Il significato della cena del Signore nella teologia protestante
La parola “sacramentum” fa il suo ingresso ufficiale nella terminologia
ecclesiastica ad opera di Tertulliano, il quale traduce in latino il termine
“mistero” con “sacramentum”. Anche
la vulgata di Girolamo presentatasi
come un aggiornamento e un perfezionamento delle traduzioni latine
soprannominate “vetus itala”, conserva questa traduzione e con essa dobbiamo
segnalare l’introduzione di neologismi teologici in chiara funzione liturgica
(ad. es. “Maria, piena di grazia” anziché “favorita dalla grazia”). Lo stesso
Lutero nel 1520 con il suo trattato “La cattività babilonese della chiesa”
(1) denuncia l’abuso linguistico del termine “sacramento” come una corruzione del significato filologico
del corrispettivo termine greco. Il
termine sacramento già in auge nella prassi giudiziaria romana e nel culto di Mitra viene assimilato nella
prassi linguistica cristiana e degenera in ambiente cattolico, nei secoli
successivi, con la teologia sacramentalista.
Nel IV Concilio Laterano del 1215 viene sancita la dottrina della transustanziazione
(uno dei 7 sacramenti cattolici), ovvero della trasmutazione della sostanza
del pane e del vino, permanendo invariati gli accidenti, in quella del corpo
e del sangue di Cristo. La chiesa cattolica nell’esercizio della funzione
eucaristica conferisce grazia e perdono dei peccati. In opposizione alla dottrina
della transustanziazione si levano le voci di Lutero, Calvino e Zwingli. Lutero
non si discosta molto dalla dottrina cattolica sacramentale sostenendo la consustanziazione (2). Con questa dottrina,
Lutero proclama non la trasformazione
ma la compresenza del pane e del vino con il corpo e il sangue di Cristo (nella
celebre definizione di Lutero “in, con e sotto il pane e il vino…”). Lutero
nega la trasformazione della sostanza degli elementi del pane e del vino nel
corpo e sangue di Cristo ma li unisce semplicemente “in modo repletivo”. Lutero
respinge la tesi di coloro che vorrebbero stabilire le modalità della presenza
reale del corpo e del sangue di Cristo con gli elementi del pane e
del vino per congiunzione o per coesistenza. Lutero è convinto che la natura
umana e divina del Cristo, unita al potere dell’ubiquità, consenta la presenza
del Corpo e del sangue di Cristo “in, sotto e con” gli elementi del pane e
del vino (modo repletivo della presenza) ed è offerto a tutti (credenti e
non) con effetti differenti. La simultanea presenza delle specie del pane
e del vino con il corpo e il sangue di Cristo non deve essere intesa per congiunzione ma neppure come una fusione; questa comunione cessa nel momento
in cui termina la funzione eucaristica (per questa ragione i luterani gettano
il pane e il vino avanzati al contrario dei cattolici che li conservano). Anche se Lutero rigetta l’impalcatura aristotelica
della dottrina di Tommaso D’Aquino ne conserva inalterate le conclusioni. Comunque Lutero, coerentemente con la dottrina della
giustificazione per sola fede, rigetta i benefici che la chiesa cattolica
attribuisce alla partecipazione inoperosa del credente al sacramento dell’eucarestia.
Inoltre abolisce la pratica di concedere ai laici il pane ma non il vino,
sostiene, in accordo con l’insegnamento
cattolico, che le espressioni usate dal Cristo sono verità
letterarie: “Questo è il mio corpo…… questo è il mio sangue…” (Lc. 22,19-20).
Per Lutero il verbo essere esprime eguaglianza. E’ Zwingli a proporre una
interpretazione migliore (3). Per il riformatore svizzero la frase del Signore:
“questo è il mio corpo” (Mt.26,26) deve essere intesa “questo significa o
rappresenta il mio corpo”. Allo stesso
modo quando Cristo dice: “Io sono il pane della vita” (Giov. 6,48), vuol dire
che egli rappresenta e simboleggia la vita.
La Cena del Signore è vista da Zwingli come un memoriale della morte
di Cristo che dà origine alla chiesa cristiana e una conferma del giuramento
di fedeltà al Signore di tutti i partecipanti alla stessa cena. La teoria
cattolica della transustanziazione e luterana della consustanziazione vengono
respinte e le fratture all’interno del protestantesimo sembrano moltiplicarsi.
L’incontro svoltosi nel castello di Marburgo nel 1529 tra Lutero e Zwingli,
allo scopo di unire le due ali spirituali del protestantesimo di lingua tedesca
e poter affrontare la minaccia militare di Carlo V, si risolve con un nulla
di fatto. In piena coerenza con la
sua teologia, Calvino sviluppa una posizione intermedia tra Lutero e Zwingli
(4). Per Calvino i sacramenti, come per Lutero e Zwingli sono il battesimo
e la Cena del Signore, perché sono le uniche azioni comandate dal Signore
e legate ad una promessa.
Calvino sostiene due definizioni di sacramento. La prima è la seguente:
“un segno esteriore mediante cui Dio suggella nella coscienza nostra le promesse
della sua volontà di bene nei nostri riguardi, per fortificare la debolezza
della nostra fede” (Istituzioni, IV, 14,1); mentre la seconda è tratta da
Agostino: “il segno visibile di una realtà sacra, oppure una forma visibile
della grazia invisibile” (Istituzioni, IV, 19,5). Calvino ritiene che la corrispondenza
tra il simbolo e la sua rappresentazione visibile e materiale sia così stretta
che si può “facilmente passare dall’uno all’altro”. Calvino rigetta l’identità
sostanziale dei simboli del pane e del vino con il corpo e il sangue di Cristo
(transustanziazione) ma rigetta anche la posizione di Lutero della presenza
simultanea del sangue e del corpo di Cristo accanto al pane e al vino (consustanziazione).
Lutero era convinto che accanto agli elementi del pane e del vino fosse necessaria
la presenza reale del corpo di Cristo; a tal proposito Calvino gli ribatterà
che anche la presenza spirituale del corpo di Cristo è una presenza reale.
Calvino sostiene che il Cristo assente dalla terra, perché assunto alla destra
del Padre, è sostituito dallo Spirito Santo.
La diversità con Zwingli è la seguente: mentre per il riformatore di
Basilea la Cena esprime un memoriale ( “fate questo in memoria di me” Lc.
22,19) e un rinnovamento della promessa di fedeltà del credente al Signore,
Calvino aggiunge a queste affermazioni anche un beneficio spirituale,
perché il comandamento del Signore comporta per il credente fedele
anche la promessa di godere dei benefici della comunione con Cristo e con
la chiesa (1 Cor. 11, 16). Per Calvino il simbolo non può essere vuoto
(Istituzioni IV,17,10). Il cristiano che si accosta alla Cena del Signore
gode della presenza spirituale del Cristo e dei benefici conquistati dal Cristo
mediante la sua obbedienza e la sua morte in croce, quali la redenzione, la
giustificazione, la comunione con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo e
la vita eterna (Istituzioni IV,17;11).
Bibliografia:
(1)
M. Lutero, La cattività babilonese, in Scritti politici
di Lutero, Utet, Torino, 1949.
(2)
M. Lutero, Sermone sul venerabile sacramento del santo vero
corpo di Cristo, in Lutero, Classici delle religioni, Utet, Torino, 1967.
(3)
Zwingli, Scritti teologici e politici, a cura di E. Genre,
E. Campi, Torino Claudiana, 1985.
(4)
G. Calvino, Istituzioni della religione cristiana, a cura
di G. Tourn, Classici delle religioni, Utet, Torino, 1971.
(autore: Domenico Iannone)