardanti le loro occupazioni e ricreazioni terrene per tutta la giornata (436), ma occupano l'intero tempo negli esercizi pubblici e privati del culto a Lui dovuto, nonché ad opere di misericordia e di soccorso.”

Nel 1960 e 1970, le OPC disciplinarono due ministri che seguivano la dottrina di Calvino a proposito dello Shabbath.

Doni Carismatici

Molti riformati ritengono che  doni di lingua e profezia del NT, cessarono con la fine dell’età apostolica. L’opinione che questi doni continuino nella chiesa si ritiene sia in conflitto con il “sola scriptura”, in modo particolare con il punto 1.1 della Confessione di Westminster. Tuttavia vi sono riformati che ritengono che sebbene la Scrittura sia il sufficiente standard di fede, Dio continui occasionalmente a rivelare se medesimo in altri modi. G. Calvino afferma che Paolo applica il termine “profeta” in Efesini 4:11 “non a tutti coloro che erano interpreti della volontà di Dio, ma a quelli che eccellono in una rivelazione particolare. Questa classe o non esiste oggi o è meno comune”. Tali profeti erano: “strumenti nel rivelare misteri e predire eventi futuri”, così “ora ed ancora [il Signore] li fa rivivere come richiede la necessità del tempo”. In seguito Calvino afferma che Dio ancora suscita apostoli (probabilmente Calvino si riferisce a Lutero) per scopi particolari. Samuel Rutherford, un membro dell’Assemblea di Westminster, riporta predizioni sovrannaturali del futuro anche in mezzo ai riformatori. Vern Poythress cita in tal senso John Flavel, vari Covenanters scozzesi, Peter Marshall, Cotton Mather ed altri. Poythress ritiene che è possible riconoscere straordinarie opere dello Spirito al giorno d’oggi analoghe ai doni apostolici. Ciononostante, due pastori delle OPC sono stati disciplinati per avere insegnato che lo Spirito può dare tali doni al giorno d’oggi, ed a  molti per il medesimo motivo è stata negata l’ordinazione in varie denominazioni riformate. Un discorso che si sente di frequente è che le chiese riformate debbono portare testimonianza contro il movimento carismatico moderno. Comunque con questa posizione le chiese riformate portano testimonianza contro una parte della propria storia.

Libertà Cristiana

Nel 1937 le OPC furono divise sulla possibilità per il credente di bere o meno bevande alcoliche. Machen riteneva che la Scrittura concedesse un uso moderato di bevande alcoliche, ma altri appartenenti al suo stesso movimento ritenevano che l’alcool avesse prodotto talmente tanto male nel mondo, al punto che i credenti coscienziosi dovevano privarsene del tutto. La posizione moderata era quella che godeva di stima maggiore essendo quella più conforme alla tradizione riformata, di converso l’astinenza era la posizione maggioritaria del movimento evangelico che aveva sostenuto l’emendamento proibizionista della Costituzione americana. Ai moderati sembrava che i partigiani dell’astinenza violassero il principio del “sola scrittura” elevando un pregiudizio culturale allo status di dottrina biblica; al contrario il fronte dell’astinenza ritenevano che i moderati rifiutassero di applicare i principi della Scrittura ad un male sociale. Attualmente molte chiese riformate americane usano mosto per la Cena del Signore (anche per deferenza nei confronti degli ex-alcoolisti). Nei circoli riformati ma non in tutti quelli evangelici, questo punto non è più oggetto di dibattito.

I giorni della creazione

Diversi insegnanti dell’Old Princeton ritenevano che i giorni della creazione non andassero intesi come giorni di 24 ore, tra questi: Charles ed A.A. Hodge, B.B. Warfield, J. Gresham Machen e Oswald T. Allis. Edward J. Young, che insegnava Antico Testamento al Westminster Seminary, insegnava che I giorni si riferivano ad ere geologiche. Nel 1957, Meredith G. Kline pubblicò un articolo intitolato “Because it Had Not Rained”, affermando tra l’altro che non solo I giorni non andavano intesi alla lettera, ma che neppure insegnavano una sequenza ordinata degli eventi creazionali. Seguendo N.H. Ridderbos, Kline riteneva che la lista dei giorni fosse solo una cornice letteraria per presentare la dottrina della creazione. Posizioni classiche e moderne sono convissute sino agli anni 80 nelle chiese riformate, finchè si è invocata l’adesione al giorno creazionale di 24 ore come test per l’ortodossia. Molti ricostruzionisti hanno abbracciato tale posizione, unita ad una stretta sottoscrizione di questo punto confessionale a loro dire presenta nelle intenzione degli estensori della Confessione di Westminster. Alcuni presbiteriani delle OPC e delle RCUS hanno negato l’ordinazione a quanti non accettavano il giorno di 24 ore.

 



[1] Le “Christian Reformed Church” (CRC) si originarono da una divisione delle RCA nel 1822 ed esprimono una visione più conservatrice, e negli ultimi 40 anni è stata funestata da dibattiti sulla in erranza biblica, l’ordinazione delle donne e l’omosessualità, conducendo molti dei suoi membri più conservatori ad abbandonare la denominazione per formare altre denominazioni quali la “Orthodox Christian Reformed Church” (OCRC) e la “United Reformed Church” (URC).

[2] Un piccolo gruppo di denominazioni con radici tedesche, quali la “Reformed Church in the USA” (RCUS) usarono il Westminster per molti anni per istruire i propri ministri. Negli USA nelle comunità Congregazionaliste, Indipendenti e Anglicane vi sono persone con convinzioni riformate, tanto nelle “Protestant Episcopal Church” quanto nelle “Reformed Episcopal Church”. Molti Battisti abbracciano la soteriologia riformata con diversi gradi di apparezzamento per la teologia del patto e del governo della chiesa. Nel 1973 si verificò una divisione nella “Presbyterian Church US” (PCUS), la controparte del sud della “PCUSA” da cui Machen era fuoriuscito, per I medesimi motivi si formò allora la “Presbyterian Church in America” (PCA).

[3] anche in tal senso le RPCNA

[4] Lewis Sperry Chafer, Presidente del “Dallas Theological Seminary”, desiderava che la propria università e quella di Westminster camminassero assieme, cosa che Machen non sentiva.