Dialogo tra due credenti con due diverse metodologie apologetiche

di Domenico Iannone

 

Parte Prima

 

Da molti anni il Signor Beniamino e il Signor Cornelio, membri di una piccola comunità evangelica del luogo, pregano affinché possa essere donata loro la possibilità di testimoniare in modo convincente della propria fede in Gesù Cristo al Signor Carterio; inaspettatamente il Signor Carterio li ha contattati poiché ha sentito parlare di un loro progetto teso ad aiutare i poveri della città.

 

Signor Beniamino: Caro Signor Cornelio non so proprio come esprime la mia riconoscenza per questa generosa donazione che il Signor Carterio desidera fare alla nostra opera. Conoscendo però la sua refrattarietà ad affrontare discorsi religiosi in modo diretto, desidero mostrargli come alla fine tanto io quanto lui, abbiamo molte più “cose in comune” di quanto lui stesso sospetti, poiché in entrambi la “immagine del Dio” che ci ha creati si manifesta tramite le procedure che stabiliscono ciò che è “Vero”. Cercherò poi di fargli intendere come dalla  prospettiva cristiana il “Vero” non è poi altro che la stessa persona di Dio. Come certamente saprai sono fortemente convinto che a Dio si possa giungere per il tramite delle “evidenze” che la ragione rettamente indirizzata offre, e il Signor Carterio da persona intelligente qual è non potrà sottrarsi alla costrittività delle mie argomentazioni.

 

Signor Cornelio: Ma caro Signor Beniamino non dovremmo piuttosto cercare di presentare la nostra fede al carissimo Signor Carterio con maggiore convinzione circa la sufficienza delle argomentazioni che la stessa Scrittura offre, dicendogli senza mezze misure che egli è un peccatore lontano dalla grazia di Dio e bisognoso di pentimento, altrimenti il suo destino finale sarà quello di andare all’inferno?

 

Signor Beniamino: Caro Signor Cornelio io non desidero scandalizzare questa persona con un tale “fideismo” a mio parere anche piuttosto mortificante per la ragione che il nostro Dio ci ha donato. La nostra sicumera potrebbe essere letta come fanatismo. Preferisco cercare di persuadere quest’uomo destinato all’inferno con la ragione, sicuro del fatto che entrambi condividiamo lee procedure della medesima ragione donataci da Dio.

 

Signor Cornelio: Perdonami se insisto, ma ritengo che quanto da me affermato non possa essere bollato semplicisticamente come “fideismo”. Tutti i nostri discorsi dovrebbero prendere avvio dal fatto che l’uomo è creatura di Dio e che dunque la propria “ragione” non è affatto uno strumento neutrale, come invece il tuo modo di argomentare potrebbe fare pensare. Ora so che tu anche sei convinto che ogni cosa sia sotto il controllo di Dio, ma evidentemente tale tua convinzione non si sposa perfettamente con i modi della tua evangelizzazione. Come infatti puoi credere che un non credente possa sposare le tue “evidenze razionali”; essendo un ribelle a Dio, la sua stessa logica risentirà della propria ribellione!

 

Signor Beniamino: Sospetto che tu voglia come al solito, riproporre la faccenda della “totale depravazione” dell’uomo peccatore e di conseguenza la sua incapacità ad affrontare con logica tutto ciò che è legato al discorso cristiano. Voi calvinisti (perché questo tu sei) siete proprio fissati con questa frottola. L’esperienza non vi insegna che siamo in grado di prendere decisioni? Proprio l’esperienza è la prova migliore per smentire questa teologia che voi proponete, dell’uomo vegetale e marionetta nelle mani di Dio.

 

Signor Cornelio: Per la verità non pensavo esplicitamente alla “totale depravazione”, ma evidentemente essa è in causa. In realtà mi interrogavo semplicemente su questa caratteristica, sicuramente tipica del tuo arminianesimo, ma certamente presente anche negli ambienti calvinisti, di fare riferimento nel momento in cui si testimonia di Cristo al non credente, ad elementi piuttosto estranei al cristianesimo, piuttosto che alla sola Parola di Dio, la quale deve sempre essere l’unico giudice di quanto è sensato o meno. Il credente, “calvinista” o meno, dovrebbe sempre accettare di essere corretto dalla Bibbia, anche lì dove essa ci consiglia cose contrarie all’esperienza, alla ragione e persino al sentimento.

 

Signor Beniamino: Non voglio perdere altro tempo con te! Ti basti sapere che Dio è un Dio di logica e che quanto il cristianesimo insegna non può essere contrario a ragione o a quello che è il senso comune. Ora se permetti vorrei chiedere allo Spirito Santo di creare un punto di contatto con il cuore del Signor Carterio.

 

Signor Cornelio: Se si tratta di invocare l’assistenza dello Spirito Santo al fine di convertire il cuore di un peccatore, non posso che essere tuo compagno di preghiera. Ma è anche giusto che ti dica che per quanto credenti e non credenti posseggano in comune loro stessi, la “immagine di Dio”, nei non credenti quanto da questa immagine è testimoniato, è subito soffocato dalla ribellione nei confronti di Dio. Ciò è né più né meno testimoniato nella epistola di Paolo ai Romani dove è detto: “poiché ciò che si può conoscere di Dio è manifesto in loro, perché Dio lo ha loro manifestato. Infatti le sue qualità invisibili, la sua eterna potenza e divinità, essendo evidenti per mezzo delle sue opere fin dalla creazione del mondo, si vedono chiaramente, affinché siano inescusabili. Poiché, pur avendo conosciuto Dio, non l'hanno però glorificato né l'hanno ringraziato come Dio, anzi sono divenuti insensati nei loro ragionamenti e il loro cuore senza intendimento si è ottenebrato.Dichiarandosi di essere savi, sono diventati stolti.” Mi sembra di potere affermare che il non credente pur possedendo “psicologicamente” la verità, la tradisce poi costruendosi una “metafisica” errata, tesa a giustificare la propria ribellione a Dio.

 

Signor Beniamino: A questo punto credo tu ti stia esprimendo in un modo per le mie orecchie troppo sofisticato.

 

Signor Cornelio: Voglio in realtà affermare qualcosa di molto semplice. Il non credente è in grado sicuramente di pervenire a delle verità, penso ad esempio a quegli scienziati che pervengono a risultati oggettivi nonostante il fatto di essere non credenti. Però è anche vero che tali risultati sono raggiunti a dispetto delle loro convinzioni di partenza, più precisamente a dispetto della loro idea di scienza (epistemologia). Tale situazione testimonia proprio dell’appropriatezza del brano di Romani 1:19-22 da me citato. Il non credente percepisce attraverso la contemplazione del creato tutta una serie di notizie a proposito della persona di Dio, le Sue qualità invisibili, la Sua potenza e divinità, ciononostante tale conoscenza è soffocata dal peccatore a causa della propria ribellione di fondo a Dio. Non dobbiamo ritenere che questa situazione abbia a che fare solo con la “teologia”, l’uomo è infatti condizionato dal suo essere ribelle a Dio in tutto quello che fa e dice, pertanto in tutte le proprie attività esso negherà il Dio cristiano anche lì dove per giustificare le proprie procedure operative egli dovrebbe piuttosto ammetterlo.

 

Signor Beniamino: Non abbiamo ora tempo per approfondire tale discorso. Affrettiamoci non dimentichiamo di avere un appuntamento con il Signor Carterio.

 

A casa del Signor Carterio dopo avere parlato di solidarietà ed assistenza ai poveri.

 

Signor Beniamino: Caro Signor Carterio vorremmo esprimerle la nostra riconoscenza parlandole di ciò che per noi costituisce il bene più prezioso: Dio e la salvezza da Lui donataci. Sono più che convinto che anche lei possa accettare tali cose, se riuscirò a dimostrarle che il cristianesimo non è in disaccordo con le sue esigenze morali e conoscitive.

 

Signor Carterio: Sono molto lusingato dal suo interesse per la salute della mia anima. Non so però in che modo queste cose possano servire ad una persona come me, tenga conto che io non sono un assassino, né un ladro, né un ubriacone, sembra quasi che voglia vantarmi ma indubbiamente faccio molta beneficenza, più volte ci siamo ritrovati ad operare fianco a fianco nel sociale. Non vi nascondo che guardando in me stesso provo un profondo fastidio ogniqualvolta mi vengono proposti temi religiosi. Lei sa delle mie perplessità per quanto concerne le verità del cristianesimo, esse sovente mi appaiono del tutto irragionevoli, pertanto quando lei mi parla di una affinità tra il mio modo di pensare e il suo, non fa altro che aumentare il mio stupore.

 

Signor Cornelio: Non le sembra strano questo nella Bibbia è affermato che al non credente la sapienza di Dio appare essere follia (1Corinzi 1:18-25).

 

Signor Carterio: Pertanto io sarei una sorta di ignorante, che non comprende cose in realtà molto profonde. In realtà io sono più che certo che il mio punto di vista è più coerente del vostro. A meno il vostro cristianesimo non sia altro che un sistema di credenze incoerenti.

 

Signor Beniamino: Ehm... ma noi non intendevamo offenderla. Stia pur certo che dopo che le avrò esposto il mio punto di vista, un poco della sua sicurezza inizierà a cedere. Le chiedo solo di accettare la probabilità che il cristianesimo possa essere vero. Tanto il messaggio cristiano quanto la psicologia insegnano che l’uomo vive una situazione di “anormalità” fatta di dubbi, paure, nevrosi. Tale situazione è determinata dal peccato.

 

Signor Carterio: Ma scusi questo che c’entra! In realtà tutti hanno dubbi, poiché nessuno può essere certo di nulla, tutti hanno paure a causa dei tempi incerti nei quali viviamo, tutti siamo dei nevrotici a causa dello stress. Ciò che lei afferma essere “anormale” è invece “normale”.

 

Signor Cornelio: Ma guardi che la Bibbia afferma che la condizione dell’uomo è anormale nella misura in cui essa non corrisponde all’intenzione originaria del creatore….

 

Signor Carterio: Se volevo che mi si esponesse il contenuto della Bibbia sarei andato in chiesa! Io non sono fatto per simili affermazioni dogmatiche! Se vogliamo amabilmente chiacchierare entrando nel merito di queste questioni, cerchiamo di essere flessibili.

 

In quel momento squilla il telefono del Signor Carterio si allontana per rispondere.

 

Signor Cornelio: Quella di convincere il cuore di un peccatore ad accettare la verità del cristianesimo con argomentazioni logiche, mi sembra il tentativo di convincere un uomo immerso nell’oceano a venirne fuori facendo leva sull’acqua.

 

Signor Beniamino: Purtroppo il tuo pessimismo calvinista a proposito di ciò che l’uomo peccatore è, non ti permette di apprezzare le potenzialità della ragione. E’ giusto che tu sappia, proprio tu che dici di essere sottomesso solo alla Scrittura, che “la verità illumina ogni uomo” (Giovanni 1:14) e pertanto i non credenti non ne sono eccettuati. Il Signor Carterio allo stesso modo che ogni altro essere umano, possiede una certa capacità innata di pervenire alla conoscenza di Dio, ed è proprio a quella che io voglio fare riferimento.

 

Signor Cornelio: Nessuno nega che ogni uomo “conosca Dio” solo che malauguratamente tale conoscenza è subito soffocata dalla ribellione. Ogni giorno il Signor Carterio muta la verità di Dio in menzogna. Avere presentato ai fini della testimonianza, il cristianesimo come una “probabilità”, ha sicuramente una ripercussione su tutto quello che andremo ad aggiungere. Come possiamo sfidare il modo peccatore di pensare del Signor Carterio se presentiamo la verità come meramente probabile. Ad una probabilità si può sempre opporre un’altra probabilità!

 

Signor Beniamino: Mah sarà… comunque tentare con lo strumento della persuasione logica certo non può nuocere!

 

Signor Cornelio: Ma non dovremmo piuttosto testimoniare in modo ossequioso a quella che è la volontà di Dio, senza procedere per tentativi? Abbiamo un vantaggio, la coscienza al Signor Carterio dichiara che egli è in fuga dalla giustizia, che egli è ingrato nei confronti di Dio, dal quale prende tutto senza riconoscenza alcuna. Infatti il Signor Carterio può essere paragonato ad una persona che penetra in casa altrui e comincia ad impossessarsi di tutto quello che gli capita sottomano, per poi sorprendersi se qualcuno gli dice che si sta impadronendo di cose non proprie! Solo sulla base del presupposto che egli sappia chi è Dio possiamo fargli comprendere cosa sia il suo peccato.

 

Il Signor Carterio un poco seccato per le notizie apprese al telefono, torna dai nostri due amici.

 

Signor Carterio: Scusatemi ma i miei molti impegni non mi abbandonano neppure a casa. Discutevamo dell’esigenza di non essere dogmatici quando si affrontano temi religiosi. Ora io sono convinto che non si possa essere del tutto convinti che Dio esiste, che Egli guida la storia e che alla fine giudicherà ogni uomo, in quanto la nostra conoscenza in merito ad argomenti tanto delicati è limitata.

 

Signor Cornelio: Ma mi scusi! Se lei è convinto che la nostra conoscenza sia limitata, come può essere tanto sicuro delle non esistenza delle cose da lei appena citate? Al contrario io sono convinto che lei sia un peccatore non perché possiede una conoscenza limitata, ma perché è del tutto lontano da Dio e ribelle ai Suoi comandi.

 

Signor Beniamino (fulminando con gli occhi il Signor Cornelio): Ehm… Scusi il mio amico a volte tende ad estremizzare un pochino le proprie convinzioni, e a mettere fuoco dove non vi è bisogno. Va detto che non tutti gli evangelici sono così radicali.

 

Provvidenzialmente squilla ancora il telefono, e il Signor Carterio si allontana di nuovo.

 

Signor Beniamino: Ma ti ha dato di volta il cervello! Vuoi forse sciorinare a questo non credente tutta la pletora delle tue convinzioni: totale depravazione dell’uomo, elezione condizionata, espiazione di Cristo limitata agli eletti, grazia irresistibile, perseveranza dei santi. Mi raccomando, non farmi fare brutta figura, non mi sembra questo il momento di parlare di predestinazione.

 

Signor Cornelio: Quando evangelizzo non faccio mai riferimento alla predestinazione, questa infatti è una dottrina che risulterebbe del tutto incomprensibile ad una persona che non accetta l’autorità della Parola di Dio. 

 

Signor Beniamino: Mica starai dicendo che io non credo alla predestinazione perché non sono sottomesso alla Parola di Dio? Ma poi perché deve saltare sempre fuori questa faccenda della predestinazione quando io e te stiamo assieme? Possibile che tutto ruoti attorno a questa dottrina, che converrai con me, non può essere considerata centrale.

 

Signor Cornelio: Forse ai tuoi occhi non appare centrale, ma essa lo è sicuramente anche se tu non ne sei consapevole. Infatti anche se con le tue argomentazioni la neghi, se sei un autentico credente, non puoi non ritenerla vera in qualche angolo della tua coscienza di uomo nato di nuovo. In realtà ci stiamo ancora confrontando con la dottrina della totale depravazione dell’uomo, che anche in questa occasione di evangelizzazione è fondamentale. Il tuo modo di argomentare è profondamente permeato di filosofia pagana. Ciò che non sai è alla base del tuo pensiero vi è il presupposto che l’uomo sia stato creato da Dio in un modo già “disturbato”, il cattolicesimo addirittura ritiene che il male fosse impiantato nell’uomo da Dio stesso (Bellarmino lo chiama morbus o languor). Adamo sarebbe stato in grado di esprime una completa sottomissione a Dio, se la sua anima razionale non fosse stata deviata da elementi non-razionali, come ad esempio gli appetiti legati al corpo. Per ovviare a tale disturbo Dio avrebbe donato ad Adamo una “grazia sovrannaturale” che avrebbe dovuto renderlo giusto e sostenerlo nella ricerca del Sommo Bene. Dopo la caduta tale sostegno sovrannaturale sarebbe venuto meno, ciononostante l’uomo avrebbe conservato tutte le peculiarità dell’intelletto donatogli da Dio e con esso la capacità di potersi orientare autonomamente all’interno del mondo naturale. Per tale motivo le scienze cosiddette “umane” posseggono autonomia rispetto all’avere fede in Dio. A causa dell’autonomia della ragione, l’uomo dopo il peccato di Adamo, necessita di un rinnovamento soltanto a livello morale.

Il pensiero riformato ritiene al contrario che Adamo fosse stato creato da Dio con una capacità completa di conoscere la verità, in quanto tutte le sue facoltà erano state create per “corrispondere” a quanto Dio gli avrebbe rivelato. In seguito al peccato l’uomo avrebbe perduto la volontà di adeguarsi in modo veritiero alla rivelazione di Dio, ossia avrebbe derogato al suo mandato di essere l’interprete di Dio. Ciò lo conduce a torcere a propria perdizione quanto la propria coscienza testimonia a proposito della realtà di Dio e del Suo creato.

 

Signor Beniamino: Le cose che tu dici mi risultano al solito estremamente fumose! Possibile che tu non sappia usare quanto scritto nella Bibbia senza aggiungere altro. Invece stai sempre li a tentare analisi filosofiche, che vanno poi sempre a parare nello stesso punto. Sono invece convinto che l’uomo non sia così “perverso” come tu lo descrivi. Infatti vi è tanta onesta brava gente che sono certo, non aspetta altro che prove ragionevolmente convincenti, sotto il controllo dello Spirito Santo, per potersi convertire.

 

Signor Cornelio: Nessuno mette in dubbio che vi sia tanta “brava gente”. Anche se lontano da Dio, l’uomo continua a godere della sua misericordia e provvidenza. E’ proprio la misericordia di Dio definita da alcuni teologi anche “grazia comune”, che gli uomini vengono frenati rispetto ai propri peccaminosi impulsi anti-sociali e possono esprimere cose buone. Il problema è che tu ritieni che questo stato di fatto non provenga da Dio, ma sia da ascrivere alle facoltà “naturali£ dell’uomo. La Bibbia invece insegna diversamente, l’uomo lontano da Dio non può mai sottrarsi al controllo divino, pertanto l’uomo anche dopo avere voltato le spalle a Dio continua a godere della sua bontà e giustizia, se così non fosse staremmo solo a scannarci, tutto ciò che è “morale” e “giusto” è permesso e voluto da Dio. Pertanto la “brava gente”, come tu la chiami, è tale per consiglio divino e pertanto anche la loro ragione si muove in una contraddizione da una parte si conosce Dio, dall’altra lo si accetta. Ciò che contesto è che tu possa utilizzare argomenti “ragionevoli” per condurre a Cristo chi invece nel profondo della propria coscienza è “irragionevolmente odiatore di Dio e ribelle alla sua volontà”.

 

Signor Beniamino: Tu non valuti attentamente la portata delle tue argomentazioni! Se l’uomo fosse totalmente perverso cosa potrebbe mai portarlo ad accettare il cristianesimo? Evidentemente una scintilla di ricerca del vero Dio è rimasta in lui.

 

Signor Cornelio: E invece la Bibbia ci insegna che “non vi è alcuno che ricerca Dio” (Romani 3:10-18). Prevengo la tua obiezione, questo brano non è diretto solo ai giudei ribelli a Dio, infatti l’apostolo sta argomentando a proposito dell’universalità della corruzione umana, essa accomuna tanto i giudei quanto i gentili, e pertanto nessuno dei due gruppi può affermare di piacere a Dio. Se un peccatore accetta Dio è perché lo Spirito di Dio lo conduce a ciò, sulla base della presentazione di quella che è la verità del messaggio biblico, e non certo sulla base di filosofie estranee alla Bibbia stessa.

 

Signor Beniamino: Ma scusa non sei stato tu poc’anzi a dire che l’uomo dopo la caduta, rimane una creatura in grado di conoscere autenticamente, in quanto uscito dalle mani di Dio in modo “conoscitivamente “ perfetto?

 

Signor Cornelio: Continuo ad affermare questo. Ma mentre Adamo sapeva di dovere essere “interprete” di Dio, cioè di dovere essere discepolo del Dio del creato, ringraziandoLo per quanto apprendeva, l’uomo peccatore pur rimanendo interprete di Dio, nega Dio e attribuisce alle proprie supposte autonome e naturali facoltà, la capacità di conoscere.

 

Signor Beniamino: Questo posso ammetterlo, anche se rimango convinto che l’uomo essendo stato creato “ad immagine di Dio” non ha perduto tale caratteristica con il peccato, ora tale caratteristica è proprio la possibilità di conoscere.

 

Signor Cornelio: Anche io sono convinto che tale caratteristica non sia andata perduta, soltanto dobbiamo accordarci su cosa intendiamo con tale espressione. Ad esempio io non sono convinto che “immagine e somiglianza di Dio” significhi “capacità di conoscere autonomamente”, come invece è implicito tanto nel pensiero cattolico quanto in quello arminiano.

 

Signor Carterio: Spero non vi siate troppo annoiati in mia assenza. Sentivo mentre ero a telefono che discutevate in modo alquanto animato.

 

Signor Beniamino: A volte ci capita, su questioni non fondamentali per la fede, di avere visioni divergenti, ma intanto mio caro Signor Carterio se voi non accetterete Cristo come vostro personale Signore e Salvatore, credendo che Egli morì sulla croce al posto vostro, sarete certamente perduto per sempre!

 

Signor Carterio: So di dovere inserire questa vostra ultima affermazione all’interno del contesto probabilistico che abbiamo all’inizio del nostro discorso presupposto. Quanto dite è basato sulla vostra convinzione che Dio esiste, che lui ha creato il mondo e che il primo uomo, Adamo peccò e noi suoi discendenti siamo tutti destinati all’inferno per colpa sua. Tutto questo però a mio parere, è troppo fatalistico. Se io sono soltanto una creatura, come lei implicitamente afferma, io non posso avere l’ultima parola in nessuna questione e dunque non sono libero. Se non sono libero non sono neppure responsabile. Se vado all’inferno è solo perché il suo Dio ha così predeterminato. Tutto ciò mi sembra distruggere la moralità.

 

Signor Beniamino: Ma guardi che io credo nel libero arbitrio. Lei può accettare o rifiutare liberamente l’espiazione offerta da Cristo. La salvezza è solo una possibilità che lei fa propria attraverso la sua libera volontà. Tutto sommato, mi si perdoni l’esagerazione, la possibilità è più larga della volontà di Dio.

 

Signor Carterio: Mi fa piacere constatare che anche in mezzo ai credenti vi siano persone ragionevoli. Se Dio determinasse tutte le cose, davvero non vi sarebbe posto per una morale. E’ anche probabile che Dio salvi a prescindere dal sacrificio di Cristo, pensiamo a quanti non avranno mai la possibilità di ascoltare l’evangelo, ai neonati morti, alle popolazioni mai raggiunte da missionari ect. E’ possibile che alla fine un Dio misericordioso finisca con il salvare tutti gli uomini. Pensandoci bene è anche possibile che non vi sia un inferno nel senso letterale del termine. L’inferno lo si sperimenta quando non si vive secondo gli ideali della propria coscienza.

 

Signor Beniamino: Per la verità non desideravo affermare nulla di simile. Vorrei però presentarle dei semplici fatti. La risurrezione di Cristo è uno di questi. Prescindendo da quello che potrebbe essere il significato di questo fatto per un cristiano, converrà con me che la tomba vuota è di competenza della storia. Infatti il Cristo risorto fu visto, toccato ed ascoltato, e sono proprio questi gli elementi che sostanziano la storia. Ora io le chiedo di credere proprio a questa risurrezione del Cristo per essere salvato!

 

Signor Cornelio: Credo che il difetto di tutto quello che stiamo dicendo sta proprio nell’avere introdotto come presupposto dei nostri ragionamenti la categoria della probabilità. Vorrei anche dire qualcosa a proposito della distinzione tra “fatti” e “significato” fatta a proposito della risurrezione del Cristo. Il cristianesimo è un “sistema” di credenze che non sopporta tale distinzione.  Gesù Cristo vero Dio e vero uomo è il Figlio di Dio, Egli risuscitò dai morti, ed Egli è Colui attraverso cui il mondo fu creato, ed attraverso il Quale è sostenuto. Pertanto accettare la risurrezione del Cristo non è un mero accettare un “fatto” ma anche tutta una serie di ulteriori assunti.

 

Signor Beniamino: Vi pregherei Signor Carterio di non lasciarvi distrarre da tali divagazioni. Il mio amico appartiene ad una corrente piuttosto integralista all’interno dell’evangelicanesimo. Certamente il suo ragionamento non ricerca un punto di contatto con il suo, caro Signor Carterio, le confesso che solo ora mi rendo conto che il Signor Cornelio ragiona in circolo, poiché afferma che per accettare Cristo bisogna essere già nella posizione di accettare tutto ciò che concerne Cristo!

 

Signor Carterio: Effettivamente anche a me pare che il Signor Cornelio sia un poco estremo nelle sue affermazioni. Ritengo che nel nostro universo dominato dalla “possibilità” possa benissimamente essere accaduto che un uomo nel passato sia risuscitato dai morti. Viviamo in uno strano universo dopotutto! Chi può dire quanto può accadere o meno nel reame del possibile? Se Dio esiste anche Lui deve piegarsi al “regno delle possibilità”!

 

Signor Cornelio: Vede caro Signor Beniamino, chi “va per certi mari certi pesci piglia”, questo è l’epilogo inevitabile del suo pensiero. La sua dottrina del libero arbitrio dell’uomo, implica che la possibilità sia al di sopra di Dio. Tale Dio non può che parlare senza autorità. Mi sembra di comprendere che per il Signor Carterio la storia non sia altro che qualcosa che galleggia su un oceano di “possibilità” legate al caso. Ciò implica anche che non vi sia alcun “disegno” dietro ai fatti della storia. Alla luce di questo la stessa possibilità di formulare ipotesi, diventa una contraddizione.

 

Signor Carterio: In verità quello che stò affermando è molto più semplice, quando si ha a che fare con il “caso” nessuno può fare affermazioni come le vostre su Cristo e su Dio. Alla fin fine io ho ragione e voi torto.

 

Signor Cornelio: Non so se lei si rende conto che le conclusioni del suo ragionamento poggiano su basi tutt’altro che “possibiliste” rispetto a quelle da lei poste.

 

Signor Carterio: Io mi limito ad utilizzare in modo coerente il principio di “non contraddizione”. Sulla base di questo, il vostro Dio che ha rivelato se stesso nella creazione, nella Provvidenza e nella Bibbia non può essere accettato da nessun uomo razionale; infatti se Dio è eterno, egli cade al di fuori della mia esperienza ed è pertanto “non-conoscibile”. Se poi tale Dio ha qualcosa a che fare con il nostro mondo egli deve completamente identificarsi con questo mondo e dunque essere “mutabile”, poiché il mondo è mutevole. Se volete rendermi accettabile il vostro Dio dovreste privarlo degli attributi specifici che la vostra religione gli attribuisce tanto da potere essere tanto flessibile da essere tutto e il contrario di tutto, in modo da potere soddisfare la legge di “non contraddizione”.

 

Signor Cornelio: Mi sembra di capire che lei per essere consistente con le sue presupposizioni deve assumere che ogni fatto debba essere contemporaneamente del tutto conosciuto e completamente sconosciuto. Per tale motivo lei afferma che la risurrezione di Cristo è un fatto probabile e nello stesso tempo che esso non è un fatto probabile. Tutti i fatti sono destinati a divenire indistinguibili e destinati a trasformarsi nel loro contrario. Tutto muta e nello stesso tempo nulla muta. In realtà tale contraddizione è determinata proprio da Dio che ha reso folle la sapienza di questo mondo peccatore. Preghi Dio per il perdono e si penta.

 

Signor Beniamino: Mio caro Signor Carterio, lei deve sapere che anche io considero valida la legge di non contraddizione.

 

Signor Carterio: E allora non comprendo per quale motivo io e lei non concordiamo per quanto concerne il rigetto del cristianesimo? Alla fine pur affermando di volere creare un terreno comune di dialogo con me, lei non esprime altro che fede nei medesimi principi presentati dal Signor Cornelio. Lei a parole è un razionalista come me, ma nella sostanza (o inconsciamente) è un fideista né più né meno come il suo amico calvinista.

 

Signor Cornelio: Mi permetta Signor Carterio, di dirle che io non sono un “fideista” se con questo termine lei intende affermare che le mie considerazione vanno contro un corretto uso della ragione, quasi come se un credente per potere essere coerente con le proprie convinzioni abbia bisogno di abbandonare la ragione ed iniziare a fantasticare illogicamente; a me sembra di avere capito invece questo:

 

1)      Tanto io quanto lei partiamo da alcune premesse (presupposizioni) a proposito del carattere e significato della realtà:

a)     Io presuppongo che tutta la realtà, non possa avere alcun significato senza l’intervento di un Dio onnipotente e sovrano. La realtà infatti non è costituita da un insieme di fatti bruti, che attendono che l’uomo dia ad essi significato, ma al contrario tutto ciò che ha significato è tale perché Dio lo permette.

b)     Lei in quanto non-credente presuppone a fondamento della realtà: il caos, il caso e dunque la probabilità.

   

2)     Entrambi affermiamo che le nostre premesse (presupposizioni) sono in accordo con i fatti dell’esperienza:

a)     Io fondo tale convinzione sul fatto che i fatti dell’esperienza abbiano senso solo se intesi in relazione al “principio di uniformità”, secondo il quale la natura non si sviluppa a caso, ma è al contrario sottomessa a leggi. Tali leggi testimoniano del governo di Dio su tutto l’universo da Lui creato. Per tale motivo le mie esperienze sono coerenti e verificabili.

b)     Lei invece fonda la propria posizione su due serie di presupposizioni in palese contraddizione tra loro: da una parte afferma che l’universo è “non razionale” e dunque frutto del caso, dall’altra è convinto che l’universo abbia un “senso logico” aperto all’indagine da parte dell’uomo. In realtà mentre con la prima premessa lei non potrebbe scoprire nella realtà null’altro che fatti senza senso, con la seconda lei pretende di potere dare un senso “oggettivo” a tutto i fatti che incontra.

 

3)     Entrambi affermiamo che le nostre premesse (presupposizioni) sono in accordo con le esigenze della logica:

a)     Io interpreto l’attività della logica nel contesto della convinzione dell’esistenza e della sovranità di Dio, pertanto la logica interpreta la realtà ma non la “costruisce”.

b)     Lei al contrario non può giustificare le sue premesse conoscitive fondandole sulla logica, poiché parte dal presupposto che la realtà è fondata sul caso-caos. La logica può tuttalpiù essere intesa come una capacità soggettiva della ragione umana senza alcun aggancio necessario ai fatti. Pertanto la logica per lei ha una validità soltanto formale, è un insieme di regole senza alcun correlato necessario nella realtà.

 

4)     Entrambi ci cogliamo come esseri “limitati”, pertanto pensiamo di non potere fare, per mezzo della ragione, affermazioni in grado di spiegare tutto quello che ci circonda:

a)     Io sulla base di questa considerazione osservo e organizzo i fatti logicamente in           auto-cosciente soggezione al piano di Dio rivelato nella Bibbia. Infatti riconosco che la mia conoscenza è solo “analogica” nel senso che essa ha contenuto soltanto in sottomissione a quello che Dio e la sua rivelazione sono.

b)     Lei pur partendo da questo medesimo presupposto tenta l’impossibile: da una parte, negativamente afferma che la realtà è irrazionale e che i credenti praticano una strada del tutto insensata, poiché la sua convinzione è che tutti i fatti rampollano dal caos e dal caso e dunque non posseggono “di per sé” alcun senso; nel contempo, positivamente afferma che la realtà è manipolabile logicamente e dunque possiede un fondo di “razionalità”. Ciò che la sua posizione non riesce a spiegare è come i fatti più disparati del nostro universo possano correlarsi gli uni agli altri e di conseguenza avere un senso, in breve lei non riesce ad avere chiarezza a proposito del rapporto tra significato e molteplicità. E’ proprio  tale colpevole ignoranza a proposito di tale rapporto che non le permette di sottomettersi a dottrine quali la trinità o l’unione delle due nature nella persona del Cristo.

 

5)     Entrambi affermiamo che la nostra posizione in relazione al problema del male è in accordo con la coscienza:

a)     Io affermo questo perché interpreto la mia coscienza come un aspetto della mia fede nell’esistenza e nella sovranità di Dio. Pertanto pongo a fondamento della mia coscienza morale la certezza che Dio sia il giudice dell’universo, che Egli sia giusto e che quanto Dio ha espresso nella Bibbia deve orientare i giudizi della propria coscienza.

b)     Lei invece fonda la propria affermazione sul fatto che la sua coscienza deve essere ritenuta punto di riferimento ultimo di ogni questione. Purtroppo lei riesce solo a giungere alla conclusione che bene e male sono “indistinguibili” , “soggettivi” e “prospettici”. Alla fine la sua morale non può non affogare nel soggettivismo e nella relatività, valori questi che non possono essere posti neppure a fondamento della convivenza civile.

 

Molti non-credenti hanno problemi con il Dio della Bibbia sulla base di “problemi etici” che l’operato ed il carattere di Dio implicarebbero. Ad esempio l’ordine divino di fare strage dei canaaniti, I salmi di imprecazione, l’ira eternal di Dio nei confronti degli impenitenti, ect. La domanda che sovente è sollevata in modo polemico è “Chi mai vuole avere a che fare con un Dio come questo?”. Ma a dispetto di tale considerazione, se il Dio della Scrittura non esistesse non potrebbe esistere alcuna questione etica.

Signor Carterio: Lei non vuole comprendere che in realtà non esiste una questione etica “oggettiva”, la moralità è infatti soltanto un’astrazione, come tale non è differente da alter astrazioni quail il concetto di “tragedia”, “tristezza” e molte alte che la mente umana formula a partire dalla sua capacità di fare esperienza. Dedurre da questa capacità di astrazione, che la mente umana non può determinare se un’azione e morale o meno senza l’esplicito giudizio di Dio, è lo stesso che dire che non possiamo stabilire cosa è tristezza se un Dio sovrano della tristezza non ci dona questa rivelazione.

 

Signor Cornelio: Se non esistesse Dio, tutti I concetti astratti da lei menzionati ricadrebbero nella stessa “indifferenziata” categoria, e pertanto “tristezza”, “tragedia”, “bene” e “male” finirebbero con il significare la stessa cosa (o addirittura nulla). Essi concetti potrebbero al più essere considerati come il prodotto di reazioni chimiche del cervello, a questo punto non vi sarebbe più alcuna ragione per assegnare l’etichetta di “giusto” o “sbagliato” a tali fenomeni.

 

Signor Carterio: Chiamando quei concetti, “prodotto di reazioni chimiche” lei sottovaluta che essi sono il prodotto dell’intelligenza umana. L’intelligenza umana può valutare situazioni e formulare concetti. L’esistenza di tali concetti è inoltre verificabile, ma l’esistenza di un Dio che porrebbe concetti nella mente umana risulta del tutto inverificabile.

 

Signor Cornelio: Vorrei fare un esempio. Noi concordiamo sul fatto che le mura di questa casa nella quale siamo siano diritte. Io affermo che debbono esserci delle “fondamenta” sotto di esse, una “precondizione” pre fare si che le mura siano diritte. La sua ipotesi è che la casa non ha fondamenta e che in più non ne necessita. Ma sulla base della sua assunzione, che tutto l’universo è spiegabile in termini di tempo e caso, io le domando, come possono questi due elementi operare sulla materia per produrre mura diritte.

 

Signor Carterio: Lei asserisce che “senza Dio non vi è la possibilità di parlare in alcun modo di moralità”, ma questo deve ancora essere provato. Se la mente umana può formulare obiezioni, può anche formulare problemi di algebra e risolverli senza che Dio “metta conoscenza nel cervello”.

 

Signor Cornelio: Se Dio non esistesse, tutto quello che rimarrebbe sarebbero tempo e caso operanti sulla materia. Se però le cose stessero realmente così, la differenza tra i miei pensieri e i suoi corrisponderebbe alla differenza tra un vapore con una tinta ateistica e uno con una tinta teistica. Ciò significherebbe che lei crederebbe ai suoi pensieri non perché essi sarebbero “veri”, ma solo perché una serie di reazioni chimiche lo spinge a credere così. Verrebbe così distrutta tanto la razionalità quanto la moralità.

 

Signor Carterio: Prendiamo l’ordine biblico di massacrare gli Amaleciti (1Sam. 15:2-3). Quanta intelligenza è necessaria per determinare che nessuna intelligenza perfetta avrebbe potuto ordinare l’uccisione di bambini e neonati. Pertanto un Dio che da simili ordini non può essere “vero”.

 

Signor Cornelio:  Lei può formulare tale critica perchè ritiene che vi sia un concetto “oggettivo” di “perfezione” e di “verità”. Ma tale “oggettività” non può essere dedotta dalle premesse della sua “visione del mondo”. Lei in realtà sta prendendo in prestito dal cristianesimo quella che è la “metafisica” e la “etica” che usa per attaccare il cristianesimo.  Nella uccisione degli amaleciti era all’opera un problema morale, Saul era stato disubbidiente e non aveva eseguito l’ordine di Dio di uccidere. Data la sua etica, non dovrebbe esserci alcuna differenza tra il massacro degli amaleciti e una passeggiata in riva al mare.

 

Signor Carterio: Ma certo vi è una differenza tra il massacro degli amaleciti ed una passeggiata in riva al mare! Senza il suo Dio non è possibile forse percepire tale differenza? La verità è oggettiva a causa della realtà, non perché una qualche deità decide cosa è la verità.

 

Signor Cornelio: Molto bene, lei può asserire che vi sono delle distinzioni oggettive tra bene e male. Ma come ciò può essere “giustificato?. Sulla base delle sue assunzioni, su quale presupposto un’accozzaglia di atomi chiamato “popolo giudaico” può obiettare all’olocausto? Quale può essere la differenza tra i desideri dei giudei e quelli dei nazisti? Standard oggettivi di ragione e moralità nel suo mondo ateo non possono esistere. Il paradossale della sua posizione è che lei combatte il cristianesimo con armi cristiane!

 

Signor Carterio: Quando io affermo che non esiste “oggettiva” moralità, non desidero con ciò dire che non esiste moralità. I processi razionali possono validamente distinguere tra “bene” e “male”

 

Signor Cornelio: Se la moralità non è “oggettiva” essa può solo essere “soggettiva”, e se è tale essa non si distinguee da miliardi di altri “stati mentali”. Tale frammentazione non può provvedere alcuna autorità etica. Correlato al problema etico è anche quello della razionalità, se non esiste “oggettività” non è possibile alcuna “oggettività razionale” e pertanto risulta compromessa la stessa facoltà di giudicare.

 

Signor Carterio: Ma questa supposta “oggettività” da dove dovrebbe provenire? Da Dio? Da quella Bibbia che i cristiani interpretano in mille modi differenti?

 

Signor Cornelio: Io sto affermando che il “soggettivismo” distrugge la verità.

 

Signor Carterio: Lei parla di “oggettività morale” ma non riesce a provarla. Niente esiste, neppure il suo Dio. Come può lei sapere che esiste una “oggettività morale”? Da dove si origina? Se lei risponde “da Dio”, dimostri allora che Dio esiste. Se la moralità “oggettiva” è rivelata nella Bibbia, essa diviene qualcosa di inseparabile dalle soggettive interpretazioni, e pertanto che vantaggio la sua concezione ha sulla mia?

 

Signor Cornelio: La prova che lei cercava è stata onnipervasiva a tutto il nostro dialogo. Il dibattito sulla esistenza di Dio non può essere posto nella stessa categoria dell’esistenza degli Ufo. Gli Ufo possono esistere o meno, lasciando il complesso dei nostri pensieri impregiudicati. Se Dio non esistesse i nostri processi di pensiero i suoi ed i miei, sarebbero la medesima cosa. Il contenuto delle sue affermazioni è stato ateistico, ma i presuppostio della sua conoscenza sono stati teistici. Ciò significa che ad un livello fondamentale, lei ed io concordiamo che Dio è.

 

Parte Seconda

 

Signor Beniamino: Ma intanto con i tuoi ragionamenti hai creato un muro tra noi e il Signor Carterio! E temo che sia andata a monte la possibilità di potere in qualche modo “dimostrare” l’esistenza di Dio.

 

Signor Cornelio: Sei davvero in errore se pensi che ragionando sulla base dei tuoi presupposti probabilistici, un peccatore possa pervenire ad afferrare l’esistenza del Dio uno e trino della Bibbia. I nostri ragionamenti, se presentati fuori dal contesto della certezza della fede, possono soltanto confermarci nell’autonomia del nostro io. In effetti quando ci confrontiamo con un non credente, dobbiamo sempre tenere bene a mente che egli è uno che ha infranto il patto con Dio. Non bisogna pertanto considerarlo un soggetto “neutrale”, infatti tutte le sue considerazioni saranno espresse dalla prospettiva di una persona profondamente ribelle e odiatrice di Dio. Il suo modo di pensare sarà pertanto, volente o nolente, “religioso”. Per la precisione tutti i ragionamenti degli uomini, credenti o meno, sono “religiosi”, anche quando non trattano direttamente di argomenti “teologici”, poiché il contesto delle azioni umane ha come presupposto la sottomissione o la ribellione a Dio.

 

Signor Beniamino: Allora che conto fare delle domande di coloro che non credono e che ci “chiedono conto della speranza che è in noi” (1Pietro 3:15)?

 

Signor Cornelio: Credo che la cosa migliore sia di relazionarsi a loro come a persone ribelli e bisognose di essere riconciliate con Dio. In tale prospettiva il “terreno comune” di discussione con il non credente può anche essere costituito da argomentazioni “ragionevoli”, solo che queste debbono essere inserite nel più ampio contesto del sistema delle verità biblica. Appare consigliabile lasciare argomentare il non credente a proposito del proprio concetto di verità e conoscenza per cercare poi di mostrare quanto in contraddizione tra loro siano le sue convinzioni a proposito dell’interpretazione che egli dà della totalità del creato e della propria attività conoscitiva. Sull’esito di questa analisi possiamo poi argomentare sulla unica e sola ragionevolezza del cristianesimo. Questa metodologia è conosciuta come “metodo trascendentale”.

 

Signor Beniamino: Non ritieni però che tale metodologia possa solo mettere capo ad una specie di “fideismo”?

 

Signor Cornelio: Non mi sembra assolutamente il caso. Sono convinto che sia compito del credente dimostrare che soltanto assumendo le premesse conoscitive presentate dalla Bibbia, è possibile autenticamente giustificare le proprie pretese conoscitive. Se non si accetta quanto la Bibbia asserisce a proposito di Dio e dell’uomo, l’unica cosa alla quale sarà possibile mettere capo è una teoria della conoscenza assolutamente contradditoria in se medesima. La conoscenza che il credente esprime è non solo “consistente” ossia coerente con se stessa, ma anche in grado di “smascherare” le incoerenze delle varie teorie che i non credenti utilizzano per giustificare il proprio modo di conoscere.

 

Signor Beniamino: Ciononostante a me è apparsa chiara nella discussione con il Signor Carterio, la mancanza di qualsiasi terreno comune per potere parlare di Dio. Tutto ciò mi fa pensare che tu alla fine non ritieni possa esistere una scienza teologica quale l’apologetica diversamente da quanto affermato in 1Pietro 3:15-16. Non mi sembra possibile, sulla base delle tue convinzioni presupposizionaliste, dire ad un credente altro che: “tu utilizzi una serie di presupposizioni ed io credente una serie di altre, questo pone fine alla nostra ricerca, tra noi non c’è la possibilità di comunicare a meno che tu non ti converta!”.

 

Signor Cornelio:  Francamente non credo sia questo il “presupposizionalismo” al quale aderisco. Ritengo che tra credente e non credente vi sia terreno comune di discussione, solo che tale terreno non è “neutrale”. Più precisamente, il punto di contatto tra me ed un non credente non mi sembra essere religiosamente neutrale, infatti come credente debbo ritenere che tanto i presupposti della mia conoscenza, quanto i “reali” presupposti della conoscenza del non credente siano “cristiani”, compito del credente diventa allora quello di mostrare al non credente il terreno comune non è altro che un terreno “cristiano”! E’ chiaro che il non credente negherà un tale presupposto nel nome dell’autonomia della ragione, ciò non implica che il credente non debba testimoniare di come le cose stiano in realtà fiducioso nel fatto che ogni non credente in fondo sa di essere un “violatore della legge di Dio”.

 

Signor Beniamino: Eppure nonostante queste tue delucidazioni a me sembra che tu neghi quanto sembra essere logico anche secondo un’ottica cristiana.

 

Signor Cornelio: Io annetto molto valore alla logica, solo non ritengo essa sia “neutrale”. Più precisamente, sono convinto che anche principi quali quello di “non contraddizione” (una cosa non può essere contemporaneamente A e non-A), abbiano un senso soltanto se essi sono “garantiti” dalla sovranità di Dio, e dunque essi hanno un senso solo se si presuppone a loro fondamento il Dio uno e trino.

 

Signor Beniamino: Non riesco a seguirti quando affermi di tenere in grande stima la logica,  e nello stesso tempo fai del tutto illogicamente uso massiccio di argomentazioni che sono nella loro essenza null’altro che “ragionamenti circolari”. Ad esempio, affermi che la Bibbia è vera perché essa è la Parola di Dio, e Dio non può mentire, ma tale affermazione risulta vera solo se si accetta che la Bibbia sia vera! Come pretendi che un non credente possa accettare tale contorsione!

 

Signor Cornelio: Sono consapevole di questo, ma è Dio con la propria autorità a stabilire quale debba essere lo standard della verità, in tale ottica è importante per noi credenti assumere un modello di “ragionamento circolare”, se esso soddisfa le esigenze di verità e chiarezza della Parola di Dio. Un ragionamento può essere circolare ma non assolutamente vizioso. Infatti tutta l’attività umana è iscritta nel contesto di un rapporto creaturale istituito sovranamente da Dio, perché come credenti non dovremmo assumere tale “presupposto” e di conseguenza fondare su di esso le nostre premesse e conclusioni? Dovremmo riflettere con maggiore serietà sul discorso fatto da Paolo agli ateniesi (Atti 17:16-34). Paolo infatti fa proprio uso di un ragionamento “circolare”. Egli non cerca di creare un “terreno comune” con i filosofi stoici, che sappiamo essere stati monoteisti, e gli epicurei, che si dichiaravano atei (v.18). Il suo discorso non appare essere più mite di quello diretto ai pagani di fede politeista. Paolo parte dal presupposto che tutti gli uomini peccatori sono caratterizzati dal dare adorazione alla creatura piuttosto che al Creatore, e che tale condotta lesiva della volontà di Dio, sarà un giorno punita. Paolo espone agli ateniesi la dottrina della creazione di Dio, solo perchè la morte di Cristo e la Sua risurrezione la presuppongono. In effetti per accettare Cristo è necessario accettare la dottrina della creazione dell’universo, poiché solo una radicale differenza tra Dio e l’universo, permette di potere adeguatamente parlare del Cristo.

Va detto la “ribellione degli ateniesi”, metteva capo ad una precisa concezione “filosofica” di tutta la realtà: non il Dio uno e trino, ma una qualche sostanza “omogenea” doveva essere a fondamento dell’universo (Uno/Tutto); tale sostanza era di volta in volta chiamata “essere”, “acqua”, “aria” ect. Tutti i cambiamenti derivano da qualche forma di emanazione dal seno stesso di tale sostanza e sono destinati a ritornare in essa. I greci erano pertanto “monisti”, essi trattavano la realtà come un intero, allo scopo di non distinguere tra Creatore e creatura. I loro stessi dèi non erano altro che emanazioni di tale sostanza e pertanto non si distinguevano radicalmente rispetto alle altre cose dell’universo. Va anche detto che in contraddizione con quanto appena affermato, i greci erano anche “pluralisti” ossia credevano che il “cambiamento” e dunque la “possibilità”, fosse una caratteristica della realtà ultima di tutte le cose, ciò li conduceva a ritenere che la libertà fosse la medesima tanto per gli dei quanto per gli uomini.

 

Signor Beniamino: Se le cose stanno così che pensare delle prove per dimostrare l’esistenza di Dio?

 

Signor Cornelio: Se stai pensando alle prove di Tommaso d’Aquino, per dimostrare l’esistenza di Dio, esse non solo non mi risultano molto coerenti logicamente (specie la cosiddetta “prova cosmologica”, che risulta coerente solo se si accetta l’impianto filosofico aristotelico), ma in più esse mettono capo ad un essere supremo che difetta di tutti quegli attributi che sono caratteristici del Dio uno e trino della Bibbia. Forse esse più che rigettate andrebbero riformulate in modo da accreditare la visione del mondo cristiana. Alla fine tutte le prove possono essere ridotte ad una sola formulata in questo modo: “a meno che non si presupponga l’Iddio della Bibbia, in quanto Creatore, Sovrano e Controllore di tutto l’universo e della stessa esperienza umana, l’esperienza stessa non può che risultare vuota”.   

La “Prima Via” di Tommaso è talvolta chiamato “argomento da mozione o cambiamento”. Il presupposto da cui prende le mosse è che ogni essere finito sperimenta cambiamento. Quando qualcosa cambia, esso passa da uno stato potenziale a quello attuale. Tale cambiamento deve essere indotto da qualcos’altro che è già passato dal suo stato di potenzialità a quello di attualizzazione. Questo secondo essere è passato a sua volta nello stato di attualità grazie al concorso di un terzo essere.

Now we must stop somewhere, otherwise there will be no first cause of the change, and, as a result, no subsequent cause. For it is only when acted upon by the first cause that the intermediate causes will produce the change...Hence one is bound to arrive at some first cause of change not itself being changed by anything, and this is what everybody understands by God. [11]

Tommaso d’Aquino non sta pensando ad una prima causa in termini temporali (egli riteneva che la fede nella non eternità del mondo potesse essere assunta sulla scrota della sola Scrittura), piuttosto egli pensa ad una prima causa “sostenitrice”. La causa che sostiene tutti gli esseri finiti è Dio.

L’argomento della “Seconda Via” è simile a quello della prima. La maggiore differenza è che mentre la “Prima Via” si concentra sulla causa del cambiamento o movimento, la seconda chiama in causa ciò che porta le cose all’esistenza. Esseri finiti non sono auto-esistenti, essi sono portati all’esistenza da qualcos’altro. Finchè facciamo ricorso ad altre cose finite non diamo una spiegazione adeguata ai fenomeni, deve pertanto essere invocata l’esistenza di un essere auto-esistente, e costui è Dio. Anche qui la causa non è di tipo temporale, ma sostenitrice.

Afferma G. Clark: “The Third Way shows that the being whose existence is being established is a necessary being. The argument here proceeds by pointing out the fact that this world is populated by contingent beings--i.e., beings which are but need not be. But, as Aquinas notes:

A thing that need not be, once was not; and if everything need not be, once upon a time there was nothing. But if this were true there would be nothing even now, because something that does not exist can only be brought into being by something already existing. So that if nothing was in being nothing could be brought into being, and nothing would be in being now, which contradicts observation. Not everything therefore is the sort of thing that need not be; there has got to be something that must be. [12]

Something that must be is, of course, a necessary being.

Aquinas' argument in the Third Way may be clarified as follows:

Either there is a necessary being or there isn't. Suppose there is no necessary being. There is either a first contingent being or there is not. If there is a first contingent being and no necessary being, the first contingent being would have had to pop out of nothing. This is impossible. Ex nihilo nihil fit. Therefore, if at one time nothing existed, nothing would exist now.

If there is no first contingent being (perhaps because the contingent beings comprise an interrelated whole) and no necessary being, each contingent being will depend for its existence on another contingent being but not on any necessary being. But, not even an interrelated sum of contingent beings can provide a fully adequate explanation for the existence of other contingent beings. The existence of that interrelated whole (and therefore of each one of them) still must be explained. Only if a non-contingent, i.e., a necessary being exists can this explanation be given”.

Questi argomenti potrebbero essere sintetizzati nel modo seguente:

(1) Esistono esseri contingenti, non-auto-esistenti e mutevoli.

(2) La loro esistenza implica l’esistenza di altri esseri da cui essi dipendono per la propria esistenza e i propri cambiamenti.

(3) La somma degli esseri contingenti, non-auto-esistenti e mutevoli deve avere un primo membro.

(4) Questo primo membro deve essere necessario, auto-esistente e non-mutevole poiché: ex nihilo nihil fit. Questo primo membro è Dio.