Un confronto tra il pensiero di K. Barth e quello di G. Groen von Prinsterer
La chiesa non reagì con vigore quando il nazional-socialismo fece la propria comparsa in Germania. Hitler aveva approfittato del timore sucitato nell'opinione pubblica dalla rivoluzione bolscevica per presentarsi nel 1933 come l'uomo della Provvidenza.
Hitler presentò se stesso e la Germania come scelti da Dio per un altissimo compito etico, teso a riportare l'ordine nell'Europa devastata dai particolarismi nazionali.
Il mezzo per raggiungere tali obiettivi doveva essere la coercizione: guerra, invasioni, campi di concentramento.
La chiesa non prese una netta posizione nei confronti di tale ideologia, addirittura la chiesa cattolica in questo periodo firmò un concordato con lo stato tedesco.
Tra coloro che elevarono la propria voce per protestare contro
la politica del terzo reich, troviamo Karl Barth.
Barth parte dal presupposto che Dio si oppone a tutto ciò che è
umano: la storia, la conoscenza e la volontà. Tra Dio e l'uomo, vi è
una distanza infinita, una vera e propria differenza qualitativa, tale da non
permettere alcuna analogia tra l'uomo e Dio. Dio è tutt'altro rispetto
alla nostra umanità, e il cristianesimo non è altro che un'escatologia
refrattaria a qualsiasi unione tra mondano e spirituale. Barth protestò
contro il nazionalsocialismo, poichè ritenne che le dichiarazioni del
führer, che lo presentavano come il messia, fossero blasfeme e non bibliche.
Tali convinzioni confluirono nella "Dichiarazione di Barmen".
Mette in conto conoscere i fatti che condussero a tale confessione di fede. Il 3-5 aprile il "Movimento di fede dei cristiano-tedeschi", aveva promosso l'identificazione della chiesa con lo stato nazionalsocialista. Tale movimento si era costituito nel 1932, per iniziativa di eponenti del partito nazista, che ne avevano affidato la cura al pastore J. Hossenfelder. Nel 1933 Hitler pur attenendosi ad una politica di rispetto di tute le chiese, intende far apparire i cristiano-tedeschi come un movimento spontaneo all'interno della chiesa evangelica. Il 25 aprile del 1933, Ludwig Muller, uno sconosciuto e insignificante ex cappellano di marina, viene incaricato dallo stesso Hitler di unificare le varie chiese regionali in una sola chiesa del reich con a capo un "vescovo del Reich". L'iniziativa del Muller va nella stessa direzione di quella presa da esponenti della chiesa evangelica, costoro al fine di evitare ingerenze da parte dello stato costituiscono una propria "Commissione dei tre membri" (un evangelico H. Kapler, un luterano A. Marahrens, un riformato H. A. Hesse). A questa commissione si aggiunge Muller come rappresentante dei "cristiano-tedeschi".
La "Commissione dei tre", aveva stabilito che il vescovo del Reich da mettere a capo della chiesa tedesca sarebbe stato eletto dagli esponenti delle chiese regionali. Il 27 maggio fu eletto F. von Bodelschwinght, e ressagnate questi le dimissione il 24 giugno fu eletto F. Muller.
L'11 luglio Muller portava a termine la ristrutturazione della chiesa tedesca, con un nuovo statuto, che approvato dai rappresentanti delle chiese diventava legge del Reich. Nelle successive elezioni ecclesiastiche del 23 luglio, i cristiano-tedeschi conquistaro circa i tre quarti dei voti, pertanto le amministrazioni ecclesiastiche dovettero cedere il proprio potere nelle mani di questo partito.
Il 6 settembre 1933 di fronte ai successi del nazionalsocialismo, il Sinodo Prussiano approvava la "Legge Ecclesiastica riguardante lo stato legale dei ministri e degli ufficiali della chiesa" di cui faceva parte l'infame paragarafo che escludeva dai ruoli ecclesiastici i non ariani o quanti sposati con non-ariani.
Barth in quegli anni riesce a catalizzare l'attenzione degli evangelici che non si riconoscevano nè nell'ideologia dei cristiano-tedeschi, nè in quella del Sinodo Prussiano, si rafferma così il movimento della "Chiesa confessante" (Bekennende Kirche). Tale movimento aveva cominciato a raccogliere consensi già verso la fine del febbraio del 1933 sotto la guida di Martin Niemoller.
IL 31 maggio del 1934 veniva approvata la Dichiarazione di Barmen" (non "Confessione", poichè i luterani avrebbero incontrato difficoltà ad accettare tale definizione).
In essa si afferma in buona sostanza che è un errore
ritenere che accanto alla rivelazione di Dio in Cristo, debba esere stabilita
anche una legittima autonomia dell'uomo nei confronti del messaggio e della
forma della chiesa. Infatti nella chiesa bisogna obbedire soltanto alla Parola
di Cristo, e non a quella del führer.
Non deve sorprendere che Barth, che ha avuto un atteggiamento critico nei confronti
del nazionalsocialismo, sia stato di tutt'altro orientamento nei confronti del
socialismo e del comunismo.
Abbiamo visto come nella sua giovinezza, Karl Barth avesse aderito al socialismo religioso, protestando contro la tendenza della chiesa protestante ad aderire con troppa facilità alle suggestioni del capitalismo.
Barth riteneva che il socialismo fosse passibile di essere inteso come una via media tra il comunismo e il capitalismo.
La teologia di Barth ha profondamente intereagito con le sue idee politiche.
Dopo il 1945, Barth ha scoperto tutta una serie di motivi teologici non presenti nella meditazione dei primi anni del suo ministero.
Dio non è inteso più come il Totalmente Altro, Egli è divenuto un "partner" dell'alleanza con l'uomo, per il tramite di Gesù Cristo. Barth può ora parlare della "umanità di Dio" e concepire la propria dogmatica in senso "cristomonista. Cristo e la sua grazia costituiscono il principio dogmatico a partire dal quale si illuminano gli altri domini della teologia, compresa la creazione e la Legge, entrambe espressioni della grazia in Gesù.
La creazione è un aspetto dell'opera di redenzione di
Cristo, infatti per Barth la creazione è già redenzione. Tale
posizione conduce ad un cambiamento nel motivo riformato creazione-caduta-redenzione
e nel rapporto Legge ed Evangelo. Infatti per Barth per intendere il contenuto
della Legge e il significato della creazione, bisogna adoperare come principio
il patto che Dio attraverso Cristo ha stipulato con l'intera umanità.
Il disgusto di Barth per la teologia liberale e il nazional-socialismo, con
il suo richiamo alla provvidenza, lo hanno condotto a porre sotto il segno della
grazia tanto la speculazione teologica, quanto il fondamento ontologico della
realtà, determinando una notevole confusione tra differenti piani teologici.
Per Barth, la Legge non è un presupposto, ma una funzione dell'Evangelo, la Legge è presente nel NT soltanto come un'esortazione.
Se Legge e Creazione si configurano come espressioni "accessorie"
dell'Evangelo, l'unico ed autentico loro contenuto è l'Evangelo. Pertanto
essendo l'Evangelo "rivoluzionario" Barth può affermare: "Gesù
Cristo è l'Eterno Sabaoth, e non c'è altro Dio. Egli deve vincere".
Tutta la storia del mondo e l'azione salvifica di Dio sono poste in rapporto
con Gesù, che risulta essere Colui che ha deciso di porsi in relazione
con i pagani e i giudei, di cui è re. Gesù è il rivoluzionario
che pone l'ascia alla radice dell'albero. Non conosciamo Gesù, se non
lo intendiamo come Colui che si pone dalla parte del povero. Egli è il
vero rivoluzionario.
Per Barth il nazional-socialismo è una riproposizione del paganesimo,
una manifestazione dello spirito dell'Anticristo.
Il barthismo, con la sua condanna della religione, ha rigettato
tutte le forme di rivelazione creazionale, e nei confronti dello spirito rivoluzionario
(comunismo o socialismo), non può fare appello alla Provvidenza di Dio
e alla Sua legge radicata nella creazione e nella storia. Se si rigettano la
creazione e la rivelazione generale sottolineata dai Riformatori, non resta
altro che una relazione di partneriato tra Dio e l'uomo, manifestata in Cristo.
In tal modo si permette l'apparizione di uno spazio umano secolarizzato, nel
quale tutte le tendenze della società possono essere approvate dalla
chiesa, non essendo "censurate" dalla Rivelazione. Ne risulta che il criterio
a cui un governo statale dovrebbe sottomettersi non ha bisogno di trovare la
propria sorgente nè nella "Legge di Natura", nè nella "Legge scritta
di Dio". Solo l'esempio di Gesù risulta importante.
Il mandato creazionale della Genesi scompare. Ma nel momento in cui si cessa
di rispettare il governo, il matrimonio, la famiglia e il lavoro, la chiesa
non può non dare la propria benedizione a forme diverse di vita diverse
da quelle bibliche (omosessualità, uteri in affitto, clonazioni ect.).
Groen si situa agli antipodi di Barth, poichè intende l'Evangelo non soltanto in termini di grazia, ma anche come un'espressione della Legge di Dio. L'Evangelo presuppone la Legge.
Guillaume Groen van Prinsterer (1801-1875), storico e giurista,
è stata una delle figure più importanti del riveglio olandese
dell'800. Egli che ha dato un apporto cospicuo alla politica, alla chiesa e
al sistema dell'educazione, ed ha ispirato persone come Abraham Kuyper.
Groen dopo la propria conversione avvenuta intorno al 1830, ha cercato di interpretare
la propria epoca alla luce della Bibbia. Prima di allora egli era stato un "liberale
moderato" con una certa simpatia per la fede cristiana . Dopo gli studi a Leida,
sposa nel 1828 Elisabeth de Hoop, una convinta cristiana, da allora comincia
il suo cammino verso la fede.
L'avvenire dell'Europa
Groen, detestava il disordine e l'agitazione, era pertanto
preoccupato per la situazione piuttosto agitata dell'Europa del tempo, era al
contrario convinto che una politica ragionevole e pratica fondata sulla principi
di una fede cristiana compresa razionalmente, avrebbe dovuto ostacolare tali
eccessi. La sua opinione politica era la stessa di numerosi liberali che tentavano
un'applicazione moderata dei principi proclamati dalla Rivoluzione Francese,
quegli stessi principi che nella loro estremizzazione avevano condotto la Francia
agli eccessi del 1790.
Nel 1830, Groen abbandona questo orientamento. In quel periodo viveva a Bruxelles,
dove era segretario del re Guglielmo I°.
Egli constatava che le idee rivoluzionarie stavano facendo di
nuovo capolino, annunciando la fine del governo di Carlo X° e l'inizio del governo
di Luigi Filippo. Ciò significava che le idee rivoluzionarie non erano
state abbandonate con la Restaurazione.
Anche il Belgio e l'Olanda risentivano di tali fermenti. Groen si intrattiene
sovente con il re, ricavandone l'impressione di una mancanza di adeguatezza
politica alla situazione contingente.
Il liberalismo moderato olandese non sembra offrire soluzioni
a tale radicalismo rivoluzionario, proprio perchè il liberalismo olandese
si muoveva nello stesso solco ideologico della Rivoluzione francese.
A Bruxelles, Groen comprende che la rivoluzione ha la propria
origine in uno spirito scarsamente cristiano, o addirittura anti-cristiano,
per tale motivo non può che lottare contro lo Stato e l'autorità,
entrambe istituzioni volute da Dio.
Tale meditazione è determinata da una più approfondita conoscenza
dell'Evangelo, grazie alla testimonianza della moglie e al famoso predicatore
Merle d'Aubigné.
In seguito ad una grave malattia si converte al cristianesimo.
La sottomissione a Cristo è strettamente connessa ai suoi dubbi e angoscie:
l'Evangelo riconcilia con Dio e libera dal peccato. Inoltre il messaggio del
Cristo è in diretta opposizione all'anarchismo rivoluzionario, poichè
restaura la Legge di Dio in tutta la sua ampiezza.
La croce di Gesù conferma la Legge, e l'ordine della Creazione. Di conseguenza
la predicazione dell'Evangelo ha conseguenze politiche e può scongiurare
le pericolose tendenze rivoluzionarie circolanti in Europa. Responsabili di
tale situazione sono stati l'indifferenza dei credenti e la loro incredulità,
che hanno finito con l'avallare certi fenomeni sociali e politici.
La rivoluzione e l'incredulità
Secondo Groen, è possibile, alla luce del messaggio biblico, scorgere la mano di Dio all'opera nella storia. La storia testimonia che colui che cerca di servire Dio finisce per essere benedetto, e chi cerca di sottrarsi a tale servizio finisce in rovina. Gli atti di Dio nella storia sono inviti alla conversione. L'incredulità può porre un freno allo sviluppo dei propositi di Dio nella storia, ma non certo annullarli.
La rivoluzione francese è l'applicazione politica dell'incredulità del XVIII° secolo.
Rivoluzione e incredulità sono strettamente connesse.
Il mondo procede perchè sospinto da idee, le azioni sono figlie del pensiero.
A suo parere ciò che si oppone a Dio, non è caratterizzato da
un male di tipo ideologico, quanto piuttosto da uno spirito di incredulità
non conscio delle propria ribellione a Dio e alla Sua sovranità.
L'antitesi non è mai tra fede e paganesimo (come in Barth), ma tra fede
e incredulità, tra fede e rivoluzione.
Groen avrebbe certamente replicato all'adesione di Barth ai principi della rivoluzione comunista, argomentando che il comunismo non è affatto differente nel suo principio al nazismo.
Groen non fu il solo a denunciare lo stretto rapporto tra incredulutà e rivoluzione.
Nell'opera principale di Groen, L'incredulità e la Rivoluzione (1848), è mostrato come la Riforma Protestante fosse stata una benedizione per l'Europa occidentale e come l'incredulità alla base della Rivoluzione francese fosse un contro-fenomeno largamente diffuso nell'ambito del pensiero europeo, che trovava la propria esplicazione anche in politica e in filosofia.
I promotori dell'incredulità sono i filosofi dell'Illuminismo. Groen pensa in modo particolare a Jean-Jacques Rousseau e agli autori dell'Encyclopédie, come Voltaire, Diderot e d'Alembert.
Rousseau risulta essere il vero profeta della Rivoluzione francese.
Nel roussouiano, Discorso sull'ineguaglianza degli uomini (1755), è
evocato l'uomo come è e come dovrebbe essere. Il primo uomo ha vissuto
come un primitivo, secondo natura, conformemente ai propri desideri, ciò
lo rendeva innocente e felice. Non vi era allora legge alcuna, nè obbligazione.
Nessun legame permanente tra uomo e donna, essi erano totalmente liberi anche
a livello sessuale.
Nella misura in cui le facoltà dell'uomo si accrescevano nacque il bisogno
di una certa socializzazione: la caduta dallo stato di innocenza, avrebbe luogo
nel momento in cui qualcuno nello "stato naturale" reclama per sè il
possesso di qualcosa, ciò determina l'apparizione del peccato e della
miseria dell'umanità; tale peccato non è però rivolto contro
Dio ma contro la felicità dell'uomo.
Il male si determina nel momento in cui l'uomo abbandona il proprio stato primitivo, l'ineguaglianza fa la propria apparizione e la civiltà ha inizio. La civilizzazione impone un freno al benessere dell'uomo.
Tuttavia gli abusi determinati dalla civiltà, possono essere parzialmente contenuti, riguadagnando in primitività e libertinaggio, rifiutando le obbligazioni e i paternalismi. La soluzione di Rousseau all'infelicità sociale dell'uomo è l'anarchismo.
Questa immagine ottimistica dell'uomo, buono per natura, è fondata sul fatto che le leggi, la cultura, gli obblighi, il legislatore, l'ineguaglianza, la differenza tra uomini, sono causa di male.
Nell' Emilio o l'educazione (1762), Rousseau si preoccupa anche di trovare un rimedio per l'uomo già corrotto dalla società. Il giovane Emilio, è abbandonato a se stesso sotto la guida di un precettore che deve solo vegliare al che il giovinetto non deroghi dalla propria primitività. Emilio cresce in una grande foresta lontano dalla civiltà che potrebbe solo corromperlo.
La filosofia di Rousseau mina la nozione di Stato di Diritto. Nel Contratto Sociale (1762), è descritto lo Stato ideale atto a garantire la libertà dell'individuo. A tal fine è scartata la monarchia. Il popolo deve governare in modo diretto, senza rappresentanti. La volontà generale risulterà allora buona per tutti. E tutti vi si uniformeranno.
Tale volontà senza più legami con il Dio sovrano
e senza legge divina, in realtà non può che condurre all'anarchia.
Secondo Groen l'uomo senza leggi, come definito dal Contratto Sociale di Rousseau
è "l'uomo naturale", che la Bibbia qualifica più propriamente:
"carnale".
Durante la Rivoluzione francese l'ingiustizia di tale filosofia
si manifestò pienamente. Nulla fu considerato sacro, nè lo Stato,
nè la vita, nè la proprietà privata. Comincia in tal modo
la storia della secolarizzazione dell'occidente.
Groen e il pensiero della Riforma
Edmund Burke (1729-1797) ha mostrato come la Rivoluzione francese abbia avuto in Europa un significato pari a quello della Riforma, però di segno inverso. Anche Burke per contestare il pensiero di Rousseau al pari di Groen evoca la Riforma. L'ideologia della Riforma presenta infatti un forte contrasto con il concetto di uomo roussouiano.
Secondo Calvino l'uomo è fallibile, la propria gloria consiste nell'obbedire a Dio e il suo destino è quello di dipendere da Lui. Vivere ha il senso di obbedire alle Leggi divine, specie dopo la Caduta determinata dalla trasgressione del primo uomo nei confronti del comandamento di Dio.
I riformatori ritenevano che una nazione non potesse sussistere senza leggi, e che il suo governo, istituito da Dio per il benessere del popolo, dovesse essere sottomesso a Dio. Ogni autorità procede da Dio (Romani 13:1). Lo Stato ha l'incarico da parte di Dio di vegliare affinchè siano messi in pratica i 10 comandamenti, come Calvino affermava nelle Istituzioni della Religione Cristiana (libro IV).
Un sovrano governa perchè Dio lo desidera. Il rispetto dei comandamenti di Dio assicurano salute al popolo. Dimenticare i comandi di Dio significa dare il benvenuto alle idee di Rousseau.
Se un popolo non riconosce Dio e la Sua Parola, la superstizione e l'incredulità crescono.
La politica prussiana di Bismarck
Nel 1870, Groen segue con interesse le vicende della guerra tra la Prussia e la Francia.
L'uomo del momento è Bismarck, che ritiene l'interesse
del popolo prussiano sia superiore a quello di qualsiasi altro popolo. A suo
parere la ragion di stato non è sottomessa ad alcuna legge e il fine
giustifica il mezzo.
Groen comprende che Bismarck è capace di alimentare i sentimenti anticattolici
dei protestanti tedeschi, indirizzandoli contro la cattolica Austria e la Francia
rivoluzionaria.
Groen stima che la politica di Bismarck contravviene al diritto, alla giustizia e alla Legge di Dio.
Nell'opera: L'Impero Prussiano e l'Apocalisse, ai miei amici di Berlino (1867), Groen rimprovera al Bismarck di dissociare la politica prussiana dalla sottomissione alla Legge di Dio. E' eratto ritenere che la Legge di Dio non abbia nulla a che fare con la politica. La legge rivelata da Dio, costituisce un'obbligazione per la sfera politica e deve avere la meglio sull'egoismo individuale e nazionale. Con ciò lo Stato non deve essere fatto carico di doveri che presuppongono la rigenerazione spirituale del singolo credente.
La morale teologica si è trasformata in morale nazionale,
ragion di Stato. Groen ritiene che la Germania possa costituire un pericolo
per la stabilità di tutta l'Europa, anche se si mostra sensibile al desiderio
di quanti desiderano giungere all'unità nazionale prussiana.
Groen ritiene che Bismarck, si proponga di combattere la rivoluzione usando
contro la Francia metodi rivoluzionari, amorali e irrispetosi di qualsiasi forma
di diritto
Groen rimprovera alla Prussia di ritenere di aver ricevuto una missione "provvidenziale".
In virtù di tale atteggiamento finirà con il contare solo la ragione
del più forte.
Per chi comprende gli avvenimenti della storia alla luce della Parola di Dio, è evidente che la confusione delle ideologie è il segno della rivolta universale contro l'Eterno.
Lo spirito della rivoluzione e il ribollire delle ideologie sono figlie della stessa madre: l'incredulità. Impossibile non pensare al nazionalsocialismo del 1930 e al comunismo. Per queste ideologie totalitarie, il futuro è il terreno sul quale l'uomo realizzerà una società ideale nel quale il male sarà bandito. Il risultato invece a cui tali progetti metteranno capo sarà l'oppressione, la violenza e la barbarie.
Per Groen, se si abbandona la fede, non si può ipotizzare che una qualsiasi religiosità possa assicurare una certa forma di morale, in una società pagana, ciò è ancora possibile, in una società già cristianizzata, ciò non risulterebbe possibile. La morale europea tanto quella individuale quanto quella nazionale, staccata dal vangelo risulta inesorabilmente dominata dall'incredulità e dall'anarchismo.
(autore: Domenico Iannone)