L’Apologetica e il concetto di autorità

di D. Iannone

 

Per il non credente, accanto ad una conoscenza raggiungibile facendo uso della ragione autonoma, c’è una sfera di conoscenza “sovrannaturale” raggiungibile soltanto affidandosi a qualche “autorità”.

Conosciamo bene la posizione dell’uomo della strada che sovente e purtroppo stoltamente si dichiara ateo o agnostico (vedi Salmo 14:1), e ciò allo scopo di dichiararsi libero da qualsiasi forma di autorità; in realtà ogni serio pensatore ha preso posizione per l’autorità, costoro sanno che con la propria conoscenza non possono coprire l’area dell’intera realtà, sono pertanto pronti ad ammettere che vi sono altre persone che con le proprie conoscenze possono colmare quanto loro manca. Ad esempio, quando si studia un testo di storia non vi è bisogno di verificare tutte le informazioni che si trovano in esso, ci si fida del fatto che l’autore del libro sia un “esperto” di storia. L’esperto è pertanto chiamato a colmare le lacune della conoscenza; ciò è fondato sul presupposto che nessun essere umano possa conoscere tutto, essendo l’indagine sull’universo e su Dio, per propria natura circondata da mistero.

Possiamo affermare che per il non credente, la sola autorità accettabile sia quella dell’esperto nel momento in cui questo fa uso della ragione. Tale “autorità nei limiti della sola ragione” è l’unico che sembra risultare accettabile all’uomo naturale.

Tale discorso sembra apparentemente in contrasto con alcuni principi che il non credente sembra porre al di sopra della ragione, in realtà ciò che appare “al di sopra della ragione” non viola il principio di autonomia dell’uomo naturale:

1) l’uomo naturale crede nell’esistenza di una infinità di cose ancora sconosciute e alla possibilità che nel tempo il caso possa portare all’esistenza molte altre.

2) l’uomo naturale crede nell’esistenza di una sfera di esperienza penetrabile tramite il sentimento e la volontà. Tale  forma di irrazionalismo è diretta discendente del razionalismo. Infatti l’idea di “caso” o di “alterità” appare in tutte le filosofie compresa quella di Platone e Aristotele. Nei sistemi filosofici dei non credenti, fondati tutti sull’autonomia dell’uomo, la logica e il caso, l’irrazionalità e la razionalità, hanno contradditoriamente uguali diritti.

L’irrazionalismo ha un accordo segreto con la ragione, in quanto quest’ultima cede a quello tutto ciò che non può controllare, per converso l’irrazionalismo promette di tenere fuori dal proprio territorio che potrebbe risultare non conforme all’autonomia dell’uomo.

3) l’uomo naturale crede che la realtà stessa sia contraddittoria e che pertanto qualsiasi interpretazione sul suo conto deve essere assunta “prospetticamente”. Infatti se la realtà è solo caso e mutamento, è la ragione che impone ad essa uno schema logico e per così dire la blocca; se le cose stanno così la realtà non è in se logica, e la sua razionalità è solo una “prospettiva”.

L’articolo 1 della nostra “Confessione di fede” dal titolo “La Parola di Dio come unica fonte di salvezza e verità”, afferma: “Consideriamo la Sacra Scrittura (la Bibbia), regola unica e sufficiente, certa ed infallibile di ogni conoscenza della volontà di Dio, essendo atta a stimolare e produrre fede e obbedienza salvifiche. La Sacra Scrittura, trasmessaci dallo Spirito Santo, costituisce l’unico e supremo arbitro per la soluzione di tutte le controversie in campo religioso, per l’esame delle dottrine umane e delle opinioni personali; la chiesa, i ministri di culto, le parole profetiche, ogni cosa, deve in essa trovare fondamento e ragione. La direzione della Sacra Scrittura deve essere considerata sufficiente per l’orientamento della vita del credente, essendo la fede basata sulla Scrittura stessa. Giudichiamo non bibliche le dottrine che pongono in opposizione Grazia e Legge, Antico e Nuovo Testamento, essendo convinti che pur essendo salvati "per grazia" (Ef. 2:8), la "Santificazione" non può prescindere dai principi perfetti del Decalogo (Mt. 5:17; Rm. 3:31; 1Tm. 1:8-10) Is. 8:20; Gv. 17:17; 1Tess. 2:13; 2Tm. 3:16-17; 2Pt. 1:21”.

Le Sacre Scritture non sono solo un testo di morale-religiosa, ma la norma fondamentale rispetto alla quale ogni altra norma deve coordinarsi.